Gli agenti immobiliari lavorano in piena e spietata concorrenza.
Il mercato immobiliare è diventata una landa desolata dove vige la legge della provvigione decrescente. Vince l’agente immobiliare che si contenta di un tozzo di pane. Trionfa il mediatore che si abitua ad una dieta ferrea.
Ma i Notai no.
I Notai continuano a magiare a quattro palmenti: antipasto, primo, secondo, contorno, dolce, frutta caffè e amaro, tutti santi giorni.
Ma…
Percepiamo l'utilità del lavoro del Notaio (fare pubblica fede) in rapporto alle sue salatissime parcelle? Io non la percepisco, sinceramente. E' un lavoro che lo Stato potrebbe tranquillamente affidare ad un qualsiasi legale laureato e inscritto ad un albo.
Faccio notare, en passant, che in Italia c’è un esercito sterminato di 250.000 avvocati, spesso con pochi clienti, che sarebbero capacissimi (in maggioranza) di stilare un rogito. Tantissimi di loro hanno fame di lavoro e di guadagno.E farebbero un sol boccone degli scarsi 5000 notai sparsi nella Penisola.
Ma i Farmacisti no.
Me li immagino, quest'ultimi, mentre dicono :"Pancia mia, fatti capanna"!
I Farmacisti, la mattina, fanno colazione con caffellatte, pane, burro e marmellata e poi vanno ad aprire la loro farmacia in regime di monopolio, certissimi del lauto ed immancabile incasso.
Il Farmacista, nel 99% dei casi, è un semplice venditore di medicine. Percepiamo la sua utilità in rapporto al monopolio familiare, a volte secolare, delle licenze? Io no, non la percepisco.(Perché chi ha una laurea in farmacia non può tranquillamente aprire, la sua, di farmacia. Cosa gli manca?).Ma, stranamente, queste due categorie professionali sono superprotette.
Sono intoccabili.
Chissà perché...
Eppure, per dirla terra terra, toccare i loro anacronistici privilegi sposterebbero pochissimi voti (4700 notai e 16.000 titolari di farmacia, anche considerando le rispettive famiglie, sono numeri trascurabili, elettoralmente parlando).Ritengo, queste, delle sperequazioni che sono assolutamente da eliminare, in Italia. Però nessuno fa niente per sopprimerle.
Passano le legislature, si succedono il governi ma i notai e i farmacisti, con le loro guarentigie di natura aristocratica, sono ancora lì.
Con il loro assurdo numero chiuso.
Con le loro malleverie di stampo medievale.
Ma, per queste categorie professionali, non sono validi i principi tanto sbandierati della liberalizzazione? I Notai e i Farmacisti non sono entrati ancora in Europa?
Ma dove abitano, di grazia? Nel Paese di Cornucopia?
Invece un mediatore per maturare la sua meritatissima provvigione deve sudare sette camicie.
E poi, addirittura, convincere quasi con la forza i propri clienti, ai quali ha fatto concludere un affare immobiliare di reciproca convenienza, a farsela riconoscere e a farsela pagare.
A questo siamo arrivati. Alla provvigione come mero optional, al compenso come accessorio di scarsa importanza. Come se l'agente immobiliare avesse l'obbligo morale di lavorare gratis.
Da un lato, quindi, c'è chi ha la pappa facile (e tanta!) garantita per legge, dall'altro lato chi fa fatica a vedersi riconosciuto il frutto del proprio lavoro con uno Stato che si distrae e guarda altrove.
Perché il lavoro assiduo di un agente immobiliare che segue il cliente fino al compromesso non è percepito come professionale mentre chi ti vende medicinali da banco è considerato un patrimonio che lo Stato tutela più e meglio di quello che potrebbe fare l'UNESCO con un sito archeologico?
Trovo queste clamorose disparità, che poi vanno ad incidere nella carne viva della dignità umana, una cosa vergognosa.
Archeologia, appunto.
Il mercato immobiliare è diventata una landa desolata dove vige la legge della provvigione decrescente. Vince l’agente immobiliare che si contenta di un tozzo di pane. Trionfa il mediatore che si abitua ad una dieta ferrea.
Ma i Notai no.
I Notai continuano a magiare a quattro palmenti: antipasto, primo, secondo, contorno, dolce, frutta caffè e amaro, tutti santi giorni.
Ma…
Percepiamo l'utilità del lavoro del Notaio (fare pubblica fede) in rapporto alle sue salatissime parcelle? Io non la percepisco, sinceramente. E' un lavoro che lo Stato potrebbe tranquillamente affidare ad un qualsiasi legale laureato e inscritto ad un albo.
Faccio notare, en passant, che in Italia c’è un esercito sterminato di 250.000 avvocati, spesso con pochi clienti, che sarebbero capacissimi (in maggioranza) di stilare un rogito. Tantissimi di loro hanno fame di lavoro e di guadagno.E farebbero un sol boccone degli scarsi 5000 notai sparsi nella Penisola.
Ma i Farmacisti no.
Me li immagino, quest'ultimi, mentre dicono :"Pancia mia, fatti capanna"!
I Farmacisti, la mattina, fanno colazione con caffellatte, pane, burro e marmellata e poi vanno ad aprire la loro farmacia in regime di monopolio, certissimi del lauto ed immancabile incasso.
Il Farmacista, nel 99% dei casi, è un semplice venditore di medicine. Percepiamo la sua utilità in rapporto al monopolio familiare, a volte secolare, delle licenze? Io no, non la percepisco.(Perché chi ha una laurea in farmacia non può tranquillamente aprire, la sua, di farmacia. Cosa gli manca?).Ma, stranamente, queste due categorie professionali sono superprotette.
Sono intoccabili.
Chissà perché...
Eppure, per dirla terra terra, toccare i loro anacronistici privilegi sposterebbero pochissimi voti (4700 notai e 16.000 titolari di farmacia, anche considerando le rispettive famiglie, sono numeri trascurabili, elettoralmente parlando).Ritengo, queste, delle sperequazioni che sono assolutamente da eliminare, in Italia. Però nessuno fa niente per sopprimerle.
Passano le legislature, si succedono il governi ma i notai e i farmacisti, con le loro guarentigie di natura aristocratica, sono ancora lì.
Con il loro assurdo numero chiuso.
Con le loro malleverie di stampo medievale.
Ma, per queste categorie professionali, non sono validi i principi tanto sbandierati della liberalizzazione? I Notai e i Farmacisti non sono entrati ancora in Europa?
Ma dove abitano, di grazia? Nel Paese di Cornucopia?
Invece un mediatore per maturare la sua meritatissima provvigione deve sudare sette camicie.
E poi, addirittura, convincere quasi con la forza i propri clienti, ai quali ha fatto concludere un affare immobiliare di reciproca convenienza, a farsela riconoscere e a farsela pagare.
A questo siamo arrivati. Alla provvigione come mero optional, al compenso come accessorio di scarsa importanza. Come se l'agente immobiliare avesse l'obbligo morale di lavorare gratis.
Da un lato, quindi, c'è chi ha la pappa facile (e tanta!) garantita per legge, dall'altro lato chi fa fatica a vedersi riconosciuto il frutto del proprio lavoro con uno Stato che si distrae e guarda altrove.
Perché il lavoro assiduo di un agente immobiliare che segue il cliente fino al compromesso non è percepito come professionale mentre chi ti vende medicinali da banco è considerato un patrimonio che lo Stato tutela più e meglio di quello che potrebbe fare l'UNESCO con un sito archeologico?
Trovo queste clamorose disparità, che poi vanno ad incidere nella carne viva della dignità umana, una cosa vergognosa.
Archeologia, appunto.