giorgino

Membro Assiduo
Agente Immobiliare
elisabetta ha scritto:
Risposta a Giorgino:
alla Camera di Commercio di Roma quando sono andata a depositare i moduli mi hanno apertamente detto che loro guardano solo la "forma" cioè se ci sono idicate la p.IVA il numero di iscrizione ecc... ma non entrano nel merito dei contenuti, non guardano se ci sono clausole vessatorie o cose del genere, non hanno mica tempo....
:?
:shock: Davvero?!

A Genova ce le respingono per delle virgole... :occhi_al_cielo:

g
 

paolo ferraris

Membro Ordinario
Agente Immobiliare
...infatti...sennò a cosa serve "depositare" la modulistica...e a questo punto magari basta andare a vedere se l'hanno depositata e se sopratutto è la stessa utilizzata....se così non fosse...io per 6000 euro porto tutto dall'avv.to e gli dico...sono Tuoi!...ma "cavagli gli occhi!".....ehehehe
p.s. - certo che a me clienti così non ne capitano mai!....anzi!
 

Valex

Membro Ordinario
Agente Immobiliare
Faccio parte di un franchising noto solo nella mia città e che si sta appena sviluppando in sicilia ...
quando aprii, priva di esperienza, feci quello che mi dissero di fare e andai a depositare i moduli alla camera di commercio. Ne ho chiaramente fatti stampare una quantità industriale e mi adeguai col tempo. Nei miei moduli c'è scritto effettivamente che la caparra verrà destinata in conto spettanze all'agenzia senza dire però che l'assegno debba essere intestato alla medesima ... cmq io non ho MAI intestato un assegno ad altri fuorchè il proprietario e non ho mai fatto pedere soldi a nessuno per il principio che la sera devo andare a dormire tranquilla!
mi è sembrata una cosa davvero disonesta quello che questo tizio ha fatto a marco ... e mi spiace ancor di più che la gente ingenua come Marco incappi sempre in questi disonesti che se li spolpano!!
Agire legalmente è l'unica soluzione ma non sarà nè indolore nè poco esosa ... .... insomma ... che tristezza!!
 

Manlio

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
Leggete attentamente questa storiella :)
http://privato.lex.uniba.it/Master_ADR/ ... busive.pdf

GESTRACO: Gestione Stragiudiziale delle Controversie del Consumatore
Tesina Ge.Stra.Co.

Le clausole vessatorie nel Conferimento d’Incarico all’agenzia immobiliare
Dott. Antonio Spagnolo
GESTRACO: Gestione Stragiudiziale delle Controversie del Consumatore

1. Brevi cenni sulle clausole vessatorie

Il Codice del Consumo ha adottato l’opzione dello scorporo delle disposizioni in materia di clausole vessatorie, originariamente contenute negli articoli dal 1469 bis al 1469 sexies del Codice Civile e che, oggi, trovano collocazione nella Parte III, Titolo I del suddetto Codice, agli artt. 33 - 38.
Si tratta di regole volte a limitare l’autonomia privata del professionista impedendo a questi di abusare della propria forza contrattuale a svantaggio del consumatore.
L’introduzione nel Codice Civile dell’articolo 1469 bis e successivi, grazie alla legge 52/96, comportò modifiche sostanziali nei principali modelli contrattuali tra soggetti su due piani diversi e diseguali: consumatore da una parte e operatore/professionista dall’altra.
Per la definizione di «Professionista» e di «Consumatore», l’art.1469 bis, comma 2, prevedeva che: in relazione al contratto, il «consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta», mentre il «professionista è la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto di cui al primo comma»
Alla luce dell’art 3 del Codice del Consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), per “Consumatore o Utente”, si intende, negli stessi termini anzidetti, la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (comma 1, lett. a), per “Professionista”, oggi, si intende la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario.
Il professionista, quindi, a differenza del consumatore, agisce nell’ambito della propria attività professionale o imprenditoriale, e, di conseguenza, la conoscenza della materia oggetto del contratto sarà superiore a quella del cliente.
La ratio di questa disciplina risiede infatti nella convinzione che il consumatore sia un contraente debole, meritevole di tutela, tanto di fronte alle condizioni generali di contratto in moduli e formulari standard quanto di fronte a contratti individuali predisposti unilateralmente dall’imprenditore.
Il dato che emerge è quindi il rilievo e l’importanza che assume il profilo soggettivo: tale disciplina troverà applicazione in tutti i contratti purché siano stipulati da un consumatore.

È significativa, peraltro, la scelta del legislatore che non ha inserito le nuove disposizioni nell’ambito della disciplina prevista dagli artt. 1341 e 1342 c.c., che continua ad applicarsi, da una parte, a tutti i contratti di massa in cui le parti siano due professionisti, e, dall’altra, a tutti i contratti standard dove nessuna delle parti sia tale.
Il consumatore che si trova a dover accettare un contratto, non può essere obbligato a sopportare conseguenze eccessive a seguito di questa sua accettazione. Ciò neppure nel caso in cui le stesse clausole vessatorie vengano richiamate da una seconda firma. Difatti, la disposizione regolata dal codice relativamente alla conferma di clausole di rilevante importanza tramite seconda firma - pena la nullità delle stesse - rimane di per sé’ in vigore, ma non ha alcun effetto se applicata nei confronti di clausole vessatorie. La doppia firma infatti, non può sancire la legittimità di ciò che e’ giuridicamente illegittimo.
L’elenco all’articolo 33, Codice del Consumo, non è comunque tassativo: ugualmente vessatorie sono le altre clausole, non richiamate, che contengano il medesimo “spirito” vessatorio.
L’art. 33, del Codice del Consumo, definisce “vessatorie”, fino a prova contraria, le clausole che, “malgrado la buona fede” del professionista, determinano a carico del consumatore uno squilibrio significativo dei diritti ed obblighi, derivanti dal contratto.
È da precisare che il Codice fa riferimento alle clausole definite “vessatorie” sebbene la direttiva si riferisse a clausole “abusive”, ma la scelta è stata dettata, in Italia, dalla volontà di non generare confusione con l’istituto dell’abuso di diritto che, nel nostro ordinamento, non ha lineamenti precisi.
Riguardo l’espressione “malgrado la buona fede” è pacifico che trattasi di un errore già presente nella traduzione italiana della direttiva, poiché il senso dell’espressione, nelle altre lingue e nel testo originale è “a dispetto della buona fede”.
Il comma 2 del medesimo articolo, contiene un elenco di clausole che, fino a prova contraria, il Legislatore presume che siano vessatorie.
La presunzione di vessatorietà derivante dall’inclusione di una clausola nell’elenco non è assoluta e può essere superata nel caso in cui vi sia trattativa individuale e comunque un sostanziale equilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto per le parti.

Essa infatti non riguarda l’eventuale sproporzione economica delle prestazioni, ma lo squilibrio giuridico, i.e. lo squilibrio normativo, delle posizioni contrattuali delle parti contrapposte.
Al fine di evitare la vessatorietà, e quindi la nullità, è opportuno redigere moduli che prevedano diritti reciproci per entrambe le parti. Spetta, poi, al professionista provare che l’assetto contrattuale complessivo è tale da annullare ogni squilibrio a scapito del consumatore.
L’art. 34 indica gli elementi alla luce dei quali l’interprete deve accertare lo squilibrio. Essi sono la natura del bene o del servizio dedotti in contratto come oggetto, facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della conclusione.
Ciò che, nella pratica, si chiede al giudice nel momento in cui dovrà accertare e dichiarare la vessatorietà di una clausola è di riportarsi ex post alle circostanze esistenti al momento della conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di altro collegato o da cui dipende.
In altre parole, il giudice deve contestualizzare l’accertamento, al fine di avere una visione globale della vicenda contrattuale alla luce della quale valutare lo squilibrio.
Si evidenzia che, l’art 34 comma 2, nel disporre che la valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, precisa che se tali elementi non sono individuati in modo chiaro e comprensibile, il giudizio circa la vessatorietà coinvolgerà anche essi.
Riguardo la forma e l’interpretazione del contratto concluso, l’art. 35 dispone che le clausole che siano proposte per iscritto, devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile e in caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore.
Sono in ogni caso nulle, invece, le clausole che, quand’anche oggetto di trattativa, abbiano per effetto o per oggetto quanto previsto dall’art. 36, comma 2 del Codice del Consumo.
Il Codice ha introdotto l’esplicita menzione della sanzione della “nullità” per queste clausole abusive. Si tratta, nello specifico, di una figura di nullità peculiare, c.d. di protezione: essa si contraddistingue per essere relativa, in quanto opera solo a vantaggio del consumatore, e parziale, in quanto il contratto rimane efficace per il resto.

È inoltre espressamente stabilita la rilevabilità d’ufficio, sicché la presenza di una clausola abusiva potrà essere comunque sanzionata per intervento del giudice anche qualora non sia stata espressamente impugnata dal consumatore.
La competenza in materia di azioni inibitorie e di azioni dirette a far dichiarare la nullità delle clausole, infatti, è del giudice ordinario e tale controllo giudiziale interessa unicamente il singolo contratto.
Al fine di assicurare una tutela ultraindividuale, e quindi collettiva, il Legislatore ha riconosciuto alle Associazioni dei Consumatori e alle Camere di Commercio la legittimazione a proporre l’azione inibitoria (artt. 37 e 140): ciò ha aperto un fronte di attività camerale e delle Associazioni di Consumatori, di controllo anche preventivo sulle condizioni generali di contratto e sui contratti standard, finalizzata all’esperimento dell’azione prima che la clausola
vessatoria stessa sia usata, e cioè inserita nei contratti conclusi.

[...]

Per esigenze di completezza, si analizzano brevemente, di seguito, le clausole che, si ritiene, possono presumersi vessatorie, fino a prova contraria.

a) L’irrevocabilità dell’incarico.
È il primo atto da analizzare nel conferimento di un incarico all’agente immobiliare. Tale clausola può essere inserita esclusivamente se valida per entrambi i contraenti, cioè il consumatore ed il mediatore. L’irrevocabilità a carico del solo consumatore, potrebbe essere contestata ed annullata in giudizio, perché potrebbe rientrare tra le clausole vessatorie. Di conseguenza si dovrebbe pagare una penale, che, per il cliente, non dovrebbe essere eccessiva. Per il mediatore vi e’ il concreto rischio che -agendo il giudice per annullare e cancellare dal contratto la clausola vessatoria - il contratto stesso rimanga privo di previsione di penale, rendendo alquanto ostico ottenere un risarcimento per violazione dell’irrevocabilità.

b) Penale in caso di recesso
E’ manifestamente eccessiva quella clausola penale che prevede il pagamento di un importo sproporzionato rispetto all’attività conclusa dall’agente al momento dell’indebita revoca (questo nel caso in cui il cliente non può dimostrare l’inadempienza quale causa della revoca al mandato, poiché non ci sarebbe violazione contrattuale).
Indicativamente, la penale prevede due distinte formulazioni:
- quella che precedentemente era l’unica: il pagamento di una cifra pari alla mancata provvigione, che potrebbe ancora essere ritenuta valida quando il mediatore ha ben lavorato e non c’e’ stata conclusione dell’affare solo per ingiustificata motivazione del cliente;
- e una nuova, decisamente ridotta, applicabile nei casi in cui il mediatore non può dimostrare l’esito favorevole e conclusivo della sua attività.

L’ordinamento stabilisce che la penale e’ esigibile solo se e’ previsto che il professionista - nel caso di sua inadempienza - debba versare al cliente il doppio della cifra richiesta per lo stesso scopo.

c) L’esclusiva
Secondo quanto consigliato dalle Camere di Commercio, questa clausola deve essere sottoposta a trattativa delle parti; e consiglia di lasciare in bianco lo spazio del modulo pre-stampato dove si prevede la sua accettazione. Così si evitano contestazioni che, invece, sarebbero legittime se la clausola fosse sottoscritta contestualmente alla firma dell’atto. La valutazione resta comunque indicativa, e la giurisprudenza può eventualmente modificare
quanto presupposto a livello di dottrina.

d) Il foro competente
Secondo la legge è quello del luogo dove il cliente ha la residenza o il domicilio.
 

Diego Zucchini

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
Su come si possa rimediare a questo scenario, onestamente non saprei.
L'unica è proprio vedere se, come ha già detto qualche collega, quella dicitura inserita nella modulistica valga come clausola vessatoria, ma non ne sarei così sicuro...

Adesso, magari, mi attirerò qualche critica... Cerchiamo di lasciare da parte il "discorso modulistica".

Bisognerebbe analizzare anche i motivi per cui il proponente ha deciso di ritirarsi. Un conto è se lo fa perchè, come abbiamo letto in tanti post, l'agenzia ha omesso di comunicare dettagli importanti sull'immobile, come ad esempio irregolarità urbanistiche; un conto è se lo fa perchè semplicemente ci ha ripensato...
C'è da dire che, se anche Marco avesse intestato l'assegno al venditore a titolo di caparra, revocando la proposta nel periodo di validità della stessa, avrebbe comunque perso quell'importo.

Capisco, Maurizio, che si stia parlando di un amico e che magari per questo sei, emotivamente, portato a prendere le sue parti, ma forse Marco ha agito un po' frettolosamente.

Resta inteso che sono d'accordo con voi nel sostenere che l'assegno di caparra debba sempre essere intestato al venditore.
 

Alessandro Frisoli

Fondatore
Agente Immobiliare
E' chiaro che il proponente non si ritira perchè ha voglia di ritirarsi.

Nel caso in cui si ritira senza motivo, ovvero la sua proposta è stata accetata nei termini e nelle condizioni d LUI proposte, e convocato al preliminare non si presenta l'assegno versato al venditore viene da questi incassato.

A questo punto chiedo a voi colleghi. In questo caso come vi comportate col cliente che ha in mano un assegno, e invece noi non abbiamo in mano nulla?
 

Roby

Fondatore
Agente Immobiliare
Alessandro, se il cliente mi prova un giustificato e serio motivo per il quale intende revedere dal contratto sono capace di intervenire anche col venditore e fargli restituire le cifre, se mi prende in giro e se convocanto in ufficio non si presenta o fa lo gnorri, parte subito una personale raccomandata poi seguita del quella del legale.

Fortunatamente questi casi succedono molto raramente, e ripeto li valuto da persona a persona.
 

Maurizio Zucchetti

Fondatore
Membro dello Staff
Agente Immobiliare
@ Elisabetta
Anche a me in CCIAA hanno detto che loro non controllano nella sostanza i moduli, ma soltanto nella forma per quanto riguarda la P.IVA, in numero di iscrizione a Ruolo ecc. Però li conservano, pronti a tirarli fuori in caso di controversie fra l'Agente e le parti, e allora sì che li spulciano per benino! :fico:
Diciamo che fanno un controllo "a posteriori", e quindi vengono meno alla possibilità di "consigliare" l'Agente su come i moduli debbano essere fatti, ma sinceramente non credo che questo debba essere compito loro! :occhi_al_cielo:

@Manlio
Prodigo di informazioni e fonti come sempre! :ok:
Ho scaricato il documento e me lo analizzerò con calma. :stretta_di_mano:

@incort
In effetti credo che Marco volesse ritirarsi perchè ci aveva ripensato. Mi sono posto il problema di come mi sarei comportato io nei panni dell'Agente se ci avesse ripensato il mio cliente (ovviamente non considerando assolutamente il fatto che Marco sia un amico), e sinceramente sono arrivato alla conclusione che gli avrei comunque consigliato di aspettare la scadenza della proposta! :basito:
Il mio impegno nella questione, infatti, si sarebbe limitato ad accompagnarlo a vedere l'immobile e poi a scrivere la proposta d'acquisto, e quindi non mi sarei sentito troppo penalizzato (diverso sarebbe stato il caso di un venditore che ci avesse ripensato dopo che magari io avessi investito soldi in pubblicità e tempo in visite! :fico: ).
Sono assolutamente consapevole del fatto che dal punto di vista legale, ed anche etico, l'Agente ha diritto di vedere riconosciuto il proprio lavoro (che in questo caso si è concretizzato nella stesura della proposta), ma ritengo che il nostro compito sia quello di consigliare e di aiutare il cliente nelle ansie e nelle indecisioni che quasi sempre un'operazione di compravendita immobiliare comporta. E' precisamente questo lo spirito che spesso mi spinge a sconsigliare la vendita (o l'acquisto) perchè secondo me l'operazione è contraria agli interessi ed agli obiettivi del venditore (o dell'acquirente)! :occhi_al_cielo:
Va inoltre considerato che Marco aveva fatto la sua offerta liberamente, e che quindi la casa aveva il suo gradimento ... se anzichè essere preso per il collo fosse stato ascoltato, tranquillizzato e consigliato magari avrebbe potuto abbandonare il suo proposito di ritiro (e questo a me è capitato diverse volte!!) :D

;)
 

caviapp

Membro Attivo
Agente Immobiliare
L'irrevocabilità della proposta difficilmente può essere considerata una clausola vessatoria essendo tale possibilità espressamente prevista dal codice civile:

"art. 1329:
Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto.
Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell'affare o altre circostanze non escludano tale efficacia."

A questo punto chiedo a voi colleghi. In questo caso come vi comportate col cliente che ha in mano un assegno, e invece noi non abbiamo in mano nulla?

Purtroppo quello che ho citato sopra è solo un'art. di codice.
e ancora purtroppo è già capitato un paio di volte di rimanere con un pugno di mosche in mano. Perchè il venditore, oltre che l'assegno, ha in mano anche l'immobile, mentre il proponente spesso non ha nulla (salvo chiedergli il pignoramento del quinto dello stipendio dopo avergli fatto causa)
Quindi farsi lasciare insieme all'assegno intestato al venditore un'altro con almeno una parte del ns. compenso non sarà deontologicamente ed eticamente corretto ed ma eviterebbe di rimanere sulla porta dell'agenzia con il cliente che si allontana facedoti ...marameooo...... :rabbia:
 

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