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GESTRACO: Gestione Stragiudiziale delle Controversie del Consumatore
Tesina Ge.Stra.Co.
Le clausole vessatorie nel Conferimento d’Incarico all’agenzia immobiliare
Dott. Antonio Spagnolo
GESTRACO: Gestione Stragiudiziale delle Controversie del Consumatore
1. Brevi cenni sulle clausole vessatorie
Il Codice del Consumo ha adottato l’opzione dello scorporo delle disposizioni in materia di clausole vessatorie, originariamente contenute negli articoli dal 1469 bis al 1469 sexies del Codice Civile e che, oggi, trovano collocazione nella Parte III, Titolo I del suddetto Codice, agli artt. 33 - 38.
Si tratta di regole volte a limitare l’autonomia privata del professionista impedendo a questi di abusare della propria forza contrattuale a svantaggio del consumatore.
L’introduzione nel Codice Civile dell’articolo 1469 bis e successivi, grazie alla legge 52/96, comportò modifiche sostanziali nei principali modelli contrattuali tra soggetti su due piani diversi e diseguali: consumatore da una parte e operatore/professionista dall’altra.
Per la definizione di «Professionista» e di «Consumatore», l’art.1469 bis, comma 2, prevedeva che: in relazione al contratto, il «consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta», mentre il «professionista è la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto di cui al primo comma»
Alla luce dell’art 3 del Codice del Consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), per “Consumatore o Utente”, si intende, negli stessi termini anzidetti, la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (comma 1, lett. a), per “Professionista”, oggi, si intende la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario.
Il professionista, quindi, a differenza del consumatore, agisce nell’ambito della propria attività professionale o imprenditoriale, e, di conseguenza, la conoscenza della materia oggetto del contratto sarà superiore a quella del cliente.
La ratio di questa disciplina risiede infatti nella convinzione che il consumatore sia un contraente debole, meritevole di tutela, tanto di fronte alle condizioni generali di contratto in moduli e formulari standard quanto di fronte a contratti individuali predisposti unilateralmente dall’imprenditore.
Il dato che emerge è quindi il rilievo e l’importanza che assume il profilo soggettivo: tale disciplina troverà applicazione in tutti i contratti purché siano stipulati da un consumatore.
È significativa, peraltro, la scelta del legislatore che non ha inserito le nuove disposizioni nell’ambito della disciplina prevista dagli artt. 1341 e 1342 c.c., che continua ad applicarsi, da una parte, a tutti i contratti di massa in cui le parti siano due professionisti, e, dall’altra, a tutti i contratti standard dove nessuna delle parti sia tale.
Il consumatore che si trova a dover accettare un contratto, non può essere obbligato a sopportare conseguenze eccessive a seguito di questa sua accettazione. Ciò neppure nel caso in cui le stesse clausole vessatorie vengano richiamate da una seconda firma. Difatti, la disposizione regolata dal codice relativamente alla conferma di clausole di rilevante importanza tramite seconda firma - pena la nullità delle stesse - rimane di per sé’ in vigore, ma non ha alcun effetto se applicata nei confronti di clausole vessatorie. La doppia firma infatti, non può sancire la legittimità di ciò che e’ giuridicamente illegittimo.
L’elenco all’articolo 33, Codice del Consumo, non è comunque tassativo: ugualmente vessatorie sono le altre clausole, non richiamate, che contengano il medesimo “spirito” vessatorio.
L’art. 33, del Codice del Consumo, definisce “vessatorie”, fino a prova contraria, le clausole che, “malgrado la buona fede” del professionista, determinano a carico del consumatore uno squilibrio significativo dei diritti ed obblighi, derivanti dal contratto.
È da precisare che il Codice fa riferimento alle clausole definite “vessatorie” sebbene la direttiva si riferisse a clausole “abusive”, ma la scelta è stata dettata, in Italia, dalla volontà di non generare confusione con l’istituto dell’abuso di diritto che, nel nostro ordinamento, non ha lineamenti precisi.
Riguardo l’espressione “malgrado la buona fede” è pacifico che trattasi di un errore già presente nella traduzione italiana della direttiva, poiché il senso dell’espressione, nelle altre lingue e nel testo originale è “a dispetto della buona fede”.
Il comma 2 del medesimo articolo, contiene un elenco di clausole che, fino a prova contraria, il Legislatore presume che siano vessatorie.
La presunzione di vessatorietà derivante dall’inclusione di una clausola nell’elenco non è assoluta e può essere superata nel caso in cui vi sia trattativa individuale e comunque un sostanziale equilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto per le parti.
Essa infatti non riguarda l’eventuale sproporzione economica delle prestazioni, ma lo squilibrio giuridico, i.e. lo squilibrio normativo, delle posizioni contrattuali delle parti contrapposte.
Al fine di evitare la vessatorietà, e quindi la nullità, è opportuno redigere moduli che prevedano diritti reciproci per entrambe le parti. Spetta, poi, al professionista provare che l’assetto contrattuale complessivo è tale da annullare ogni squilibrio a scapito del consumatore.
L’art. 34 indica gli elementi alla luce dei quali l’interprete deve accertare lo squilibrio. Essi sono la natura del bene o del servizio dedotti in contratto come oggetto, facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della conclusione.
Ciò che, nella pratica, si chiede al giudice nel momento in cui dovrà accertare e dichiarare la vessatorietà di una clausola è di riportarsi ex post alle circostanze esistenti al momento della conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di altro collegato o da cui dipende.
In altre parole, il giudice deve contestualizzare l’accertamento, al fine di avere una visione globale della vicenda contrattuale alla luce della quale valutare lo squilibrio.
Si evidenzia che, l’art 34 comma 2, nel disporre che la valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, precisa che se tali elementi non sono individuati in modo chiaro e comprensibile, il giudizio circa la vessatorietà coinvolgerà anche essi.
Riguardo la forma e l’interpretazione del contratto concluso, l’art. 35 dispone che le clausole che siano proposte per iscritto, devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile e in caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore.
Sono in ogni caso nulle, invece, le clausole che, quand’anche oggetto di trattativa, abbiano per effetto o per oggetto quanto previsto dall’art. 36, comma 2 del Codice del Consumo.
Il Codice ha introdotto l’esplicita menzione della sanzione della “nullità” per queste clausole abusive. Si tratta, nello specifico, di una figura di nullità peculiare, c.d. di protezione: essa si contraddistingue per essere relativa, in quanto opera solo a vantaggio del consumatore, e parziale, in quanto il contratto rimane efficace per il resto.
È inoltre espressamente stabilita la rilevabilità d’ufficio, sicché la presenza di una clausola abusiva potrà essere comunque sanzionata per intervento del giudice anche qualora non sia stata espressamente impugnata dal consumatore.
La competenza in materia di azioni inibitorie e di azioni dirette a far dichiarare la nullità delle clausole, infatti, è del giudice ordinario e tale controllo giudiziale interessa unicamente il singolo contratto.
Al fine di assicurare una tutela ultraindividuale, e quindi collettiva, il Legislatore ha riconosciuto alle Associazioni dei Consumatori e alle Camere di Commercio la legittimazione a proporre l’azione inibitoria (artt. 37 e 140): ciò ha aperto un fronte di attività camerale e delle Associazioni di Consumatori, di controllo anche preventivo sulle condizioni generali di contratto e sui contratti standard, finalizzata all’esperimento dell’azione prima che la clausola
vessatoria stessa sia usata, e cioè inserita nei contratti conclusi.
[...]
Per esigenze di completezza, si analizzano brevemente, di seguito, le clausole che, si ritiene, possono presumersi vessatorie, fino a prova contraria.
a) L’irrevocabilità dell’incarico.
È il primo atto da analizzare nel conferimento di un incarico all’agente immobiliare. Tale clausola può essere inserita esclusivamente se valida per entrambi i contraenti, cioè il consumatore ed il mediatore. L’irrevocabilità a carico del solo consumatore, potrebbe essere contestata ed annullata in giudizio, perché potrebbe rientrare tra le clausole vessatorie. Di conseguenza si dovrebbe pagare una penale, che, per il cliente, non dovrebbe essere eccessiva. Per il mediatore vi e’ il concreto rischio che -agendo il giudice per annullare e cancellare dal contratto la clausola vessatoria - il contratto stesso rimanga privo di previsione di penale, rendendo alquanto ostico ottenere un risarcimento per violazione dell’irrevocabilità.
b) Penale in caso di recesso
E’ manifestamente eccessiva quella clausola penale che prevede il pagamento di un importo sproporzionato rispetto all’attività conclusa dall’agente al momento dell’indebita revoca (questo nel caso in cui il cliente non può dimostrare l’inadempienza quale causa della revoca al mandato, poiché non ci sarebbe violazione contrattuale).
Indicativamente, la penale prevede due distinte formulazioni:
- quella che precedentemente era l’unica: il pagamento di una cifra pari alla mancata provvigione, che potrebbe ancora essere ritenuta valida quando il mediatore ha ben lavorato e non c’e’ stata conclusione dell’affare solo per ingiustificata motivazione del cliente;
- e una nuova, decisamente ridotta, applicabile nei casi in cui il mediatore non può dimostrare l’esito favorevole e conclusivo della sua attività.
L’ordinamento stabilisce che la penale e’ esigibile solo se e’ previsto che il professionista - nel caso di sua inadempienza - debba versare al cliente il doppio della cifra richiesta per lo stesso scopo.
c) L’esclusiva
Secondo quanto consigliato dalle Camere di Commercio, questa clausola deve essere sottoposta a trattativa delle parti; e consiglia di lasciare in bianco lo spazio del modulo pre-stampato dove si prevede la sua accettazione. Così si evitano contestazioni che, invece, sarebbero legittime se la clausola fosse sottoscritta contestualmente alla firma dell’atto. La valutazione resta comunque indicativa, e la giurisprudenza può eventualmente modificare
quanto presupposto a livello di dottrina.
d) Il foro competente
Secondo la legge è quello del luogo dove il cliente ha la residenza o il domicilio.