Le risposte fornite dal call-center dell’Agenzia o via e-mail o dall’ufficio locale delle Entrate non impegnano in alcun modo l’amministrazione finanziaria, salvo che il singolo ufficio motu proprio o su richiesta, le metta per iscritto (anche in questo caso, comunque, si tratta di un conforto interpretativo informale, non certo millimetrico e certosino, basato più che altro sulla sensibilità degli interlocutori che il destino ti ha riservato e il valore giuridico della risposta dipende in sostanza dai principi di buona fede).
Al riguardo, una panoramica dell’attività di consulenza giuridica da parte degli uffici finanziari è contenuta in una circolare ministeriale un po’ datata, la n°99/E del 18 maggio 2000: tale circolare afferma che gli uffici delle Entrate debbono effettuare un riscontro diretto, cioè una risposta formale ai contribuenti solo quando il quesito sia di agevole soluzione, in quanto la risposta discende direttamente dal dettato normativo o da una precedente presa di posizione ufficiale dell’amministrazione, anche a livello regionale. Eventuali quesiti più difficoltosi devono essere trasmessi, sempre secondo tale circolare, alla Direzione regionale, informandone il contribuente (si deve desumere che, dopo l’entrata in vigore dell’interpello, di cui alla legge n°212 del 2000, tale quesito dovrà essere evaso a cura della direzione regionale).
Ora, con l’istituto dell’interpello (che per la prima volta ha soppresso un potere antico che da sempre è stato prerogativa degli uffici della pubblica amministrazione: il potere, cioè, che qualunque ufficio pubblico aveva di non rispondere all’istanza di un cittadino) le cose sono cambiate: l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere entro 120 giorni. Qualora la risposta non pervenga al contribuente entro detto termine, si intende che l’amministrazione concordi con l’interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente. “Il parere dell’Agenzia non vincola il contribuente (il quale può decidere di non uniformarsi al parere reso), ma gli uffici dell’Amministrazione finanziaria i quali, salva la possibilità di rettificare il parere, non possono emettere atti impositivi e/o sanzionatori difformi dal contenuto della risposta fornita in sede di interpello, limitatamente al quesito oggetto di interpello ed in ogni caso nel presupposto che i fatti accertati con quelli rappresentati nell’originaria istanza” cosi si legge a pag. 6 della circolare n°32/E del 14 giugno 2010, da cui scaturiscono alcuni importanti risvolti.
Il primo. Anzitutto, l’ufficio locale delle Entrate, in merito alle questioni interpretative su cui vi è stato un parere reso in sede di interpello dalla Direzione regionale, è vincolato giuridicamente ad ottemperare all’interpretazione resa con la risposta data: l’ufficio locale delle Entrate non potrà più discostarsi dal parere reso dalla competente Direzione in sede di interpello, neppure motivando il proprio dissenso rispetto all’interpretazione della Direzione regionale e neppure eccependo che il contrario orientamento venga imposto in via gerarchica con un ordine di servizio apposito.
Altro risvolto, il potere di rettifica e ripensamento. A questo riguardo, va precisato che tale mutamento di opinione parrebbe non potere che intervenire nel solco precedentemente tracciato dall’interpello. Poiché non rientra nelle attribuzioni dell’ufficio locale dare risposte in merito all’interpello, ciò vorrebbe dire che anche nel momento della rettifica, è solo la Direzione regionale dell’agenzia delle Entrate (e mai l’ufficio accertatore) che è abilitata ad esprimere un parere difforme dall’eventuale responso già formatosi.
Non è tutto. Nonostante il contrario avviso dell’amministrazione, il contribuente è libero di determinarsi in senso non conforme al responso negativo ricevuto: questa è la vera ratio dell’interpello, la cui procedura, in sostanza, è finalizzata a creare certezze solo all’interno del rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria, perché al di fuori di questo e, segnatamente, davanti ad un giudice tributario, nessuna rilevanza può avere il suo parere negativo.
Riguardo, infine, all’intervento interpretativo tradizionale a mezzo risoluzione, a seguito di interpello, in genere tali risoluzioni terminano con la frase di rito (o simili): “Le direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici”. Al riguardo la citata circolare n°32/E/2010, a pag. 33, va oltre: “Per quanto attiene, invece, alla pubblicazione delle risposte rese dalla Direzione Centrale Normativa in sede di interpello, si ricorda che l’art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente e l’articolo 4, comma 5 del DM 209 del 2001 di attuazione, prevedono la facoltà per l’amministrazione di procedere alla cd. “risposta collettiva” mediante la pubblicazione di una circolare o di una risoluzione quando la medesima questione ovvero analoghe questioni siano state prospettate da un numero elevato di contribuenti, tale da configurare l’interesse di una più ampia platea di soggetti a conoscere il parere dell’amministrazione in relazione ad una determinata fattispecie.
Tali previsioni, ancorché non contenute nei rispettivi decreti attuativi, devono considerasi valide anche per le risposte rese alle istanze di interpello diverse da quelle disciplinate dalla procedura prevista per l’interpello ordinario. […]
A tal riguardo si ribadisce che, in linea di principio, l’interpello attiene ad una fattispecie concreta riferibile al contribuente istante, minuziosamente e compiutamente descritta nelle sue peculiarità; queste caratteristiche fanno sì che normalmente non sussista un interesse di carattere generale alla conoscenza della risposta stessa.
Peraltro, si ritiene che la pubblicazione sistematica di tutte le risposte elaborate in sede di interpello, lungi dal soddisfare l’esigenza di informativa e di trasparenza sopra evidenziate, presenti significative controindicazioni, essendo idonea a determinare da un lato una eccessiva frammentazione delle linee interpretative dell’Amministrazione finanziaria e dall’altro l’erronea applicazione della normativa tributaria in considerazione della possibile impropria estensione dei principi enunciati in relazione ad una determinata fattispecie ad altre situazioni solo apparentemente analoghe”.
E conclude:
“Quanto sopra non esclude, anzi impone, che, qualora nell’ambito della trattazione delle singole istanze di interpello, vengano individuati più aspetti di una medesima fattispecie meritevoli di chiarimenti a beneficio della generalità degli interessati, l’amministrazione provveda a fornire apposite indicazioni mediante pubblicazione di circolari, che costituiscono l’ordinario strumento di orientamento dell’attività degli uffici.”.