Il certificato di Agibilità, per anni bistrattato da tutti, è venuto alla ribalta negli ultimi 10, 15 anni, più in seguito all'atteggiamento della Cassazione nei confronti di questo documento che per rilevanti evoluzioni normative.
Atteggiamento che, come per altre questioni, possiamo per altro definire in parte contraddittorio.
Se infatti, da una parte, la Cassazione afferma che la materiale mancanza del certificato di agibilità costituirebbe impedimento alla stipula del rogito notarile (n. 25040 del 2009), o che il venditore sarebbe obbligato a mettere detto certificato a disposizione dell'acquirente al momento della consegna del bene (n.9976 del 2007); dall'altra sottolinea che l'eventuale inadempimento del venditore a consegnare il certificato non condurrebbe, necessariamente, alla risoluzione del contratto per inadempimento ma occorrerebbe analizzare il motivo per cui del medesimo certificato l'immobile risulti sprovvisto (n. 3072 del 2009). Così pure la Cassazione ha ritenuto lecito il patto che escluda la responsabilità dell'alienante nel caso di ritardata consegna di detto certificato (n.16024 del 2002) o che trasferisca l'onere della richiesta in capo all'acquirente (n. 20399 del 2004).
Nella pratica quotidiana questo atteggiamento non perfettamente univoco della giurisprudenza ha determinato comportamenti disomogenei anche in capo a notai e ad istituti di credito.
Nella realtà in cui opero, esistono notai che non rogitano in assenza almeno della domanda di agibilità, altri che, in mancanza del certificato, raccolgono una dichiarazione delle parti in merito a chi si debba assumere la responsabilità del suo successivo reperimento.
Così pure, esistono istituti di credito i cui periti richiedono il certificato di agibilità mentre, in molti altri casi, è possibile riscontrare disinteresse sulla questione.