Ci provo; se anche la figlia si riserva l'usufrutto, la vendita avviene ad un prezzo inferiore, anche per la quota della madre; quindi , o per questo la madre riceve dei soldi dalla figlia, oppure deve essere d'accordo a concederle questa possibilità gratis.
Grazie che ci hai provato: adesso ci provo io, perché mi hai introdotto un ulteriore fattore che è anche più ostico.
Comincio dalla questione usufrutto: il diritto d’abitazione/uso è per il “diritto” totalmente equiparato ad un usufrutto o è distinto? (Non ho scritto diverso perché so che è diverso) : perché se è equiparato è evidente che , mamma in vita, la nostra può vendere sono la nuda p.
Piena prop = nuda + usufrutto.
Se invece i due diritti fossero distinti, la quota della postante non sarebbe oggi solo di una nuda p. Ma di una propr. “Quasi” piena, viziata da una temporanea limitazione che si esaurirebbe automaticamente con la rinuncia o con la morte della mamma.
Non conosco la risposta: ma la cosa mi pare degna di riflessione.
La seconda sorpresa scaturita dalla tua risposta è dovuta al fatto che apparentemente sembra che tu stia dicendo che la quota della figlia sia subordinata al consenso della madre; non credo sia questa la ragione. Credo mi volessi dire che come in ogni comunione, quando si Decide di vendere, il ricavo deve star bene ad entrambi; ma adesso supponiamo che mamma non venda affatto la sua quota, la figlia credo sia libera di decidere autonomamente della sua quota, nuda, o parzialmente piena se non si riserva (ammesso che possa) lusufrutto futuro.
ovvio che prescindo dal considerare la difficoltà di reperire un compratore parziale in queste condizioni.
Spero di non averti annoiato: ma sulle questioni che chiamò notarili vado sempre cauto, non essendo mio terreno