Incollo quanto ricevuto lo scorso anno (Circolare legale):
"La sola messa in relazione delle parti non è presupposto idoneo al sorgere del diritto alla provvigione"
Sempre al fine del sorgere del diritto alla provvigione ex art. 1755, comma 1 c.c., con la sentenza 2/2/2023, n. 3165, la Cassazione afferma che è necessario che la conclusione dell’affare sia effetto causato adeguatamente dal suo intervento, senza che il mettere in relazione delle parti tra di loro ad opera del mediatore sia sufficiente di per sé a conferire all’intervento di questi il carattere di adeguatezza, né che l’intervento di un secondo mediatore sia sufficiente di per sé a privare ex post l’opera del primo mediatore di tale qualità di adeguatezza.
Per la Suprema Corte, la questione di diritto è la seguente: al fine di considerare che la conclusione dell’affare sia l’effetto dell’intervento del mediatore, è sufficiente o meno che questi abbia messo in relazione le parti e così abbia posto l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto? La tesi non può incontrare consenso, poiché altrettanto univoco, in quanto direttamente desumibile dalla disciplina legislativa, è che la messa «in relazione di due o più parti per la conclusione di un affare» (art. 1754 c.c.) non è elemento sufficiente, di per sé, a far ritenere che l’affare sia «concluso per effetto» dell’intervento del mediatore (art. 1755 c.c.). Ciò si ricava dalla interdipendente distinzione di ruolo e di portata normativa tra l’art. 1754 c.c. e l’art. 1755, comma 1 c.c.
In sé considerato, l’art. 1754 c.c. si limita a definire la figura del mediatore come «colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza». Considerato invece nella sua relazione con l’art. 1755, comma 1 c.c., l’art. 1754 c.c. consegue una portata normativa ulteriore in quanto diretta a negare che la semplice messa in relazione delle parti sia requisito idoneo, di per sé, a far reputare l’affare concluso per effetto dell’intervento del mediatore.
Sostiene inoltre la Cassazione che ci si persuade di ciò già se si pensa al circolo essenzialmente vizioso in cui si risolverebbe l’art. 1755, comma 1 c.c., ove fosse riscritto alla luce della tesi criticata. La riscrittura suonerebbe così: «colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare ha diritto alla provvigione […], se l’affare è concluso per effetto della semplice messa in relazione delle parti».
In altre parole, due e distinte sono le domande: (a) chi è il mediatore (art. 1754 c.c.); b) che cosa deve fare il mediatore per avere diritto alla provvigione (art. 1755, comma 1 c.c.). Non si può rispondere alla seconda domanda, evocando più o meno sic et simpliciter la risposta alla prima, n. 6 – 20 marzo 2023 Circolare Legale 4 altrimenti il senso normativo dell’art. 1755, comma 1, c.c. si appiattirebbe su quello dell’art. 1754 c.c..
In altri termini, va escluso che il diritto del mediatore sorga solo perché questi abbia messo in relazione le parti e così abbia posto l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata, quand’anche egli non intervenga poi in ogni fase della trattativa e il processo di formazione della volontà negoziale delle parti sia complesso e articolato nel tempo, in quanto di per sé, la semplice messa in relazione delle parti ad opera del mediatore non è sufficiente ad integrare l’efficienza causale adeguata secondo quanto previsto dal citato art. 1755, comma 1, c.c., come autorevolmente sostenuto dalla Suprema Corte." Dott. Michele Pizzullo Consulente legale FIMA