Tutto vero questo , ma l'articolo 7 punto 2 rimanda agli "intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria di cui all'art. 11e di quelli previsti dall'articolo 13 comma 1 lettera a) ai fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. "
E l'art 8 rimanda agli art 12-13.
Gli Agenti Immobiliari fanno parte dell'art. 14 /f Altri soggetti e devono si adempiere alla " Adeguata Verifica della Clientela " ma dovrebbero essere esclusi dalla compilazione della " Scheda Analisi del Rischio".
ATTENZIONE FIAIP ha ricevuto la validazione della operatività degli adempimenti antiriciclaggio per agenti immoniliari direttamente dal MEF e poi tutta la III direttiva su basa sulla conoscenza diretta del clinete e del suo grado di rischio e una gigura di soggetto obbligato da adempiere non deve fare l'analisi del rischio del cliente !!! però !! infatti potrebbe avere indicatori di anomalia elevati e dovrebbe anche continuare l'operazioneoccasionale e/o il rapporto continuati !!! ma avete leggto e interpretato bene la normativa Dlgs 231/2007 e successive modifiche e integrazioni oppure vi piace scrivere .......su argomenti senza fare i dovuti approfondimenti del caso ........... ................
La Fimaa dice che non va fatta e lo ddicono in questo forum altri appartenenti all'associazione.
Una cosa è certa se due associazioni importanti come la FIMAA e la FIAIP non sono d'accordo e dicono due cose diverse,
CHI CI CAPISCE E' BRAVO
e non è logico neppure dire che nel più ci sta il meno.
e dico come in quel film "IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO"
Aggiunto dopo 21 minuti :
GRAZIE DELLA DISCUSSIOMA MA VI DEVO SMENTIRE ATTENZIONE LA NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO NON E' SEMPLICE DA CAPIREE INTERPRETARE COME SEMBREREBBE A PRIMA LETTURA SI RENDE NECESSARIO LA COMPLETEZZA DEI CONTENUTI PER ANALIZZARE LE LINEE GUIDA PER I SOGGETTI OBBLIGATI .................
ANTIRICICLAGGIO : L’approccio basato sul rischio
L'obbligo di adeguata verifica deve essere assolto commisurandolo al rischio associato al tipo di cliente acquisito e di prestazione professionale, operazione occasionale e/o rapporto continuativo o transazione di cui si tratta.
A tal fine l’art. 20 detta una serie di criteri generali per la valutazione del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. In relazione al cliente rilevano i seguenti elementi:
1. natura giuridica;
2. precedente attività svolta;
3. comportamento tenuto al momento del compimento dell’operazione o dell’instaurazione della
prestazione professionale;
4. area geografica di residenza o sede del cliente o della controparte; mentre, con riferimento all’operazione , o alla prestazione professionale, sono oggetto di valutazione:
1. tipologia;
2. modalità di svolgimento;
3. ammontare;
4. frequenza (delle operazioni) e durata (della operazione occasionale /rapporto continuativo/prestazione professionale);
5. ragionevolezza in rapporto all’attività svolta dal cliente;
6. area geografica di destinazione del prodotto/oggetto dell’operazione.
Degli elencati criteri generali il soggetto obbligato ad adempiere deve servirsi per associare a ciascun cliente un determinato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
La norma non detta una procedura uniforme per tutti i soggetti obbligati e, del resto, l’individuazione di una modalità standard di esecuzione dell’obbligo in oggetto risulterebbe tutt’altro che agevole.
L’approccio basato sul
rischio si fonda, infatti, proprio sulla necessità di “personalizzare” il comportamento nei confronti del cliente,graduando il livello di guardia in relazione alla pericolosità che i predetti indici consentono di determinare.
In pratica, attraverso tale approccio, è possibile effettuare una selezione a monte delle situazioni che meritano maggiore attenzione rispetto a quelle poco significative, articolando in modo consequenziale i relativi adempimenti.
Ciò è possibile soltanto se il soggetto obbligato agli adempimneti, nello svolgimento della propria attività, adotta una serie di misure adeguate al rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, sulla cui natura, tuttavia, nessuna indicazione si rinviene nel decreto. In altre parole il soggetto obbligato ad adempiere è tenuto a svolgere un’attività di screening della clientela, in base alle regole generali, soggettive e oggettive, contenute nel decreto: a tal fine, si rende necessaria l’adozione di una procedura tale da associare a ciascun cliente, sulla scorta dei parametri previsti, un determinato livello di rischio.
La procedura elaborata da FIAIP consente di convertire i dati già in possesso del soggetto obbligato ad adempiere (tipo di operazione occasionale/rapporto continuativo e prestazione professionale, natura giuridica del cliente, ecc.) in termini di maggiore/minore grado di rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo. Tutto questo senza dimenticare che l’obbligo di adeguata verifica non è unitario e uniforme, ma va assolto a seconda della specifica fattispecie singolarmente considerata.
In base alle indicazioni operative fornite anche dalla normativa nell’applicare il metodo dell’approccio basato sul rischio il soggetto obbligato deve:
a) considerare gli elementi connessi al cliente (natura giuridica, prevalente attività svolta,comportamento tenuto all’atto del compimento dell’operazione) e associare a ciascuno di essi un determinato punteggio in termini di minore/maggiore rischiosità.
Da questa prima valutazione dovrà emergere un punteggio complessivo, che indicherà il livello di rischio connesso al cliente;
b) considerare gli elementi relativi all’operazione (tipologia, modalità di svolgimento, ammontare, frequenza, durata, ragionevolezza, area geografica di destinazione) e assegnare a ciascuno di tali elementi un determinato punteggio in termini di minore/maggiore rischiosità. Da questa seconda valutazione dovrà emergere un punteggio complessivo, che indicherà il livello di rischio connesso
all’operazione;
c)effettuare una valutazione congiunta dei due punteggi così ottenuti, dalla quale dovrà emergere un unico indice, espressione del rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo ex art. 20 delD.Lgs. n. 231/2007.
A ciascun livello di rischio – basso, medio, alto – risultante dalla procedura descritta corrispondono differenti modalità di assolvimento degli obblighi di adeguata verifica da parte del soggetto obbligato ad adempiere e, conseguentemente, una diversa periodicità delle attività da svolgere ai fini del controllo costante.
Su tale ultimo aspetto ci siamo limitati a fissare dei criteri di ordine temporale, senza peraltro individuare una tempistica predefinita, ritenendosi utile rimettere quest’ultima alla valutazione del soggetto obbligato ad adempiere , il quale dovrà decidere volta per volta, con riferimento al caso concreto.
La condotta corretta
Quanto alla condotta richiesta ai soggetti obbligati ad adempiere, dalla lettura dell’art. 20 emerge che questi ultimi dovranno essere in grado di dimostrare alle autorità di vigilanza di settore, che la portata delle misure adottate è adeguata all'entità del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Anche in tal caso la norma è foriera di non pochi dubbi interpretativi. Con riferimento al tipo di condotta, deve innanzi tutto ribadirsi che, nell’adempimento dell’obbligo di adeguata verifica, al soggetto obbligato ad adempiere non può essere richiesta una diligenza ulteriore rispetto a quella che normalmente caratterizza l’attività svolta. Infatti, in mancanza di poteri autoritativi, in capo al soggetto obbligato ad adempiere non possono ravvisarsi obblighi di indagine ma, più limitatamente, obblighi di richiesta di informazioni da valutare volta per volta in relazione alle specifiche circostanze oggettive e soggettive.
In relazione a quello che appare un vero e proprio onere della prova in capo al soggetto obbligato ad adempiere , occorre altresì interrogarsi sulle modalità attraverso cui dovrà essere fornita la dimostrazione dell’adeguatezza delle misure adottate. In tale contesto un ruolo fondamentale assumeranno le modalità con le quali le autorità preposte e gli ordini professionali per i professionisti effettueranno le verifiche all’interno degli studi. Aspetti, questi, che dovranno essere oggetto di attenta regolamentazione, onde evitare che le procedure di controllo di cui si discute vengano gestite con un livello di discrezionalità eccessivo.
L’obbligo informativo da parte del cliente
Occorre evidenziare che, a fronte degli adempimenti gravanti sul soggetto obbligato ad adempiere , la norma pone un vero e proprio obbligo informativo in capo al cliente. L’art. 21 del decreto stabilisce infatti che quest’ultimo fornisce,
sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie e aggiornate per consentire al soggetto obbligato ad adempiere di adempiere agli obblighi di adeguata verifica della clientela. Non solo, ai fini dell’identificazione del titolare effettivo, il cliente deve fornire per iscritto, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni aggiornate e necessarie delle quali sia a conoscenza. L’eventuale rifiuto da parte del cliente di fornire le informazioni richieste pone il soggetto obbligato ad adempiere nelle condizioni di non poter rispettare gli obblighi di adeguata verifica della clientela: in tal caso, come si vedrà a breve, troverà applicazione quanto disposto dal successivo art. 23 in tema di obbligo di astensione22.