CASSAZIONE CIVILE - II sez. - 02/04/2009, n. 8038
Motivi della decisione
Con il primo dei motivi addotti a sostegno del ricorso M.B. e C.W. lamentano che il giudice di rinvio non si è uniformato a quanto era stato deciso con la pronuncia di cassazione, le cui premesse logico giuridiche implicavano che un contratto fosse stato concluso dalle parti, sicché occorreva soltanto statuire sulle sue concrete conseguenze economiche, al più estendendo l'esame alla corretta qualificazione giuridica che competeva al negozio.
La doglianza non è fondata.
Questa Corte, come risulta chiaro dal testo della sua sentenza, che si è sopra trascritto nell'esposizione dello svolgimento del processo, non ha affatto statuito che un qualche accordo fosse stato validamente raggiunto dalle parti, salva la determinazione della sua natura e dei suoi effetti, da individuare in sede di rinvio.
Si è invece limitata a constatare che il giudice a quo aveva omesso di prendere in considerazione nella sua interezza l'atto in questione, di interpretarlo secondo i criteri legali di ermeneutica negoziale, di inquadrarlo sub specie iuris, di tenere conto della dichiarazione di accettazione di M.B., e nonostante tali carenze aveva concluso, senza adeguata spiegazione, nel senso della mancata assunzione di obbligazioni da parte di C.I.. [...]
Con il terzo motivo di impugnazione M.B. e C.W. si dolgono dell'interpretazione, a loro dire erronea, data dal giudice di rinvio alla scrittura in questione in difformità dal suo tenore letterale.
Neppure questa censura può essere accolta.
Preclude il suo esame la mancanza di “autosufficienza” da cui è affetta: si deduce che nella sentenza impugnata è stata presa in considerazione soltanto una delle clausole del documento, ma non vengono trascritte, in maniera completa e precisa, le altre, del cui contenuto si fa sommariamente cenno, per concludere con un vago «ecc.»; della stessa pattuizione prima menzionata non viene riportato il testo integrale; si parla di un modulo a stampa con aggiunta a mano dell'impegno a pagare la somma di lire 14.000.000, impegno prevalente su altre previsioni asseritamente incompatibili, delle quali non viene specificato il tenore; si afferma essere intervenuto l'accordo per la vendita definitiva del bene, mediante l'accettazione della proprietaria, di cui non sono indicati il contenuto e le modalità.
Deve pertanto restare fermo che si è trattato, come ha ritenuto il giudice di rinvio, di un “preliminare di preliminare”: le parti si erano impegnate a concludere in futuro un contratto con effetti obbligatori, che le avrebbe vincolate a stipulare successivamente la vendita definitiva.Il quarto motivo di ricorso attiene appunto al “preliminare di preliminare”, del quale M.B. e C.W., in contrasto con la tesi della nullità per mancanza di causa affermata nella sentenza impugnata, sostengono la piena validità.
La questione, che la giurisprudenza di legittimità, per quanto consta, non ancora avuto occasione di affrontare, deve essere risolta in senso opposto a quello propugnato dai ricorrenti.
L'art. 2932 c.c. instaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il contratto preliminare e quello definitivo, destinato a realizzare effettivamente il risultato finale perseguito dalle parti. Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di “obbligarsi ad obbligarsi” a ottenere quell'effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ben potendo l'impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito.
Né sono pertinenti i contrari argomenti esposti dai ricorrenti: in parte non attengono al reciproco rapporto tra le parti del futuro contratto definitivo, ma a quelli tra ognuna di loro e l'intermediario che le ha messe in relazione, sicché non riguardano il tema in discussione; per il resto prospettano l'ipotesi di un preliminare già riferentesi al definitivo e da rinnovare poi con un altro analogo negozio “formale”, il che rappresenta una fattispecie diversa da quella del “pre-preliminare”, di cui si è ritenuta in sede di merito l'avvenuta realizzazione nella specie.
Correttamente, quindi, nella sentenza impugnata, esclusa la validità dell'accordo raggiunto dalle parti, ha ritenuto che esse si trovassero, in relazione al futuro contratto preliminare, nella fase delle trattative, sia pure nello stato avanzato della “puntazione”, destinata a fissare, ma senza alcun effetto vincolante, il contenuto del successivo negozio. [...]