Permettetemi, cari immobiliaristi di Immobilio, una breve e conclusiva valutazione del mondiale prima che l’evento passi in cavalleria. Efficientissima l’organizzazione, senza nessuna sbavatura o quasi, da parte della Russia che si è garantita una bella figura davanti al mondo intero; la Svizzera non avrebbe saputo fare meglio. Forse la migliore edizione del mondiale dal punto di vista dell’allestimento e della diffusione televisiva, credo che Mediaset abbia dato dei punti alle precedenti edizioni della Rai. Per quanto riguarda la materia prima, vale a dire il calcio, non è emersa nessuna novità nella condotta tattica e nella conduzione tecnica delle partite; ha prevalso, per senso pratico e capacità redditizia, il vecchio e concreto modulo all’italiana di razionale impostazione difensivistica con il quale la Francia ha trionfato in finale pur giocando solo una decina di minuti in attacco. Insomma, gli italianissimi allenatori Alfredo Foni, Fulvio Bernardini e Nereo Rocco, sessanta e più anni fa, gettarono quel fecondo seme nell’ Inter, nella Fiorentina e nel Padova che ha prodotto, dopo decenni, tanti frutti rigogliosi in gran parte dell’orbe terracqueo. Il calcio totale olandese degli anni ’70 (il panturbiglione) e quello “sacchiano” e schiacciasassi degli anni ’80 e ’90 sembrano non aver lasciato nessuna traccia sui campi da gioco. C’è un pizzico d’Italia anche nell’importazione, nel mondiale di Russia, del marchingegno del Var, che ha scongiurato tante parzialità ed errori (in buona fede) dal parte degli arbitri; la sua l’introduzione è stata tecnicamente possibile dopo che esso aveva dato buona prova di sé nello scorso campionato italiano. Accettabile il livello tecnico della partite – si sono viste edizioni del mondiale ben più scadenti – e irruzione dell’ accidente dell’ imprevedibilità in tante partite che si è concretizzato in strampalate situazioni al limite del comico – papere sesquipedali dei portieri e autogol di raffinata ricercatezza tecnica da parte dei calciatori – che hanno regalato alle gare quel senso pirandelliano dell’ imponderabilità e dell’inatteso che ha liberato il calcio del torneo mondiale dalla pianificata prigionia della strategia e della tattica, ribaltando altresì, gerarchie tecniche e graduatorie di rendimento. Questo mondiale ha sancito la rovinosa caduta dei vecchi “dei” (Neymar, Messi e Ronaldo), registrato la delusione di qualche “stella” attesa come protagonista (Salah), annotato a margine il mesto tramonto del ciclo vincente della Spagna, imposto le cocenti delusioni della Germania e dell’ Argentina, ma, soprattutto, fatto apparire sotto il cielo di Mosca la “sorpresina” dell’ Inghilterra, la sorpresa del Belgio e, soprattutto, la “sorpresona” della Croazia che è giunta fino in fondo alla competizione facendo fuoco e fiamme, ma, una volta ottenuto l’ambito lasciapassare per gran galà finale, si è presentato alla festa con…il vestito infrasettimanale pieno di pezze e di rattoppi…. Una negligenza fatale, una sciatteria imperdonabile. Nel frattempo, Il calcio solido, concreto e atletico della vecchia Europa si è confermato superiore a quello più tecnico ma anche più fragile dei sudamericani; intanto si continua pazientemente ad aspettare da quarant’anni l’esplosione di quello africano ed asiatico; il giocatore simbolo di questi mondiali è stato sicuramente il diciannovenne francese Mbappe - il secondo più giovane calciatore a segnare in una finale dopo il diciassettenne Pelè - ma i giocatori che mi hanno maggiormente convinti sono stati, però, il portiere Courtois, il centrocampista Hazard, entrambi belgi, il francese Antoine Griezmann e l’uruguagio Edinson Cavani. Se fossi il Presidente del Milan li acquisterei tutti…