Ciao Bastimento ritorna la diatriba di un po di tempo fa tra la definizione di condominio e comunione. Un terreno di proprietà di due, tre o più persone è soggetto alla disciplina della comunione e mai potrebbe essere oggetto di disciplina condominiale. Viceversa, un palazzo che si componga di quattro, cinque o più unità immobiliari potrà essere soggetto tanto alla disciplina della comunione quanto a quella speciale del condominio. Così se le unità immobiliari sono di proprietà esclusiva di diversi soggetti si applicherà la disciplina del condominio. Ciò perché accanto alle parti di proprietà individuale (gli appartamenti) ci saranno quelle parti che per legge dovranno essere considerate di proprietà comune. Tuttavia, qualora lo stesso palazzo sia oggetto di proprietà indivisa tra più persone (ad esempio perché lasciato in eredità dal padre ai propri figli senza assegnazione delle singole unità) esso sarà soggetto alla comunione.
È chiaro, allora, che il tratto distintivo delle due fattispecie va individuato nella diversa conformazione dei diritti di proprietà dei singoli rispetto al bene immobile.
Si può, quindi, affermare che il condominio è una particolare forma di comunione nella quale coesistono parti di proprietà esclusiva e parti di proprietà comune.
Data una definizione di condominio, si pone subito il problema di individuare quei casi concreti ai quali si applica la disciplina codicistica.
La questione è stata oggetto dell'evoluzione urbanistico - edilizia degli ultimi anni ed ha incontrato (ed incontra) delle problematiche di non facile soluzione, le quali, sovente, sono state oggetto di intervento giurisprudenziale.
In particolare, a livello numerico quando si può dire che si è di fronte ad un condominio? È sufficiente che i condomini siano due, tre o di più? Come si identifica un condominio? Un condominio può svilupparsi solo in senso verticale o anche in senso orizzontale?
Le domande sono tante quante le conformazioni che può prendere un edificio. Occorre, in primo luogo chiarire che non è necessaria alcuna formula sacramentale affinché si possa dire che si sia costituito un condominio. È sufficiente che sia venduta una sola unità immobiliare dell'edificio. Così, basterà la presenza di due differenti proprietari esclusivi di diverse porzioni dell'immobile (c.d. "condominio minimo"), definiti ai fini di legge "condomini", perché si debba applicare la disciplina del condominio.
Sul punto, le Sezioni Unite della Cassazione, con l'importante sentenza n. 2046/2006, hanno chiarito che l'esistenza del condominio e l'applicabilità delle norme in materia non dipende dal numero delle persone che ad essa partecipano. Pertanto, "se nell'edificio almeno due piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse, il condominio - considerato come situazione soggettiva o come organizzazione - sussiste sulla base della relazione di accessorietà tra cose proprie e comuni e, per conseguenza, indipendente dal numero dei partecipanti trovano applicazione le norme specificatamente previste per il condominio negli edifici".
Il numero di condomini incide solamente sulla necessità di nominare un amministratore, che è necessario quando i condomini sono più di quattro, o per il regolamento di condominio, che è obbligatorio per i condomini con più di dieci partecipanti.
Il condominio, infine, può svilupparsi tanto in senso verticale (il classico edificio condominiale a più piani) quanto in senso orizzontale.
A tal proposito, basta pensare ai residence composti da villette mono o bifamiliari con più servizi in comune (ad esempio, strade interne, illuminazione, ecc.).