Nel caso di specie, la futura convivente del titolare del contratto, se intende chiedere la residenza ovvero effettuare un cambio di indirizzo anche all’interno dello stesso Comune, in base all’art. 5 del DL n°47/2014, convertito in legge n°80/2014, deve dimostrare di essere autorizzata ad occupare l’alloggio con un titolo valido (rogito, contratto di locazione, comodato ecc.) o, in sostituzione, presentare la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà o la dichiarazione del proprietario. Per la nuova normativa, dal titolo di occupazione e/o dalla dichiarazione sostitutiva e dalla dichiarazione di assenso/conoscenza del proprietario dell’immobile dell’iscrizione anagrafica si deve sempre poter desumere chi è il proprietario dell'alloggio.
Il quesito posto introduce un argomento complesso. Sul piano fiscale non esiste prassi in materia. Se non si varia la titolarità del contratto, l’evento è irrilevante, diventa rilevante se esiste un obbligo rispetto al contratto. Sul piano civilistico, è opportuno ricordare alcune cose: divieti eventualmente posti a contratto confliggenti con la tutela dei rapporti della famiglia, sia essa fondata sul matrimonio o convivenza di fatto, tutelata in quanto formazione sociale, sono nulli, in quanto contrastanti con i principi costituzionali (Cass. n°14343/2009). Conseguentemente non può essere richiesta la risoluzione di un contratto perché il conduttore ha allargato il proprio nucleo familiare e intende convivere con la sua compagna, anche se nel contratto fosse presente una specifica clausola che vieta espressamente la presenza nei locali locati di altre persone oltre al titolare del rapporto.
La più recente giurisprudenza di legittimità è ormai orientata a dare sempre maggior peso alla famiglia di fatto: “la convivenza “more uxorio”, quale formazione sociale che dà vita ad un consorzio familiare, determina sulla casa di abitazione, dove si svolge e si esercita un programma di vita in comunione, un potere di fatto basato su di u interesse proprio o del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata che ha titolo di un negozio giuridico di tipo familiare”: in buona sostanza, la convivente non è un’ospite del suo compagno, ma un detentore qualificato della casa dove vivono in locazione o in comodato (Cass. n°7/2014).
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge n°392/1978 (sentenza n°404 del 07/04/1988). Tale legge prevedeva tre fattispecie:
1. morte del conduttore;
2. la separazione giudiziale, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio;
3. la separazione consensuale o la nullità del matrimonio.
La Corte costituzionale alla previsione di legge non ha aggiunto altre fattispecie, ma ha soltanto inserito nell’elenco dei successibili nel contratto:
° per l’ipotesi 1), il convivente more uxorio;
° per l’ipotesi 3), il coniuge separato di fatto;
° nonché il convivente se con prole naturale a tutela del nucleo familiare.
La situazione di convivenza, ad evitare facili abusi, deve presentare requisiti di stabilità e durata, in altre parole una comunanza di vita a carattere familiare (a provare la convivenza non è certo il certificato anagrafico).
Riguardo la questione sollevata riguardante l’ipotesi di successione nel contratto della convivente in caso di separazione o recesso dal contratto da parte del conduttore titolare della locazione in favore della convivente, la Cassazione ha più volte precisato che qualora la convivente rimanga con la prole naturale nell’immobile locato al conduttore suo convivente, la successione nel contratto si realizza anche se la convivenza sia sorta nel corso della locazione senza che il locatore ne fosse a conoscenza.
Va infine ricordato che, dopo vari tentennamenti e oscillazioni giurisprudenziali, la Corte costituzionale, quando è entrata nel merito della questione (n°61 del 15/03/2002) ha chiarito che la successione nel rapporto locativo di un convivente, nell’ipotesi di interruzione della convivenza di fatto, senza che vi sia prole naturale, non si verifica, sulla base del medesimo principio in forza del quale si afferma la successione nell’ipotesi di separazione o divorzio dei coniugi ovvero il prevalente interesse dei figli minori, orientamento nuovamente ribadito e rafforzato nel 2003 (n°204 dell’11 giugno) e 2010 (n°7 del 14 gennaio).