Diamo la colpa di tutte le complicazioni che sono emerse a chi effettivamente se le meriterebbe: la banca.
A voglia a dire che il cliente dovrebbe andare presso l'istituto di credito prima di cercare casa.
Utilissimo se incontrasse allo sportello la persona giusta ma:
a) se il consulente non sapesse gestire i mutui ti farebbe solo una grande confusione, senza dare particolari rassicurazioni.
b) se, come cliente, non fossi in grado di spiegarmi perfettamente, il parere puramente verbale varrebbe come il 2 di picche (i 2.000 euro di stipendio risultano retribuzione o 800 euro vengono conteggiati per le trasferte?)
c) se la banca fosse sotto budget direbbero al cliente di non preoccuparsi e che il mutuo verrebbe accordato in tutti i casi possibili ed immaginabili... a parole
d) se la banca non volesse fare mutui, direbbero al cliente che portare via i 50.000,00 depositati sul conto corrente per acquistare una casa di questi tempi potrebbe essere una follia e che sarebbe meglio aspettare qualche anno ancora....
Qual' è il problema?
Semplice. Le nostre banche non fanno più l'istruttoria sulla base dei soli redditi ed esigono che il cliente interessato ad un parere di fattibilità si presenti con una lettera di intenti firmata, o con un bel preliminare di acquisto, magari subordinato al mutuo ma già bello che sottoscritto.
Per evitare di perdere tempo (e denari) su istruttorie che non andrebbero a buon fine (comodo, no?).
In tutto questo marasma sarebbe l'agente immobiliare a giocarsi la sua credibilità perchè quando il venditore con occhi sognanti già proiettati verso il "cambio casa" ci domandasse: "c'è da fidarsi? cosa ne pensi?" l'agente potrebbe contare solo sulla sua capacità di indagine preventiva e sul proprio intuito...
Inoltre dovrà predisporre una clausola che non assomigli ad un contratto capestro ma che non si limiti a dichiarare: "la presente è subordinata al mutuo!".
Insomma, per quanto l'agente possa e debba spiegare al venditore che la sottoscrizione della proposta non concluderà proprio un bel niente se la banca non sganciasse gli sghei, di fronte al proprietario l'agente si porrà comunque come una sorta di garante della serietà della proposta medesima.
Il ripensamento del cliente perché il battiscopa in pietra serena proprio non si sposa col divano color cognac, dovrebbe essere in tutti i modi evitato e sarebbe nei fatti evitabile.
L'agente immobiliare dovrà evitare di ritirare assegni a garanzia della proposta di importo irrisorio (ad esempio 2.000 euro) e dovrà spiegare all'acquirente che non si tratterà di acquistare la casa country di Barbie, che la proposta dovrà essere seria e che il cliente medesimo dovrà permettere all'agente di verificare con la banca che tutto sia stato gestito correttamente.
Nel caso in cui sopraggiunga poi un ripensamento che determinasse a tutti gli effetti l'impossibilità di acquistare, sarà meglio che l'agente (ed il medesimo proponente) si pongano nei confronti del venditore con la massima trasparenza e sincerità.
Anche nelle pratiche prive di subordinazione eventuali ripensamenti conducono prevalentemente alla restituzione della caparra, benchè l'acquirente risulti vincolato. Viviamo in un Paese strano dove spesso però la comprensione della gente è ancora in grado, qualche volta, di stupirci.
Certo, anche in questo caso, l'agente immobiliare potrà avere una parte attiva per sistemare le cose ma non potrà certamente offrire false rassicurazioni al cliente dettate da una casistica nettamente indirizzata a favorire le risoluzioni consensuali senza perdite economiche: non sempre si realizzano e tanto basta a dover mettere il mediatore sul chi vive....