Quindi il conflitto di interessi , nel nostro ordinamento, resta proprio escluso per definizione.
Questo, in realtà, gli ermellini lo hanno un po' messo in discussione... da tempo...
Secondo le note considerazioni, già esposte anche sul nostro forum, in presenza di un incarico esclusivo scritto, non sarebbe più possibile parlare di mediazione tipica (ovvero regolata dalle norme in essere) ma di mediazione atipica (ovvero regolata da forme di contratti comunque considerate utili all'interno del nostro mercato).
Una parte della giurisprudenza, ormai da anni, ha espresso con un certo vigore la considerazione secondo la quale, in presenza di un incarico in esclusiva che riporti il prezzo a cui si debba vendere l'immobile, le modalità di pagamento, di stipula e di consegna del bene... non possa essere più rinvenibile quella imparzialità che gli articoli del Codice Civile richiamerebbero, con la conseguenza che, in presenza di un incarico di mediazione esclusivo, il compenso all'acquirente non si potrebbe richiedere.
I grandi gruppi immobiliari hanno ovviato a questa situazione adattando la modulistica e, soprattutto, trasformando la dichiarazione di pagamento per l'acquirente in un incarico di mediazione (come se fosse del tutto fortuito che, dati i due incarichi, i clienti avessero finito per convergere...
).
Penso che la modalità di lavoro esposta da Pyer e da Francesca, che condivido, e che spinge sull'acquisizione, sull'incarico a prezzo e sulla buona gestione dell'immobile, non sia necessariamente incompatibile con la collaborazione... e che, pertanto, la collaborazione possa essere un' opportunità in più e non qualcosa che ti porta via del fatturato.
Normalmente la visione secondo la quale collaborare comporti solo perdite di fatturato la espongono gli agenti immobiliari poco inclini alla collaborazione, o che collaborano solo a parole. Ovviamante, non amando la collaborazione, costoro ricevono solo chiamate per i propri immobili e non per i loro acquirenti... e sempre tirano fuori la storia... magari anche vera... del collega svogliato interessato a sfruttare il buon portafoglio altrui...
La collaborazione sana è un dare ed un avere. Quando si collabora "veramente" non si ricevono solo telefonate ma si comincia anche a farne... si parla con il collega e si cerca di chiudere un affare rapidamente...
All'inizio, l'egoismo umano ci porterebbe a condividere solo quei pezzi che neppure noi riusciremmo mai a vendere: che bello piazzare il rudere disperso in mezzo alla campagna che nessuno vuole!... e non perchè non sia a prezzo...
Mentre il modo corretto per collaborare sarebbe quello di condividere l'intero portafoglio... ricordandosi che un incarico, soprattutto in assenza di penali, come sono ad esempio i miei, se qualcuno ti scavalcasse e se non fossi in grado di piazzare l'immobile in un tempo congruo, potrebbe rivelarsi anche controproducente.
Non tutti i mercati, ricordiamolo, sono quelli delle grandi città e dei quartieri super-richiesti nei quali basta avere il prezzo giusto e l'immobile si vende da sè.
Ci sono quartieri nei quali il mercato stenta anche in presenza di prezzi stracciati e le richieste di acquisto latitano...
Non è facile collaborare. Anche all'interno della mia azienda questa semplice affermazione prende le più svariate forme e declinazioni. So bene che Gianluchino di Riccione è veramente nato per collaborare. Conclude quasi solo mezze-vendite ed è anche un buon acquisitore. So bene che Cinzia lavora più come una solista e qualora gli "imponga" la collaborazione l'accetterebbe un poco a denti stretti. Però quando gli ricordo che l'anno passato Manuele gli avrebbe piazzato l'appartamento della Sig.ra "XXX" a San Clemente, ancora mi guarda e non si capacita di come ci sia riuscito...
A volte, collaborare significa anche prendere qualche tranvata nei denti, significa anche chiudere delle porte. E così è stato nel nostro caso. Collaborare significa innanzitutto "selezionare". Solo provandoci e solo col passare del tempo si riescono ad indentificare i soggetti con i quali valga veramente la pena farlo (non sono molti, purtroppo). Costruendo dei rapporti di fiducia che non si realizzano solo all'interno dei rispettivi uffici ma anche (se non soprattutto) davanti ad una pizza... (lo so, lo so, il modello Romagnolo è un poco godereccio!).