Per quanto possa valere la mia opinione, la precedente posizione (dirigistica e paternalistica) della Suprema Corte non mi ha mai convinta e, devo dire, non l’ho mai capita fino in fondo (ma è un mio limite). Mi sembrava (e continua a sembrarmi) poco realistico che nel primo segmento negoziale, salvo che le parti abbiano certezze granitiche e idee chiarissime su ogni singolo aspetto dell’accordo, sia tutto definito sia dal punto di vista contrattuale che contenutistico.
Se la prima fase preparatoria, (supposto) preliminare del preliminare, e il successivo (supposto) secondo preliminare (due fasi anteriori al rogito) non coincidono, risulta difficile capire perché i due preliminari non siano ammissibili e dove sussista “la mancanza di causa”, obiezione, non a caso, ripresa dalle Sezioni Unite che osservano:
“il ragionamento al quale si è rifatta Cass. 8038/09, e che nega la validità di un accordo ripetivo, ha pregio se si ipotizza (come sembra sia stato comunque fatto anche in quel caso) che tra il primo e il secondo preliminare vi sia identità (bis in idem = due volte per la medesima cosa). In tal caso, mancando un contenuto nuovo in grado di dar conto dell’interesse delle parti e dell’utilità del contratto, si è parlato di mancanza di causa”.
Ciò che conta, in definitiva, è la causa concreta. Non vi è alcuna ragione per impedire ai privati di “procedimentalizzare” (per usare il termine delle Sezioni Unite) le varie fasi della loro contrattazione, se non in virtù del principio di autonomia contrattuale sancito dall’art. 1322 (Autonomia contrattuale) e 1374 (Integrazione del contratto) cod. civ., almeno in ossequio ai principi costituzionali in materia di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), giacché non esiste alcuna norma o principio giuridico desumibile dal nostro ordinamento che possa impedire ai privati un’attività di intensificazione contrattuale di carattere prettamente contenutistica volta anche ad accertare – come, appunto, rileva la sentenza – la persona del venditore, la libertà del bene e la sua regolarità dal punto di vista urbanistico ed impiantistico.
Non nego che tale fase, come rileva il precedente giurisprudenziale n°8038/2009, sempre a firma della Cassazione, che costituisce il precedente cui si discosta la sentenza in discorso, possa ingenerare confusione e convengo che sarebbe da considerarsi sicuramente inutile un accordo meramente ripetitivo di una volontà negoziale già espressa, che si sostanzi in una reiterazione pedissequa di un altro contratto, ma lo stesso non puo’ certo dirsi laddove le parti pongano in essere un’attività integrativa orientata verso una maggiore puntualizzazione e precisazione di precedenti clausole pattizie.
Secondo la ricostruzione delle Sezioni Unite:
a) Può darsi il caso che nell'accordo raggiunto sia stata semplicemente esclusa l'applicabilità dell'art. 2932 c.c.: si tratta, è stato osservato, di una esclusione convenzionalmente ammessa. La conseguenza sarà che, pur ravvisandosi un contratto "preliminare" in questa scrittura che ipotizzava un successivo accordo, si potrà far luogo, in caso di inadempimento, solo al risarcimento del danno.
b) Può presentarsi l'ipotesi in cui la pattuizione della doppia fase risponda all'esigenza di una delle parti di godere del diritto di recesso, facoltà che può essere convenzionalmente prevista nel contratto preliminare e che può anche accompagnarsi alla prevista perdita di una modesta caparra penitenziale versata dal proponente l'acquisto; si tratta è stato detto, del costo del recesso da un contratto preliminare già concluso.
c) È ipotizzabile, ed è quanto andrà vagliato con particolare attenzione dai giudici di merito nel giudizio odierno, che le parti abbiano raggiunto un'intesa completa, subordinandola però a una condizione.
Tutte queste ipotesi, e le altre che sono immaginabili, sono apparentate da una conclusione che può regolare buona parte della casistica: va escluso che sia nullo il contratto che contenga la previsione della successiva stipula di un contratto preliminare, allorquando il primo accordo già contenga gli estremi del preliminare. L'assenza di causa che è stata rilevata quando si è discusso di "preliminare di preliminare" potrebbe in tali casi riguardare tutt'al più il secondo, ma non certo il primo contratto”.
E ancora:
“Dietro la stipulazione contenente la denominazione di "preliminare del preliminare" (nel senso che la conclusione dell'accordo precede la stipula del contratto preliminare) si possono dare situazioni fra loro differenti, che delineano sia figure contrattuali atipiche (quali quelle prima indicate), ma alle quali corrisponde una "causa concreta" meritevole di tutela; sia stadi prenegoziali molto avanzati, cui corrisponde un vincolo obbligatorio di carattere ancora prenegoziale (almeno fra le parti del contratto in relazione al quale si assuma un impegno volto alla successiva stipula di un contratto preliminare) che vede intensificato e meglio praticato l'obbligo di buona fede di cui all'art. 1337 c.c..”.
La Suprema Corte così ragiona:
“È stato autorevolmente sostenuto che se mancano violazioni di una legge imperativa, non v'è motivo per giudicare inammissibili procedimenti contrattuali graduali, la cui utilità sia riscontrata dalle parti con pattuizioni che lasciano trasparire l'interesse perseguito, in sé meritevole di tutela, a una negoziazione consapevole e informata. Le posizioni di coloro che pongono l'alternativa "preliminare o definitivo" amputano le forme dell'autonomia privata, sia quando vogliono rintracciare ad ogni costo il contratto preliminare in qualunque accordo iniziale, sia quando ravvisano nel c.d. preliminare chiuso il contratto definitivo, passibile soltanto di riproduzione notarile.
La procedimentalizzazione della fasi contrattuali non può di per sé essere connotata da disvalore, se corrisponde a "un complesso di interessi che stanno realmente alla base dell'operazione negoziale".
È vero che occorre guardarsi da un uso "poco sorvegliato" dell'espressione preliminare di preliminare", perché l'argomento nominalistico non è neutro. Tuttavia, se ci si libera dell'ipotesi in cui appare che il primo contratto è già il contratto preliminare e che il secondo è, al più, solo la sua formalizzazione per la trascrizione, restano due "sequenze" variabili che si avvicinano:
A) quella delle mere puntuazioni in cui le parti hanno solo iniziato a discutere di un possibile affare e senza alcun vincolo fissano una possibile traccia di trattative. In questa ipotesi, quanto maggiore e specifico è il contenuto, tanto più ci si avvicina al preliminare.
B) Quella in cui il contratto non è ancora un vero preliminare, ma una puntuazione vincolante sui profili in ordine ai quali l'accordo è irrevocabilmente raggiunto, restando da concordare secondo buona fede ulteriori punti.
Si tratta di un iniziale accordo che non può configurarsi ancora come preliminare perché mancano elementi essenziali, ma che esclude che di quelli fissati si torni a discutere.
In questa ipotesi man mano che si impoverisce il contenuto determinato ci si allontana dal preliminare propriamente detto. Occorre qui ulteriormente ricordare la distinzione con l'ipotesi in cui la previsione del secondo preliminare esprime soltanto che la situaizone conoscitiva delle parti non è tale da far maturare l'accordo consapevole, ma si vuole tuttavia "bloccare l'affare", anche a rischio del risarcimento del danno negativo in caso di sopravvenuto disaccordo.
Ciò che conta chiarire è che, all'interno di una gamma di situazioni che ricevono risposte diverse, quelle contrassegnate sotto la lettera b sono riconducibili a una fase sostanzialmente precontrattuale, in cui la formazione del vincolo è limitata a una parte del regolamento. La violazione di queste intese, perpetrata in una fase successiva rimettendo in discussione questi obblighi in itinere che erano già determinati, da luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento di un'obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto, riconducibile alla terza delle categorie considerate nell'art. 1173 c.c., cioè alle obbligazioni derivanti da ogni fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico”.
Gli ermellini della Suprema così concludono:
“In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento.
Riterrà produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase contrattuale”.
Riassumendo, il giudice dovrà verificare se il primo accordo costituisce già un contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti artt. 1351 e 2932 c.c., oppure questo produce effetti obbligatori, ma con esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. In buona sostanza, il preliminare di preliminare è nullo (per difetto di causa) ove le parti si siano impegnate a concludere un successivo ulteriore contratto dal contenuto identico al primo, mentre è valido (a fronte di una causa concreta) ove le parti abbiano avuto uno specifico interesse alla formazione del vincolo negoziale in tre fasi (sequenza primo preliminare/secondo preliminare/rogito) anziché in due (sequenza preliminare/rogito).
Perché le Sezioni unite arrivano a tale conclusione? Perché non si esclude che l’accordo siglato tra le parti possa integrare già gli estremi di un contratto preliminare vero e proprio, anche in presenza di una clausola che imponga alle parti di concludere un ulteriore e successivo contratto preliminare. Infatti, la mera interpretazione letterale di una singola clausola deve sempre fare i conti con l’intero contenuto negoziale, come prescrive l’art. 1363 cod. civ. secondo cui le clausole del contratto si interpretano le une per le altre (c.d. interpretazione sistematica). Il giudice potrebbe utilizzare ulteriori criteri ermeneutici (oltre a quello letterale), quando dalle espressioni usate dalle parti, non emerga, in modo inequivoco, la volontà comune delle medesime.
Attenendosi alle indicazioni contenute nella richiamata sentenza (la soluzione delle Sezioni Unite: possono prodursi effetti già dopo la prima firma), il comportamento di chi si ritira dall’affare, dà vita ad una evidente ipotesi di responsabilità precontrattuale: il rifiuto di adempiere, integra gli estremi del c.d. recesso ingiustificato che si verifica ogniqualvolta chi ha creato un legittimo affidamento in ordine alla conclusione del contratto recede (anche incolpevolmente), provocando un danno.
In altri termini, vi sarebbe una chiara violazione del criterio di buona fede stabilito dall’art. 1337 cod. civ., avendo il recedente disatteso il legittimo affidamento ingenerato nella sua controparte. La richiesta risarcitoria da avanzare nei confronti del recedente riguarderebbe il solo interesse negativo (a non iniziare le trattative), da identificarsi con le spese sostenute (danno emergente) e con la perdita di occasioni di concludere lo stesso o altro tipo di contratto con terzi (lucro cessante), impattando l’ulteriore limite costituito dal c.d. quantum debeatur, ovverossia quale somma di denaro deve versare il soccombente, che, però, non potrà mai essere superiore a quello che sarebbe stato corrisposto in caso di conclusione del contratto e successivo inadempimento.