Santi60

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Quello che sfugge è la seguente situazione.
Secondo l'avvocatura del Comune la sentenza della cassazione ha posto una pietra tombale sulle precedenti delibere e, secondo loro, sbagliano i Comuni che ancora non si sono adeguati alla sentenza.
Per cui è inutile cercare come hanno fatto gli altri perchè è prima di settembre 2015 e quindi, secondo il Comune, senza alcun valore. E' solo Roma che si è adeguata anticipando tutti.
Certo ce ne vuole di FACCIA TOSTA ad affermare quello che dice l'Avvocatura del Comune.
Ma la stessa "Avvocatura" si è chiesta come mai la sentenza di settembre 2015 è stata la conclusione di una causa nata proprio a Roma e non in un qualsiasi altro Comune d'Italia?
Non gli è sorto il dubbio che il problema fosse stato proprio generato dal fatto che questo tipo di situazioni sono state gestite proprio a Roma in un modo indegno, ed, invece, la stessa Sentenza non ha fatto altro che confermare quello che tutti gli altri Comuni d'Italia (tranne Roma)) hanno sempre fatto e, quindi, non hanno nulla a cui adeguarsi ?!?
A volte è proprio vero l'arroganza è direttamente proporzionale all'ignoranza!
 

iteleo

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Privato Cittadino
Certo ce ne vuole di FACCIA TOSTA ad affermare quello che dice l'Avvocatura del Comune.
Ma la stessa "Avvocatura" si è chiesta come mai la sentenza di settembre 2015 è stata la conclusione di una causa nata proprio a Roma e non in un qualsiasi altro Comune d'Italia?
Non gli è sorto il dubbio che il problema fosse stato proprio generato dal fatto che questo tipo di situazioni sono state gestite proprio a Roma in un modo indegno, ed, invece, la stessa Sentenza non ha fatto altro che confermare quello che tutti gli altri Comuni d'Italia (tranne Roma)) hanno sempre fatto e, quindi, non hanno nulla a cui adeguarsi ?!?
A volte è proprio vero l'arroganza è direttamente proporzionale all'ignoranza!
Il problema è che non pagano mai di tasca loro.
Il Comune ha molti inquisiti per danno erariale quindi è meglio dire di no e poi andare in causa per scaricarsi da ogni responsabilità.
Se per ogni causa persa gli avvocati del Comune rispondessero in prima persona, il problema si sarebbe già risolto.
 

Santi60

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Professionista
Sarebbe bene ricordare alcuni servizi di Striscia la Notizia, andati in onda qualche anno fa, che mettevano in evidenza alcune stravaganze nella vendita degli immobili "PEEP".

In caso contrario si farebbe fatica a capire come mai tanti privati pretendano di lucrare partendo da acquisti a prezzi calmierati, né si comprenderebbe perché il comune dovrebbe rilasciare nulla osta alla vendita di immobili da cedere senza prezzo imposto, dopo aver stipulato convenzioni che permettano di immettere sul mercato quegli stessi immobili a prezzo calmierato.

E' invece evidente che questi immobili tutto siano stati nel passato fuorché calmierati, con il possibile beneplacito di qualche funzionario del comune, magari vicino ai grossi costruttori/cooperative.

Mettetevi nei panni di un costruttore o di una cooperativa. Un conto vendere dicendo: "tanto fra 5/10 anni rivenderai al prezzo che ti pare!" altro conto dover affermare che: "Il prezzo rimarrà calmierato per i prossimi 30 anni".

Voi mi direte. Ma tanto il prezzo risultava imposto per legge, che differenza poteva fare?

Ed io dovrei rispondervi con una faccina, magari quella dubbiosa di chi non ci capisca un granché :pollice_verso: o, più probabilmente, con quella di chi alza gli occhi al cielo :occhi_al_cielo:, consapevole che anche dalle parti della Romagna molti alloggi PEEP, alla fine, siano stati acquistati, "stranamente", da soggetti tutt'altro che disagiati.

Quindi. Ammettendo, anche solo per un attimo, che il primo acquirente, all'inizio della filiera, non abbia sborsato un importo "calmierato", innescando tutto un meccanismo tale per il quale ad ogni rivendita il proprietario in essere cercherebbe di recuperare quanto precedentemente sborsato in più... rispetto alle indicazioni della convenzione, questa potrebbe essere l'occasione per valutare quelle modifiche alla normativa in grado di assicurare più trasparenza nei processi di assegnazione degli alloggi... e sistemi di verifica più efficaci.

Che tutto si reggesse per miracolo... lo dimostra una sentenza della cassazione che, di colpo, sembrerebbe arrestare una prassi retta su interpretazioni molto discutibili delle norme... come a dire: "ci hanno sgamato, ora tutti sull'attenti".

La questione è proprio quella messa in evidenza da "CheCasa!", anzi, invece i dire 'Ammettendo, anche solo per un attimo, che il primo acquirente, all'inizio della filiera, non abbia sborsato un importo "calmierato"', io direi "Considerando che, se non nella totalità dei casi, è stata prassi comune che neanche i primi acquirenti, all'inizio della filiera, abbiano potuto godere dell’agevolazione di un importo "calmierato", ma abbiano quasi tutti pagato un importo ben più alto'.

Infatti, come ho avuto modo di spiegare in un altro mio post di questa discussione, sia per mia esperienza personale, sia per le informazioni scambiate, durante gli ultimi 25 anni, con numerosissimi primi acquirenti di questa tipologia di alloggi, non ho notizia di alcuno dei primi acquirenti che abbia effettivamente pagato il prezzo entro il tetto massimo di cessione previsto dalle convenzioni con il Comune. Alcuni, come nel mio caso, abbiamo pagato un prezzo maggiorato (stiamo parlando, in media, di una differenza di circa 18 Milioni di Lire Italiane, che nel 1990 non erano proprio una sommetta da buttar via, dato che qualcuno ci metteva uno o due anni per prenderli di stipendio!) palesemente mostrato anche nei rogiti notarili (tramite l’escamotage di non allegare la prevista lista dei prezzi massimi in una situazione di vera e propria connivenza fra impresa costruttrice e notaio, protetta dall’omissione di controllo del Comune di Roma); altri, in aggiunta al prezzo calmierato esposto nel rogito (probabilmente perché, nel frattempo, il cambio ai vertici degli uffici Comunali preposti, non consentiva più di nascondere la famosa lista dei prezzi massimi) hanno dovuto pagare (prima di potersi sedere al tavolo del rogito) un non trascurabile importo “in nero”, a volte sotto il ricatto di non vedersi consegnato l’alloggio, altre volte indotti nell’errata vana speranza di risparmiare sulle tasse per la compravendita, non sapendo che quelle poche centinaia di migliaia di lire risparmiate per l’IVA (che anche l’impresa costruttrice evitava di versare) li avrebbe posti nelle condizioni di non poter neanche affermare quanto, in realtà, avessero pagato l’appartamento!

Comunque, non ho letto tutte le centinaia di pagine di questa nutrita discussione, ma ho visto alcuni commenti che dipingono anche i primi acquirenti come SPECULATORI alla stessa stregua delle imprese costruttrici che hanno lucrato sui maggiori importi non dovuti ma incassati, senza considerare i notai compiacenti che hanno avuto, dalle stesse imprese, il regalo di essere imposti nei preliminari di compravendita, stipulando centinaia, se non migliaia, di atti tutti uguali, con guadagni enormi non giustificati dall’effettivo lavoro svolto e con l’aggravante di difendere gli interessi della sola impresa venditrice!

Ebbene, inviterei chi ha espresso questi giudizi anche sui primi acquirenti, etichettandoli come “SPECULATORI”, di pensarci bene e, quantomeno, informarsi se questo sia effettivamente il caso. A questo proposito allego un esposto (ovviamente con parti oscurate per ovvi motivi di privacy), che un gruppo di “primi acquirenti”, dopo 5 anni di un’inutile azione legale puntualmente resa vana dal ben noto andazzo della “Giustizia” Civile in Italia, abbiamo inviato nel lontano gennaio 1996 a:

1) Comune di Roma (Rip.ne XVI – Edilizia Economica e Popolare);

2) Al Sindaco del Comune di Roma;

3) Al Procuratore della Repubblica.

Penso che tutti abbiate intuito che né la Rip.ne XVI, né il Sindaco pro tempore hanno mai risposto, ma ho avuto solo la vana soddisfazione che l’Ufficiale di Polizia, dal quale sono stato convocato per la mia deposizione, alla fine mi ha detto: “questa è proprio una TRUFFA ben organizzata, inoltro subito il tutto al Procuratore”. Per la verità, da quanto mi disse lo stesso Ufficiale di Polizia, il Procuratore aveva portato avanti le indagini per qualche settimana, ma poi era stato “trasferito” al nord e non era sicuro se qualcun altro ne avrebbe continuato il lavoro, oppure il tutto sarebbe stato archiviato (dalle mie parti si dice “insabbiato”!).

In definitiva, dopo tutto quello che abbiamo tentato, per far rispettare, nei nostri confronti, il vincolo del prezzo massimo, come ci si può permettere di definirci “SPECULATORI”?

Cosa avremmo potuto fare di più per ottenere un minimo di Giustizia?

Ci meritiamo che lo stesso Comune di Roma, i cui “Funzionari”, a suo tempo, sono stati complici di quanto avvenuto, pretenda ora di incassare ulteriori ingenti somme dalle stesse persone che, quando doveva, non ha protetto, e, per di più, utilizzando adesso un’interpretazione estensiva e di parte di una sentenza e di una legge (la 448/98) e che è, invece, estremamente chiara ed è stata già applicata in modo puntuale da tutti gli altri Comuni d’Italia?
 

Allegati

  • Esposto alla Procura della Repubblica (parti omesse per privacy) rid_Redacted.pdf
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robert50

Membro Attivo
Privato Cittadino
La questione è proprio quella messa in evidenza da "CheCasa!", anzi, invece i dire 'Ammettendo, anche solo per un attimo, che il primo acquirente, all'inizio della filiera, non abbia sborsato un importo "calmierato"', io direi "Considerando che, se non nella totalità dei casi, è stata prassi comune che neanche i primi acquirenti, all'inizio della filiera, abbiano potuto godere dell’agevolazione di un importo "calmierato", ma abbiano quasi tutti pagato un importo ben più alto'.

Infatti, come ho avuto modo di spiegare in un altro mio post di questa discussione, sia per mia esperienza personale, sia per le informazioni scambiate, durante gli ultimi 25 anni, con numerosissimi primi acquirenti di questa tipologia di alloggi, non ho notizia di alcuno dei primi acquirenti che abbia effettivamente pagato il prezzo entro il tetto massimo di cessione previsto dalle convenzioni con il Comune. Alcuni, come nel mio caso, abbiamo pagato un prezzo maggiorato (stiamo parlando, in media, di una differenza di circa 18 Milioni di Lire Italiane, che nel 1990 non erano proprio una sommetta da buttar via, dato che qualcuno ci metteva uno o due anni per prenderli di stipendio!) palesemente mostrato anche nei rogiti notarili (tramite l’escamotage di non allegare la prevista lista dei prezzi massimi in una situazione di vera e propria connivenza fra impresa costruttrice e notaio, protetta dall’omissione di controllo del Comune di Roma); altri, in aggiunta al prezzo calmierato esposto nel rogito (probabilmente perché, nel frattempo, il cambio ai vertici degli uffici Comunali preposti, non consentiva più di nascondere la famosa lista dei prezzi massimi) hanno dovuto pagare (prima di potersi sedere al tavolo del rogito) un non trascurabile importo “in nero”, a volte sotto il ricatto di non vedersi consegnato l’alloggio, altre volte indotti nell’errata vana speranza di risparmiare sulle tasse per la compravendita, non sapendo che quelle poche centinaia di migliaia di lire risparmiate per l’IVA (che anche l’impresa costruttrice evitava di versare) li avrebbe posti nelle condizioni di non poter neanche affermare quanto, in realtà, avessero pagato l’appartamento!

Comunque, non ho letto tutte le centinaia di pagine di questa nutrita discussione, ma ho visto alcuni commenti che dipingono anche i primi acquirenti come SPECULATORI alla stessa stregua delle imprese costruttrici che hanno lucrato sui maggiori importi non dovuti ma incassati, senza considerare i notai compiacenti che hanno avuto, dalle stesse imprese, il regalo di essere imposti nei preliminari di compravendita, stipulando centinaia, se non migliaia, di atti tutti uguali, con guadagni enormi non giustificati dall’effettivo lavoro svolto e con l’aggravante di difendere gli interessi della sola impresa venditrice!

Ebbene, inviterei chi ha espresso questi giudizi anche sui primi acquirenti, etichettandoli come “SPECULATORI”, di pensarci bene e, quantomeno, informarsi se questo sia effettivamente il caso. A questo proposito allego un esposto (ovviamente con parti oscurate per ovvi motivi di privacy), che un gruppo di “primi acquirenti”, dopo 5 anni di un’inutile azione legale puntualmente resa vana dal ben noto andazzo della “Giustizia” Civile in Italia, abbiamo inviato nel lontano gennaio 1996 a:

1) Comune di Roma (Rip.ne XVI – Edilizia Economica e Popolare);

2) Al Sindaco del Comune di Roma;

3) Al Procuratore della Repubblica.

Penso che tutti abbiate intuito che né la Rip.ne XVI, né il Sindaco pro tempore hanno mai risposto, ma ho avuto solo la vana soddisfazione che l’Ufficiale di Polizia, dal quale sono stato convocato per la mia deposizione, alla fine mi ha detto: “questa è proprio una TRUFFA ben organizzata, inoltro subito il tutto al Procuratore”. Per la verità, da quanto mi disse lo stesso Ufficiale di Polizia, il Procuratore aveva portato avanti le indagini per qualche settimana, ma poi era stato “trasferito” al nord e non era sicuro se qualcun altro ne avrebbe continuato il lavoro, oppure il tutto sarebbe stato archiviato (dalle mie parti si dice “insabbiato”!).

In definitiva, dopo tutto quello che abbiamo tentato, per far rispettare, nei nostri confronti, il vincolo del prezzo massimo, come ci si può permettere di definirci “SPECULATORI”?

Cosa avremmo potuto fare di più per ottenere un minimo di Giustizia?

Ci meritiamo che lo stesso Comune di Roma, i cui “Funzionari”, a suo tempo, sono stati complici di quanto avvenuto, pretenda ora di incassare ulteriori ingenti somme dalle stesse persone che, quando doveva, non ha protetto, e, per di più, utilizzando adesso un’interpretazione estensiva e di parte di una sentenza e di una legge (la 448/98) e che è, invece, estremamente chiara ed è stata già applicata in modo puntuale da tutti gli altri Comuni d’Italia?
Speriamo che l'Assessore in pectore prof Berdini urbanista di fama internazionale abbia ben presente tutta la problematica : comunque una rinfrescatina su quanto è accaduto a Roma gli andrebbe data,sarebbe sufficiente che leggesse questo forum.
 

antari

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Speriamo che l'Assessore in pectore prof Berdini urbanista di fama internazionale abbia ben presente tutta la problematica : comunque una rinfrescatina su quanto è accaduto a Roma gli andrebbe data,sarebbe sufficiente che leggesse questo forum.
Invitiamo il prof. Berdini a leggere questo forum:idea:;) anzi , invitiamo anche tutti i dirigenti dell'urbanistica a leggere questo forum , troveranno tantissimi documenti su cui lavorare:)
 
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Santi60

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Io ho comprato nel 95 , mai ricevuta tale lista al rogito ed ancora oggi non so se esiste una tabella.
Ecco un altra conferma da "Nicestar" di quanto ho scritto sopra. Anche nel suo caso siamo in presenza di una "Lista Fantasma": il solito trucco del Costruttore e del Notaio per applicare un prezzo più alto!
 

Santi60

Membro Attivo
Professionista
Un altro aspetto che non è stato preso in considerazione con la dovuta attenzione è quello della tassazione. Infatti, per fare un esempio con il mio appartamento, quando è stata istituita l’ICI, in assenza dei dati di classamento, ancora in fase di elaborazione dall’U.T.E. di Roma, avevo utilizzato, nel 1998, una rendita catastale presunta che si basava, ovviamente, sulla categoria catastale A03, cioè “Abitazione di tipo economico”, per l’ovvia considerazione che si trattava di un programma costruttivo di “edilizia economica e popolare”.

Invece, nel 2000, mi è arrivata una bella raccomandata dal “Dirigente Responsabile dell’ICI” del Comune di Roma con la quale mi ha notificato che la nuova rendita catastale effettivamente attribuita al mio alloggio si basa sulla Categoria Catastale A02, e, quindi ho dovuto pagare la differenza ICI per gli anni dal 1998 al 2000 e, per tutti gli anni futuri, ho pagato l’ICI, successivamente rinominate in IMU e TASI, in base ad una più alta rendita catastale e, cioè, un valore imponibile maggiore.

In pratica, secondo il Comune di Roma, si tratta di “Abitazione di tipo civile”, che, per definizione, sarebbe un’Unità immobiliare appartenente a fabbricati con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello rispondenti alle locali richieste di mercato per fabbricati di tipo residenziale. Ma questo non è in netta antitesi con un appartamento che, invece, a causa della ben nota concessione in diritto di superficie e della Sentenza oggetto di questa discussione non può essere venduta a prezzo di mercato?

In altre parole, quando si tratta di riscuotere le tasse siamo in possesso di un bene ad alto valore di mercato, mentre, se volessimo venderlo, dovremmo applicare un prezzo "calmierato" da Edilizia Economica e Popolare!

Come si dice, il danno oltre la Beffa!

Infine, da un calcolo che ho fatto, considerando la rivalutazione ISTAT del prezzo massimo da convenzione, ma riducendolo del 20% in base al coefficiente di vetustà, anch’esso specificato nella stessa convenzione di cessione del Diritto di Superficie, otterrei un prezzo massimo attuale inferiore alla valore catastale. Questo significa che, in caso di vendita secondo il prezzo “calmierato”, l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiedermi conto e ragione per aver applicato un prezzo inferiore a quello minimo da utilizzare nella compravendita basato, appunto, sul valore catastale ed, eventualmente, potrebbe anche chiedermi il pagamento di tasse aggiuntive (oltre che interessi e sanzioni) procedendo d’ufficio alla rivalutazione del prezzo dichiarato nel contratto di compravendita. L’ipotesi che ho fatto non è del tutto infondata poiché, come tutti sappiamo, i vari organi della P.A., quando non gli conviene, fanno finta di non condividere le informazioni importanti e, per evitare ulteriori sanzioni, occorre prima pagare e poi, chiedere il rimborso con procedure piuttosto complicate e viziate dal famoso “silenzio-rifiuto” che, spesso, necessitano ulteriori passi formali e spese con coinvolgimento di professionisti specializzati, se non addirittura procedure a carattere legale.

Questa sì che è !Giustizia”!
 

antari

Membro Attivo
Privato Cittadino
Un altro aspetto che non è stato preso in considerazione con la dovuta attenzione è quello della tassazione. Infatti, per fare un esempio con il mio appartamento, quando è stata istituita l’ICI, in assenza dei dati di classamento, ancora in fase di elaborazione dall’U.T.E. di Roma, avevo utilizzato, nel 1998, una rendita catastale presunta che si basava, ovviamente, sulla categoria catastale A03, cioè “Abitazione di tipo economico”, per l’ovvia considerazione che si trattava di un programma costruttivo di “edilizia economica e popolare”.

Invece, nel 2000, mi è arrivata una bella raccomandata dal “Dirigente Responsabile dell’ICI” del Comune di Roma con la quale mi ha notificato che la nuova rendita catastale effettivamente attribuita al mio alloggio si basa sulla Categoria Catastale A02, e, quindi ho dovuto pagare la differenza ICI per gli anni dal 1998 al 2000 e, per tutti gli anni futuri, ho pagato l’ICI, successivamente rinominate in IMU e TASI, in base ad una più alta rendita catastale e, cioè, un valore imponibile maggiore.

In pratica, secondo il Comune di Roma, si tratta di “Abitazione di tipo civile”, che, per definizione, sarebbe un’Unità immobiliare appartenente a fabbricati con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello rispondenti alle locali richieste di mercato per fabbricati di tipo residenziale. Ma questo non è in netta antitesi con un appartamento che, invece, a causa della ben nota concessione in diritto di superficie e della Sentenza oggetto di questa discussione non può essere venduta a prezzo di mercato?

In altre parole, quando si tratta di riscuotere le tasse siamo in possesso di un bene ad alto valore di mercato, mentre, se volessimo venderlo, dovremmo applicare un prezzo "calmierato" da Edilizia Economica e Popolare!

Come si dice, il danno oltre la Beffa!

Infine, da un calcolo che ho fatto, considerando la rivalutazione ISTAT del prezzo massimo da convenzione, ma riducendolo del 20% in base al coefficiente di vetustà, anch’esso specificato nella stessa convenzione di cessione del Diritto di Superficie, otterrei un prezzo massimo attuale inferiore alla valore catastale. Questo significa che, in caso di vendita secondo il prezzo “calmierato”, l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiedermi conto e ragione per aver applicato un prezzo inferiore a quello minimo da utilizzare nella compravendita basato, appunto, sul valore catastale ed, eventualmente, potrebbe anche chiedermi il pagamento di tasse aggiuntive (oltre che interessi e sanzioni) procedendo d’ufficio alla rivalutazione del prezzo dichiarato nel contratto di compravendita. L’ipotesi che ho fatto non è del tutto infondata poiché, come tutti sappiamo, i vari organi della P.A., quando non gli conviene, fanno finta di non condividere le informazioni importanti e, per evitare ulteriori sanzioni, occorre prima pagare e poi, chiedere il rimborso con procedure piuttosto complicate e viziate dal famoso “silenzio-rifiuto” che, spesso, necessitano ulteriori passi formali e spese con coinvolgimento di professionisti specializzati, se non addirittura procedure a carattere legale.

Questa sì che è !Giustizia”!
questa si che è INGIUSTIZIA!!!!:basito:
 

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