antari

Membro Attivo
Privato Cittadino
Un altro aspetto che non è stato preso in considerazione con la dovuta attenzione è quello della tassazione. Infatti, per fare un esempio con il mio appartamento, quando è stata istituita l’ICI, in assenza dei dati di classamento, ancora in fase di elaborazione dall’U.T.E. di Roma, avevo utilizzato, nel 1998, una rendita catastale presunta che si basava, ovviamente, sulla categoria catastale A03, cioè “Abitazione di tipo economico”, per l’ovvia considerazione che si trattava di un programma costruttivo di “edilizia economica e popolare”.

Invece, nel 2000, mi è arrivata una bella raccomandata dal “Dirigente Responsabile dell’ICI” del Comune di Roma con la quale mi ha notificato che la nuova rendita catastale effettivamente attribuita al mio alloggio si basa sulla Categoria Catastale A02, e, quindi ho dovuto pagare la differenza ICI per gli anni dal 1998 al 2000 e, per tutti gli anni futuri, ho pagato l’ICI, successivamente rinominate in IMU e TASI, in base ad una più alta rendita catastale e, cioè, un valore imponibile maggiore.

In pratica, secondo il Comune di Roma, si tratta di “Abitazione di tipo civile”, che, per definizione, sarebbe un’Unità immobiliare appartenente a fabbricati con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello rispondenti alle locali richieste di mercato per fabbricati di tipo residenziale. Ma questo non è in netta antitesi con un appartamento che, invece, a causa della ben nota concessione in diritto di superficie e della Sentenza oggetto di questa discussione non può essere venduta a prezzo di mercato?

In altre parole, quando si tratta di riscuotere le tasse siamo in possesso di un bene ad alto valore di mercato, mentre, se volessimo venderlo, dovremmo applicare un prezzo "calmierato" da Edilizia Economica e Popolare!

Come si dice, il danno oltre la Beffa!

Infine, da un calcolo che ho fatto, considerando la rivalutazione ISTAT del prezzo massimo da convenzione, ma riducendolo del 20% in base al coefficiente di vetustà, anch’esso specificato nella stessa convenzione di cessione del Diritto di Superficie, otterrei un prezzo massimo attuale inferiore alla valore catastale. Questo significa che, in caso di vendita secondo il prezzo “calmierato”, l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiedermi conto e ragione per aver applicato un prezzo inferiore a quello minimo da utilizzare nella compravendita basato, appunto, sul valore catastale ed, eventualmente, potrebbe anche chiedermi il pagamento di tasse aggiuntive (oltre che interessi e sanzioni) procedendo d’ufficio alla rivalutazione del prezzo dichiarato nel contratto di compravendita. L’ipotesi che ho fatto non è del tutto infondata poiché, come tutti sappiamo, i vari organi della P.A., quando non gli conviene, fanno finta di non condividere le informazioni importanti e, per evitare ulteriori sanzioni, occorre prima pagare e poi, chiedere il rimborso con procedure piuttosto complicate e viziate dal famoso “silenzio-rifiuto” che, spesso, necessitano ulteriori passi formali e spese con coinvolgimento di professionisti specializzati, se non addirittura procedure a carattere legale.

Questa sì che è !Giustizia”!
praticamente..." UNA OPERAZIONE DI EQUITA' :confuso:..... al centro ci sono appartamenti lussuosi accatastati A4 "popolare " e A3 "economica" :shock:
 
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fab74

Membro Ordinario
Privato Cittadino
La questione è proprio quella messa in evidenza da "CheCasa!", anzi, invece i dire 'Ammettendo, anche solo per un attimo, che il primo acquirente, all'inizio della filiera, non abbia sborsato un importo "calmierato"', io direi "Considerando che, se non nella totalità dei casi, è stata prassi comune che neanche i primi acquirenti, all'inizio della filiera, abbiano potuto godere dell’agevolazione di un importo "calmierato", ma abbiano quasi tutti pagato un importo ben più alto'.

Infatti, come ho avuto modo di spiegare in un altro mio post di questa discussione, sia per mia esperienza personale, sia per le informazioni scambiate, durante gli ultimi 25 anni, con numerosissimi primi acquirenti di questa tipologia di alloggi, non ho notizia di alcuno dei primi acquirenti che abbia effettivamente pagato il prezzo entro il tetto massimo di cessione previsto dalle convenzioni con il Comune. Alcuni, come nel mio caso, abbiamo pagato un prezzo maggiorato (stiamo parlando, in media, di una differenza di circa 18 Milioni di Lire Italiane, che nel 1990 non erano proprio una sommetta da buttar via, dato che qualcuno ci metteva uno o due anni per prenderli di stipendio!) palesemente mostrato anche nei rogiti notarili (tramite l’escamotage di non allegare la prevista lista dei prezzi massimi in una situazione di vera e propria connivenza fra impresa costruttrice e notaio, protetta dall’omissione di controllo del Comune di Roma); altri, in aggiunta al prezzo calmierato esposto nel rogito (probabilmente perché, nel frattempo, il cambio ai vertici degli uffici Comunali preposti, non consentiva più di nascondere la famosa lista dei prezzi massimi) hanno dovuto pagare (prima di potersi sedere al tavolo del rogito) un non trascurabile importo “in nero”, a volte sotto il ricatto di non vedersi consegnato l’alloggio, altre volte indotti nell’errata vana speranza di risparmiare sulle tasse per la compravendita, non sapendo che quelle poche centinaia di migliaia di lire risparmiate per l’IVA (che anche l’impresa costruttrice evitava di versare) li avrebbe posti nelle condizioni di non poter neanche affermare quanto, in realtà, avessero pagato l’appartamento!

Comunque, non ho letto tutte le centinaia di pagine di questa nutrita discussione, ma ho visto alcuni commenti che dipingono anche i primi acquirenti come SPECULATORI alla stessa stregua delle imprese costruttrici che hanno lucrato sui maggiori importi non dovuti ma incassati, senza considerare i notai compiacenti che hanno avuto, dalle stesse imprese, il regalo di essere imposti nei preliminari di compravendita, stipulando centinaia, se non migliaia, di atti tutti uguali, con guadagni enormi non giustificati dall’effettivo lavoro svolto e con l’aggravante di difendere gli interessi della sola impresa venditrice!

Ebbene, inviterei chi ha espresso questi giudizi anche sui primi acquirenti, etichettandoli come “SPECULATORI”, di pensarci bene e, quantomeno, informarsi se questo sia effettivamente il caso. A questo proposito allego un esposto (ovviamente con parti oscurate per ovvi motivi di privacy), che un gruppo di “primi acquirenti”, dopo 5 anni di un’inutile azione legale puntualmente resa vana dal ben noto andazzo della “Giustizia” Civile in Italia, abbiamo inviato nel lontano gennaio 1996 a:

1) Comune di Roma (Rip.ne XVI – Edilizia Economica e Popolare);

2) Al Sindaco del Comune di Roma;

3) Al Procuratore della Repubblica.

Penso che tutti abbiate intuito che né la Rip.ne XVI, né il Sindaco pro tempore hanno mai risposto, ma ho avuto solo la vana soddisfazione che l’Ufficiale di Polizia, dal quale sono stato convocato per la mia deposizione, alla fine mi ha detto: “questa è proprio una TRUFFA ben organizzata, inoltro subito il tutto al Procuratore”. Per la verità, da quanto mi disse lo stesso Ufficiale di Polizia, il Procuratore aveva portato avanti le indagini per qualche settimana, ma poi era stato “trasferito” al nord e non era sicuro se qualcun altro ne avrebbe continuato il lavoro, oppure il tutto sarebbe stato archiviato (dalle mie parti si dice “insabbiato”!).

In definitiva, dopo tutto quello che abbiamo tentato, per far rispettare, nei nostri confronti, il vincolo del prezzo massimo, come ci si può permettere di definirci “SPECULATORI”?

Cosa avremmo potuto fare di più per ottenere un minimo di Giustizia?

Ci meritiamo che lo stesso Comune di Roma, i cui “Funzionari”, a suo tempo, sono stati complici di quanto avvenuto, pretenda ora di incassare ulteriori ingenti somme dalle stesse persone che, quando doveva, non ha protetto, e, per di più, utilizzando adesso un’interpretazione estensiva e di parte di una sentenza e di una legge (la 448/98) e che è, invece, estremamente chiara ed è stata già applicata in modo puntuale da tutti gli altri Comuni d’Italia?

È chiaro che non si può generalizzare, ci sono casi esattamente opposti a questo dove si può affermare tranquillamente che i primi acquirenti hanno speculato e, specie dove c'è un rifiuto a pagare l'affrancazione costringendo i secondi acquirenti a costosissime cause, oggi continuano a farlo sulla pelle di chi ha comprato a prezzi di mercato e si trova pure l'immobile svalutato.
Molti, specie chi ha acquistato nei piani di zona più nuovi a cavallo tra lira ed euro ed ha rivenduto recentemente, dovrebbero ringraziare il cielo tutte le mattine per l'inerzia del comune. Parliamo di guadagni di circa 150/200 mila € neanche in 10 anni, questi come li chiamiamo?
 
A

Andrea Fiocco

Ospite
Allego DELIBERA N. 36/2016 emessa dalla Giunta Regionale del Lazio.

Leggete con particolare attenzione il punto 10 della delibera avente il seguente titolo: "Applicazione del Piano casa nei piani di zona di cui alla legge 167/1962".
 

Allegati

  • delibera n. 36_2016 della Giunta Regionale_REGIONE LAZIO.pdf
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Santi60

Membro Attivo
Professionista
È chiaro che non si può generalizzare, ci sono casi esattamente opposti a questo dove si può affermare tranquillamente che i primi acquirenti hanno speculato e, specie dove c'è un rifiuto a pagare l'affrancazione costringendo i secondi acquirenti a costosissime cause, oggi continuano a farlo sulla pelle di chi ha comprato a prezzi di mercato e si trova pure l'immobile svalutato.
Molti, specie chi ha acquistato nei piani di zona più nuovi a cavallo tra lira ed euro ed ha rivenduto recentemente, dovrebbero ringraziare il cielo tutte le mattine per l'inerzia del comune. Parliamo di guadagni di circa 150/200 mila € neanche in 10 anni, questi come li chiamiamo?

Ovviamente concordo con fab74 che non si può generalizzare e ci potrebbe essere qualche caso opposto a quanto da me indicato in precedenti post.
Comunque, fino ad ora, io non ho notizia di tali casi opposti.

Proprio la settimana scorsa, l'Amministratore del mio Condominio, che ne gestisce parecchi altri realizzati con la stessa legge del Diritto di Superficie, mentre firmava le copie del regolamento condominiale e la Dichiarazione di Atto Notorio richiesta per la procedura di "Affrancazione dal prezzo massimo", mi ha confermato una situazione identica per tutti gli altri condomini che gestisce.

Anzi, ha aggiunto che anche lui si trova nella stessa situazione di aver comprato il suo appartamento, come primo acquirente, ad un prezzo maggiorato (mi ha parlato di 50.000.000 Lit !) proprio nel periodo a cavallo tra Lira ed Euro, quando il controllo sui pagamenti in contanti non era così stringente come adesso. L'unica differenza rispetto al mio caso avvenuto 10 anni prima, è che, non potendo più nascondere la Lista dei prezzi massimi (che a partire dal 1995, o giù di li, è diventata accessibile grazie alla procedura di "Accesso agli atti della P.A."), il meccanismo, non del tutto legale, messo in atto dal costruttore è stato quello di evitare il contratto preliminare, ma consentire il "blocco dell'appartamento" versando una caparra a fronte di una "prenotazione" non registrata , da cestinare appena prima del rogito. Successivamente, nello stesso giorno fissato per il rogito notarile, mi è stata descritta questa procedura: un incontro faccia a faccia in uno stanzino dello studio del "Notaio" durante il quale consegnare una busta con il contante della maggiorazione "in nero" del prezzo, prima di andare al tavolo "ufficiale" per la firma del rogito, basato, questa volta sul prezzo massimo e su pagamenti "ufficiali" con assegni circolari.
Certo ci si poteva rifiutare di sottostare a questa TRUFFA, ma non sempre la parte più debole (l'acquirente) è in grado di farlo, sia perché non può perdere la somma versata in fase di "prenotazione", sia perché la disponibilità dell'alloggio è spesso indispensabile per alcuni importanti eventi successivi (nel caso in questione c'era già un matrimonio completamente organizzato il mese dopo ...).
 

Santi60

Membro Attivo
Professionista
Allego DELIBERA N. 36/2016 emessa dalla Giunta Regionale del Lazio.

Leggete con particolare attenzione il punto 10 della delibera avente il seguente titolo: "Applicazione del Piano casa nei piani di zona di cui alla legge 167/1962".
E' una delibera interessante, ma non aggiunge nulla a quello che ormai è noto a tutti e, cioè che il vincolo del prezzo delle convenzioni originarie esiste e la sua non applicazione è stata causata da errate interpretazione (e Sentenze) precedenti.
Ma quello che non viene affrontato in tale Delibera è la frase incidentale della sentenza citata: "in assenza di convenzione ad hoc (da redigere in forma pubblica e soggetta a trascrizione)" ed il problema è proprio quello di stabilire in modo definitivo e, soprattutto, conforme all'art. 31 della Legge 448/98 che cosa si debba intendere con "convenzione ad hoc", poiché, nella legge sopra citata, di possibili convenzioni integrative ce ne sono DUE:
a) quella secondo il comma 46 (trasformazione)
b) quella secondo i commi 49-bis e 49-ter (affrancazione).

In più, come più volte citato, dato che la convenzione secondo il comma 46 prevede una durata ben specificata di 20 anni, che cosa potrebbe succedere, dopo i 20 anni dalla convenzione originaria, se non la definitiva scadenza di tutti gli altri vincoli della convenzione come, ad esempio, quello del prezzo che deve essere riportato nella nuova convenzione integrativa, visto che il vincolo della proprietà superficiaria scade immediatamente con la firma della convenzione integrativa?
Altrimenti a cosa servirebbe specificare una scadenza ventennale?
 

mrc70

Membro Junior
Privato Cittadino
E' una delibera interessante, ma non aggiunge nulla a quello che ormai è noto a tutti e, cioè che il vincolo del prezzo delle convenzioni originarie esiste e la sua non applicazione è stata causata da errate interpretazione (e Sentenze) precedenti.
Ma quello che non viene affrontato in tale Delibera è la frase incidentale della sentenza citata: "in assenza di convenzione ad hoc (da redigere in forma pubblica e soggetta a trascrizione)" ed il problema è proprio quello di stabilire in modo definitivo e, soprattutto, conforme all'art. 31 della Legge 448/98 che cosa si debba intendere con "convenzione ad hoc", poiché, nella legge sopra citata, di possibili convenzioni integrative ce ne sono DUE:
a) quella secondo il comma 46 (trasformazione)
b) quella secondo i commi 49-bis e 49-ter (affrancazione).

In più, come più volte citato, dato che la convenzione secondo il comma 46 prevede una durata ben specificata di 20 anni, che cosa potrebbe succedere, dopo i 20 anni dalla convenzione originaria, se non la definitiva scadenza di tutti gli altri vincoli della convenzione come, ad esempio, quello del prezzo che deve essere riportato nella nuova convenzione integrativa, visto che il vincolo della proprietà superficiaria scade immediatamente con la firma della convenzione integrativa?
Altrimenti a cosa servirebbe specificare una scadenza ventennale?

Secondo me questo punto è forse il più delicato della questione. Infatti nel caso in cui sia intervenuta la "nuova convenzione" mediante l'atto di trasformazione non ha più significato la stipula di una convenzione di affrancazione. Faccio notare l'atto di trasformazione corrisponde alla stipula della nuova convenzione citata. L'atto di trasformazione non è altro che la copia del modello di convenzione deliberato da Roma Capitale del 2003. Sul sito dell'urbanistica si trova la delibera ed il modello e sull'atto stipulato con il Comune si legge che scaduti i termini della convenzione l'immobile è libero da qualsiasi vincolo. Per tutti coloro che dovranno quindi stipulare un atto di affrancazione successivo all'atto di trasformazione c'è il problema che si andrebbe in teoria a stipulare un atto su un vincolo non esistente. L'eliminazione di tutti i vincoli con la trasformazione è ribadita anche dal parere del notariato del 2012.
 

Giuseppe Di Piero

Membro Attivo
Professionista
Ovviamente concordo con fab74 che non si può generalizzare e ci potrebbe essere qualche caso opposto a quanto da me indicato in precedenti post.
Comunque, fino ad ora, io non ho notizia di tali casi opposti.
In realtà, i casi opposti sono la regola!!!
A mio parere la Legge non può tutelare che chi ha infranto le norme pagando in nero.
In ogni caso, secondo me, aver pagato in nero 10 o 20 milioni di lire, anche da un punto vista etico, non può giustificare una plusvlenza di 200.000 euro.
Porto un esempio di Casale del Castellaccio dove nel 2008 sono stati assegnati da cooperativa a soci appartamenti al prezzo di € 110.000 al lordo del contributo regionale di € 35.000 (quindi l'assegnatario ha pagato € 75.000 ).
Gli stessi appartamenti nel 2013 sono stati rivenduti ad € 485.000 senza pagare neppure l'imposta sulla plusvalenza perchè erano trascorsi cinque anni e la vendita avveniva tra privati. E' normale?
 

Santi60

Membro Attivo
Professionista
In realtà, i casi opposti sono la regola!!!
A mio parere la Legge non può tutelare che chi ha infranto le norme pagando in nero.
In ogni caso, secondo me, aver pagato in nero 10 o 20 milioni di lire, anche da un punto vista etico, non può giustificare una plusvlenza di 200.000 euro.
Porto un esempio di Casale del Castellaccio dove nel 2008 sono stati assegnati da cooperativa a soci appartamenti al prezzo di € 110.000 al lordo del contributi regionale di € 35.000 (quindi l'assegnatario ha pagato € 75.000 ).
Gli stessi appartamenti nel 2013 sono stati rivenduti ad € 485.000 senza pagare neppure l'imposta sulla plusvalenza perchè erano trascorsi cinque anni e la vendita avveniva tra privati. E' normale?

Io non parlavo di soci di cooperative, ma mi riferivo a compravendite fatte tra privati, privi di qualsiasi legame societario (e quindi di qualsiasi tipo di controllo), ed imprese costruttrici/venditrici. Siamo quindi in presenza di situazioni piuttosto differenti.

Non ho certo scritto che la Legge debba tutelare chi ha pagato in nero, ma se lo hanno fatto vuol dire che non potevano fare ALTRIMENTI (salvo andare a vivere sotto un ponte oppure restare coi i genitori anche da sposati).

Certo in casi come quello della cooperativa citata, non posso che concordare che siano situazioni da non tollerare, anzi punire, ma è altrettanto giusto che siano da tutelare gli acquirenti che hanno cercato di rispettare le Leggi in vigore (pretendendo che il prezzo riportato nel rogito fosse quello effettivamente pagato oltre i limiti di prezzo massimo, ma che non sono stati tutelati affatto, a suo tempo, nonostante una causa civile, intentata contro l'impresa venditrice, ed un esposto a Comune ed a Procura della Repubblica, entrambe insabbiate! E' forse normale questo?
 

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