Santi60

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Professionista
Nel confrontare le precedenti Deliberazioni che, negli anni scorsi, avevano già approvato le stime delle aree di alcuni piani di zona con la Deliberazione 40/2016, ho notato un altro aspetto che è sfuggito al famoso gruppo di “Esperti” che ha preparato le ultime stime.
Infatti, nelle precedenti Deliberazioni era stato applicato quanto previsto dalla deliberazione di Consiglio Comunale n. 94/2003 (“Determinazione prezzo di cessione delle aree da cedere in proprietà ai soggetti aventi i requisiti in attuazione dell'articolo 35 della legge n. 865/71 e relativo schema di convenzione.”) in modo che, in applicazione dell’art. 31 comma 48 della L. 448/98, nel determinare il valore di cessione, si è tenuto conto del principio, secondo me più che giusto, secondo cui “il costo delle aree così determinato non può essere maggiore di quello stabilito dal Comune per le aree cedute direttamente in diritto di proprietà al momento della trasformazione di cui al comma 47”.
Tale Deliberazione n. 94/2003, fra le altre cose, stabilisce che per le Convenzioni dei PdZ antecedenti alla Legge 662/1996 ci sia un coefficiente di omogeneizzazione pari a 2, stabilisce cioè che il costo a mc della cubatura assegnata agli immobili non residenziali sia pari a 2 volte quello della cubatura assegnata agli immobili residenziali, mentre per le Convenzioni dei PdZ dopo l’entrata in vigore della Legge 662/1996 ci sia un coefficiente di omogeneizzazione pari a 1,3.
In altre parole, in ogni caso, indipendentemente dalla data della Convenzione la stima del costo a mc non residenziale deve essere sempre maggiore di quello a mc residenziale, sia pur con coefficienti diversi (2 oppure 1,3) a seconda del PdZ.
Al contrario, se andiamo a vedere le stime della Deliberazione 40/2016, oltre a non rispettare in nessun caso il suddetto coefficiente di omogeneizzazione, nella maggior parte dei casi la stima dei mc residenziali è maggiore a quella dei mc non residenziali. Praticamente, alla luce di ciò, è stato completamente stravolto il principio della Legge 865/1971 poiché, invece di un’agevolazione per gli acquirenti degli alloggi, si è trasformata in un’agevolazione per i possessori delle cubature a destinazione non residenziale sulle quali, per inciso, non c’è mai stato NESSUN vincolo ne’ di prezzo massimo di cessione ne’ di canone massimo di locazione, ma solo quello della proprietà superficiaria a scadenza 99 anni, quindi l’applicazione di un coefficiente di omogeneizzazione maggiore di 1 (come, per altro stabilito, da una precisa Deliberazione 94/2003 del Comune di Roma, completamente “dimenticata” da chi ha redatto la nuova Deliberazione 40/2016) sarebbe quanto mai corretto, almeno dal punto di vista della “giustizia sociale”.

A questo proposito, mi piacerebbe avere un commento su tale aspetto da chi rappresenta l’Associazione 167, soprattutto in relazione al concetto di “speculatori”.

A mio parere, chi ha preparato la Deliberazione 40/2016 ha fatto finta di “dimenticare” la Deliberazione 94/2003 poiché sarebbe stato piuttosto difficile andare a giustificare, per esempio per il PdZ Valmelaina, una stima di 2 x 239,51 €/mc = 479,02 €/mc, per gli immobili non residenziali, quindi ha stimato un più ragionevole valore di 206,50 €/mc. Ma a questo punto, la stima per gli immobili residenziali doveva essere, per la semplice applicazione della Deliberazione 94/2003, pari a 206,50 €/mc / 2 = 103,25 €/mc invece di 239,51 €/mc.

Non sono un esperto di “logica legislativa”, ma, a mio avviso, qualsiasi nuova Deliberazione dovrebbe:

a) Essere congruente con quelle precedenti che riguardano le medesime problematiche, applicandone tutti i concetti,

oppure, se si volesse portare avanti una nuova interpretazione legislativa, dovrebbe

b) Includere l’esplicita abrogazione di tutte le precedenti Deliberazioni non compatibili con i nuovi concetti.

Invece, la Deliberazione 40/2016 nasce come “un cavolo a merenda” in modo del tutto slegato e, soprattutto, contraddittorio, con tutto quello che è stato deliberato a partire dal 1971, senza neanche preoccuparsi di un’analisi critica del passato da finalizzare con l’abrogazione di tutto ciò con cui tale delibera entra in aperta contraddizione. Nella Deliberazione in questione, a parte la timida indicazione, al punto 6 di pag. 13 “I valori venali” di cui al precedente punto 5, laddove riferiti ai sotto riportati n. 14 Piani di Zona, sono sostitutivi dei precedenti approvati con le deliberazioni di Assemblea Capitolina n. 55 del 25 luglio 2011, di Giunta Capitolina n. 297 del 19 ottobre 2012 e di Giunta Capitolina n. 240 del 22 maggio 2013”, non vedo alcuna esplicita abrogazione di Deliberazioni precedenti, anzi nello stesso punto citato vedo solo l'indicazione, a mio avviso quantomeno fuorviante se non addirittura falsa: “In particolare, in coerenza con quanto già previsto dalle precedenti deliberazioni ed ai soli fini del calcolo del corrispettivo per la cessione in proprietà delle aree già concesse in diritto di superficie, deve intendersi confermato l’abbattimento di tali valori venali nella misura del 50%”.
Ma di quale coerenza si sta parlando se non si rispetta il coefficiente di omogeneizzazione della Deliberazione 94/2003 e si riporta un abbattimento del 50% che, invece, non è citato in nessuna delle precedenti deliberazioni?
 

Santi60

Membro Attivo
Professionista
Ad essere onesto non ho capito cosa hai scritto. In particolare cosa significa "per le stesse convenzioni come ribadito dalla sentenza il vincolo del prezzo non decade automaticamente a alla decadenza del vincolo di prezzo"?
Poi: per quale motivo "in assenza di convenzione ad hoc" DEVE per forza significare "in assenza di convenzione di Affrancazione" e non semplicemente "in assenza di convenzione sostitutiva (come, ad esempio, quella di trasformazione, che dopo 20 anni, si porta nella tomba tutti i suoi vincoli dato che tale è qualsiasi convenzione ai sensi della Legge 10/1977 o, meglio, ai sensi dell'art. 18 DPR 380/2001)"?
Secondo quello che scrivi, anche le Convenzioni in Diritto di Proprietà post Legge 179/1992, a questo punto dovrebbero richiedere l'Affrancazione, ma questa sarebbe impossibile dato che il comma 49-bis della Legge 448/1998 esclude la sua applicazione per tali Convenzioni in diritto di Proprietà. Quindi i proprietari degli appartamenti acquistati secondo queste ultime Convenzioni (che grazie alla 179/1992 dovrebbero essere meno vincolate) sarebbero al contrario vincolate per sempre e senza alcuna possibilità di affrancazione.
Mi pare proprio che il tuo ragionamento assieme a quello dell'Avvocatura di Roma faccia acqua da tutte le parti.
@Cesco76 , confermando di non aver capito cosa volevi dire con il tuo precedente post, potresti dirci cosa trovi di strano nello schema riepilogativo allegato che puoi trovare anche qui Trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà ?
 

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  • SCHEMA RIEPILOGATIVO (1).pdf
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lupin3

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Forse sbaglio ma, considerando che un acquirente di un immobile è anche un consumatore, nell'intento di capire se anche le associazioni relative potessero recepire e interessarsi del problema, ho provato a buttare giù una lettera generica che riassuma con meno riferimenti legislativi possibili le maggiori obiezioni che stiamo sollevando al comportamento dell'amministrazione.
Mi sono imbattuto per prima in una pagina dell Federconsumatori dove è possibile mandare una email diretta al presidente Rosario Trefiletti, che penso conoscano tutti data la sua esposizione mediatica, ma ce ne sono altre decine di associazioni consumatori da poter sensibilizzare.
Ora non so se si il caso di inoltrarla a titolo personale o come voce del forum, pertanto ve la riporto di seguito, senza indicazioni di un interlocutore specifico, nell'intento di condividerla ( e corregerla in italiano :) )

"Salve,
in qualità di acquirenti di immobili, e quindi di consumatori, e nella certezza di rappresentare l'indignazione comune a molti cittadini, vorremmo conoscere che posizione assume la vostra organizzazione in relazione al caos che si sta verificando intorno all'edilizia convenzionata nel comune di Roma.
Casualmente da un tread del forum "immobilmente" si è sviluppata, tra molti malcapitati che hanno a che fare con immobili costruiti in edilizia convenzionata nel comune di Roma, una lunga e sfaccettata discussione di cui proverò a esporvi alcune considerazioni salienti e largamente condivise.

La, ormai non più recente sentenza n.18135 della Corte di Cassazione a sezioni riunite, del settembre 2015, ha fatto esplodere il bubbone della dissennata gestione dell'edilizia peep nel comune di Roma.

Premesso che
- da sempre, la quasi totalità degli acquirenti di alloggi in zone peep, ha prenotato, iniziato a pagare e si è accollata un mutuo, essendo tenuta quasi completamente all'oscuro, da parte degli uffici vendite, delle leggi e dei conseguenti vincoli che regolano l'edilizia convenzionata, per infine leggere un fugace richiamo legislativo alla legge X nell'atto di assegnazione e nel rogito, in pratica a buoi praticamente scappati. Rogiti a cui, tra l'altro, dovevano anche essere allegate le tabelle dei prezzi massimi di cessione ma che quasi nessuno ha mai visto.

- che non mancano i casi in cui i prezzi di cui sopra sono stati integrati con procedure "poco trasparenti".

- che il comune, negli anni, ha infranto le leggi nazionali permettendo, con nulla osta timbrati e firmati, la successiva alienazione a prezzi di libero mercato. Collateralmente, ma negli intenti forse non solo, questo ha fatto in modo di continuare ad allontanare l'attenzione intorno ai requisiti di permanenza di tale vincolo nell'edilizia convenzionata, già ben nascosti dagli uffici vendite a suo tempo, e quindi anche favorire le vendite da parte della lobby dei costruttori che hanno operato in aree peep, evitando comunque di fatto che tali immobili potessero essere considerati meno appetibili.

- che, seppur volendo dare come attenuante l'interpretazione ondivaga della legge da parte della magistratura su questo specifico aspetto, leggasi sentenze di cassazione contrastanti, persino dopo l'integrazione dell'art. 31 legge 448/98 col comma 49bis, ad opera dell'art.5 comma5 legge 106/2011, che regolamentava la possibilità di affrancare il vincolo al prezzo massimo di cessione in cambio di un corrispettivo, e quindi di riflesso rendeva palese, se ce ne fosse stato bisogno, l'esistenza dello stesso e l'illegittimità del loro operato pregresso, gli uffici dell'amministrazione, e di conseguenza i notai, non si sono adeguati alla nuova disposizione di legge, lasciandola lettera morta.

- che in base a tale comportamento molti acquirenti/venditori hanno acquistato/venduto alloggi peep a libero mercato, ignari che sui tali pendeva il vincolo di cui sopra o, ancor peggio, rassicurati che tale vincolo non consisteva. Col risultato che, in caso di rivendita, i primi, pur non godendo del prezzo calmierato all'acquisto, si ritrovano con immobile dal valore quasi dimezzato se non versano la gabella per rimuovere il prezzo massimo di cessione o intentano una casua col venditore, i secondi che, in base alle indicazioni degli uffici dell'amministrazione e dei notai, hanno alienato l'immobile per investire il ricavato in un altro immobile consono alle proprie intervenute esigenze abitative o di residenza e ora si ritrovano a rischiare una causa da parte dell'acquirente, che è legittimato a chiedere indietro la parte eccedente il prezzo calmierato, senza avere la possibilità economica di dare seguito all'eventuale sentenza.

- che dopo la sentenza n.18135, che in sostanza dichiara illegittime le procedure fino ad allora adottate, l'amministrazione, dopo mesi e mesi di stallo, che hanno comportato gravi danni economici e logistici a chi aveva avviato una procedura di compravendita, ha partorito una delibera che avrebbe dovuto riportare nell'alveo della legge le transazioni di immobili ricadenti nell'edilizia convenzionata ma che, a parere molti singoli e associazioni, oltre a complicare ulteriormente le cose, contiene dei profili contra leggem e una abnorme rivalutazione del valore venale delle aree, valore determinante nel calcolo del corrispettivo da versare per rimuovere il vincolo o per la trasformazione di diritto di superficie in diritto di proprietà, senza però rispettare in alcuni casi i limiti consentiti e comunque degli abbattimenti riconosciuti in altri comuni e regioni a seguito di pareri richiesti a competenti organi istituzionali.

- che, in relazione ad uno degli aspetti contra leggem, la stessa sentenza, nelle sue conclusioni, contiene considerazioni di carattere generale interpretabili e non contestualizzate al caso processuale preso in esame.
In base a questa generalizzazione, i funzionari del dipartimento ritengono di poter pretendere il contributo per la rimozione del vincolo anche in caso di diritto superficiario già trasformato in diritto di proprietà, tramite apposita convenzione ventennale decorrente dall'atto di stipula della convenzione originale, anche quando i termini della nuova convenzione sono già scaduti, convenzione che allo stesso tempo deve invece ricalcare lo schema, approvato con delibera del 2003, che dichiara l'immobile libero da qualsiasi vincolo alla scadenza della convenzione stessa.
Le convenzioni di di trasformazione, forse proprio per questo motivo, al momento sembrano essere congelate, col risultato che intanto, chi ha necessità impellente, per impegni presi, di dover alienare l'immobile a anche con convenzione ultraventennale, deve pagare la rimozione del vincolo e può vendere il solo diritto superficiario, con conseguente danno economico.
Un domani sarà l'acquirente a poter richiedere il riscatto della piena proprietà senza che ad oggi sia stata prevista, nella formula che determina il corrispettivo per la trasformazione, un parametro che scomputi gli oneri già sostenuti per l'affrancazione del solo vincolo al prezzo massimo di cessione.
In pratica, in base alla singolare interpretazione della legge, a nostro parere errata e paradossale, si chiede di pagare due volte la rimozione del vincolo.


Riteneniamo che al di là delle singole controversie, che stanno seguendo e seguiranno la via legale, e considerato il carattere generale del tema, solo a Roma pare interessi circa 200.000 immobili, un'associazione come la vostra, che fa della propria ragione sociale la tutela dei consumatori, potrebbe/dovrebbe intervenire e far valere il suo autorevole parere.

Per ulteriori approfondimenti sui temi accennati vi rimando:

alla discussione sul forum citato:
Sentenza n. 18135 del 16/09/2015

Al gruppo Facebook:
https://www.facebook.com/groups/302585170104375/

Al sito dell'associazione:
Area167 | La mancanza o la perdita dell’abitazione rende impossibile l’uguaglianza e la pari dignità sociale
@Paolo Distefano questo potresti utilizzarlo anche tu per i vari comitati di zona...
 

Nicestar

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Privato Cittadino
per @Mobil , ti allego il testo che condivido sia come idea dell'invio sia come contenuto , mi sono permesso qualche piccola correzione. Avrei voluto inviartelo in world open ma mi accetta solo il pdf. Saluti
 

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  • doc a associazioni consumatori.pdf
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Mobil

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Privato Cittadino
@Paolo Distefano questo potresti utilizzarlo anche tu per i vari comitati di zona...
Rileggendolo si può migliorare nella forma, io prima di diffonderlo farei una correzione bozza ed eventuali integrazioni se necessario, ero partito da una email individuale da mandare a Trefiletti, cercado di riassumere senza troppi tecnicismi la situazione. Probabilmente c'è qualcuno che sa esprimersi meglio di me, sia nel merito che nella forma.
Sempre che voi pensiate che sollecitare quel tipo di associazioni possa portare aiutare causa.
 

Mobil

Membro Attivo
Privato Cittadino
per @Mobil , ti allego il testo che condivido sia come idea dell'invio sia come contenuto , mi sono permesso qualche piccola correzione. Avrei voluto inviartelo in world open ma mi accetta solo il pdf. Saluti
Purtroppo ora ho un invito a cena e devo scappare, domani lo leggo di sicuro, se deve essere un documento comune, è aperto a modifiche concordate da tutti.
 

Paolo Distefano

Membro Attivo
Privato Cittadino
Rileggendolo si può migliorare nella forma, io prima di diffonderlo farei una correzione bozza ed eventuali integrazioni se necessario, ero partito da una email individuale da mandare a Trefiletti, cercado di riassumere senza troppi tecnicismi la situazione. Probabilmente c'è qualcuno che sa esprimersi meglio di me, sia nel merito che nella forma.
Sempre che voi pensiate che sollecitare quel tipo di associazioni possa portare aiutare causa.

Io penso che sia migliorabile, come lo era il testo della mia email e come lo é ogni cosa su questa terra ma credo ancora di piú che modificare qualche frase o parola non cambi molto la situazione...quello che fa la differenza é la quantitá di email che riceveranno...
 

Paolo Distefano

Membro Attivo
Privato Cittadino
Ho chiesto un pó li e un pó qui e tramite il canale Facebook (a dimostrazione di quanto questo mezzo sia importante) ho recuperato Nome e numeri di telefono di:
- giornalista l'indignata speciale (quella che manderá il servizio in onda)
- giornalista La7
- giornalista libero professionista
- giornalista roma today
- giornalista di ballaró

proveró a contattarli per richiedergli le email alle quale inviare la documentazione.
Se non mi rispondono il telefoniamo.

Non scrivo i numeri qui perché sono privati.
Se riuscite a darmi del testo scritto come quello che avete postato sopra é bene.

Speriamo che i numeri siano giusti...
 

Santi60

Membro Attivo
Professionista
Cerco di spiegarmi in maniera breve:
quello che ha portato il comune di Roma, ed altri comuni che già avevano recepito la 106/2011, ad interpretare che per le case trasformate da diritto di superficie in diritto di proprietà conservassero il vincolo di prezzo e la sentenza 18135 del 16 settembre stessa.
ne copio il passaggio in questione:

"Un'ulteriore distinzione deve ravvisarsi tra le convenzioni L. n. 865 del 1971, ex art. 35 e quelle L. 28 gennaio 1977, n. 10, ex artt. 7 e 8 (Norme per la edificabilità dei suoli), non pertinenti, nella specie). Solo per le seconde il titolare di alloggio su concessione edilizia rilasciata con contributo ridotto non è obbligato a rispettare, in sede di vendita, il prezzo stabilito dalla convenzione tipo approvata dalla regione, ai sensi della L. n. 10 del 1977, art. 7: e questo, perchè destinatario dell'obbligo di contenere i prezzi di cessione (od il canone di locazione) nei limiti fissati dalla detta convenzione è soltanto il costruttore titolare della concessione (Cass., sez. 2, 2 ottobre 2000 numero 13.006). Per gli immobili di edilizia convenzionata ex L. n. 10 del 1977 appare chiara, infatti, l'individuazione, in chi abbia ottenuto la concessione edilizia a contributo ridotto, del destinatario degli obblighi assunti di contenere il prezzo di cessione degli alloggi, nei limiti indicati dalla stessa convenzione e per la prevista durata di sua validità.

Ma soprattutto appare dirimente, ai fini della contraria conclusione nella fattispecie concreta oggetto di scrutinio, la disposizione contenuta nel D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 2011, n. 106 (Semestre Europeo Prime disposizioni urgenti per l'economia 13 maggio 2011 n. 70): che ha aggiunto al comma 49 dell'art. 31 (Norme particolari per gli enti locali) della L. 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e

lo sviluppo) il comma 49bis, del seguente testuale tenore: I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonchè del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n. 179, ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48 del presente articolo. La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 3).

Come si vede, la possibilità di rimuovere i vincoli relative alla determinazione del prezzo massimo di cessione (nonchè del canone massimo di locazione) contenuto in una convenzione P.E.E.P. è subordinata a tre presupposti: 1) decorso di almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento; 2) richiesta del singolo proprietario;

3) determinazione della percentuale del corrispettivo, calcolata secondo parametri legali da parte del Comune.

Dal testo normativo sopra riportato emerge, dunque, con chiarezza che il vincolo del prezzo non è affatto soppresso automaticamente a seguito della caduta del divieto di alienare; ed anzi, in assenza di convenzione ad hoc (da redigere in forma pubblica e soggetta a trascrizione), segue il bene nei successivi passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con naturale efficacia indefinita."

ora da questo passaggio si evince che anche se come dici tu le trasformazioni fatte rispettano le nuovi convenzioni come da art.8 legge 10/1977 la stessa avviene per un immobile che originariamente era convenzione art 35 legge 865/1971. e per le stesse convenzioni come ribadito dalla sentenza il vincolo del prezzo non decade automaticamente a alla decadenza del vincolo di prezzo ( passaggio in grassetto sopra riportato.) quindi 20 anni per le convenzioni 10/1977. ma è necessario anche redigere una convezione ad hoc che rimuova il vincolo stesso.
e la stessa come dal comma 49 bis introdotto nella 448 recita "con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48 del presente articolo"
Ora a mio avviso l'interpretazione che ha fatto l'avvocatura di Roma capitale ( e che sta facendo rivedere in molti comuni la procedura di affrancazione/trasformaszione) alla sentenza non è errata. A mio parere ( parere di laico e del tutto personale) è la sentenza che è lacunosa e imprecisa. ma contro una sentenza di cassazione a sezioni riunite c'è poco da fare. anche perché di fronte a qualsiasi ricorso il giudice amministrativo non può che non rifarsi alla sentenza di cassazione.

spero di essere stato chiaro
@Cesco76 probabilmente, invece di "per le stesse convenzioni come ribadito dalla sentenza il vincolo del prezzo non decade automaticamente a alla decadenza del vincolo di prezzo", volevi scrivere "per le stesse convenzioni come ribadito dalla sentenza il vincolo del prezzo non decade automaticamente a alla decadenza del divieto di alienare", ma scusami, sicuramente per un mio problema di bassa capacità di comprendonio, continuo a non capire cosa volevi dire. Infatti la "decadenza del divieto di alienare" si riferisce al limite dei 5 anni entro i quali vige il vincolo di parziale inalienabilità previsto dalla Legge 179/1992: “gli alloggi di edilizia agevolata possono essere alienati o locati, nei primi cinque anni decorrenti dall’assegnazione o dall’acquisto e previa autorizzazione della regione, quando sussistano gravi, sopravvenuti e documentati motivi. Decorso tale termine, gli alloggi stessi possono essere alienati o locati”, ma da questo punto di vista non mi è chiaro cosa c'entra quanto scrivi con gli alloggi per i quali sia già avvenuta la Trasformazione, per il semplice fatto che la Trasformazione NON è ammessa entro tale limite quinquennale e mi sembra palese che, proprio per questo motivo, chi ha scritto la Sentenza non stava affatto pensando agli alloggi con Convenzione Trasformata (che non poteva ancora esserci entro i 5 anni), ma solo a quelli con Convenzione originaria.
Pertanto la Sentenza famosa dice semplicemente che anche dopo i 5 anni (oltre i quali l'alloggio può essere venduto) permane per gli alloggi con Convenzione ex art. 35 Legge 865/1971, con efficacia indefinita, il vincolo del prezzo massimo, a meno che non sia stata redatta una Convenzione che dica il contrario.
A questo punto, la frase della sentenza che evidenzierei in grassetto è la prima che hai riportato: "Un'ulteriore distinzione deve ravvisarsi tra le convenzioni L. n. 865 del 1971, ex art. 35 e quelle L. 28 gennaio 1977, n. 10, ex artt. 7 e 8 (Norme per la edificabilità dei suoli), non pertinenti, nella specie). Solo per le seconde il titolare di alloggio su concessione edilizia rilasciata con contributo ridotto non è obbligato a rispettare, in sede di vendita, il prezzo stabilito dalla convenzione tipo approvata dalla regione". In effetti, ai sensi del comma 46 dell'art. 31 della Legge 448/1998, quello che viene fatto con la Trasformazione è proprio, come dice la stessa parola, "Trasformare" i vincoli dell'alloggio applicandogli quelli ex artt. 7 e 8 della Legge 10/1977 al posto di quelli ex art. 35 della Legge 865/1971 con il preciso intento del Legislatore di rendere omogenei i vincoli di tutti gli alloggi realizzati con Convenzioni antecedenti alla Legge 179/1992 (sia in Diritto di Superficie che in Diritto di Proprietà) a quelli, molto meno stringenti, degli alloggi realizzati in Diritto di Proprietà dopo l'entrata in vigore della Legge 179/1992.
Cioè se faccio la Trasformazione, il mio alloggio diventa del tutto simile ad un alloggio acquistato in Diritto di Proprietà con convenzione post Legge 179/1992 e sfido chiunque a sostenere che per quest'ultimo tipo di alloggi il vincolo del prezzo massimo resti dopo la scadenza della Convenzione ventennale!
L'ulteriore introduzione dei commi 49-bis e 49-ter dell'art. 31 della Legge 448/1998 è stata fatta dal Legislatore per completare quanto già fatto in precedenza per dare la possibilità di togliere definitivamente anche gli ultimi vincoli ventennali delle Convenzioni trasformate e delle nuove Convenzioni in Diritto di Proprietà, oppure dare la possibilità, ad un prezzo ridotto (una percentuale del corrispettivo del comma 48 della stessa Legge) di togliere solo il vincolo del prezzo massimo alle Convenzioni in Diritto di Superficie senza effettuare la Trasformazione. Tutto questo con il preciso scopo di "agevolare il trasferimento dei diritti immobiliari", ma se, come pretendono i funzionari del Comune di Roma, si utilizza il comma 49-bis, come mezzo per aumentare gli introiti del comune aggiungendoli a quelli della Trasformazione, alla fine si fa esattamente il contrario dello scopo del Legislatore cioè si "disincentiva il trasferimento dei diritti immobiliari".
Come si fa a non capirlo non lo so proprio!
 

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