Forse sbaglio ma, considerando che un acquirente di un immobile è anche un consumatore, nell'intento di capire se anche le associazioni relative potessero recepire e interessarsi del problema, ho provato a buttare giù una lettera generica che riassuma con meno riferimenti legislativi possibili le maggiori obiezioni che stiamo sollevando al comportamento dell'amministrazione.
Mi sono imbattuto per prima in una pagina dell Federconsumatori dove è possibile mandare una email diretta al presidente Rosario Trefiletti, che penso conoscano tutti data la sua esposizione mediatica, ma ce ne sono altre decine di associazioni consumatori da poter sensibilizzare.
Ora non so se si il caso di inoltrarla a titolo personale o come voce del forum, pertanto ve la riporto di seguito, senza indicazioni di un interlocutore specifico, nell'intento di condividerla ( e corregerla in italiano
)
"Salve,
in qualità di acquirenti di immobili, e quindi di consumatori, e nella certezza di rappresentare l'indignazione comune a molti cittadini, vorremmo conoscere che posizione assume la vostra organizzazione in relazione al caos che si sta verificando intorno all'edilizia convenzionata nel comune di Roma.
Casualmente da un tread del forum "immobilmente" si è sviluppata, tra molti malcapitati che hanno a che fare con immobili costruiti in edilizia convenzionata nel comune di Roma, una lunga e sfaccettata discussione di cui proverò a esporvi alcune considerazioni salienti e largamente condivise.
La, ormai non più recente sentenza n.18135 della Corte di Cassazione a sezioni riunite, del settembre 2015, ha fatto esplodere il bubbone della dissennata gestione dell'edilizia peep nel comune di Roma.
Premesso che
- da sempre, la quasi totalità degli acquirenti di alloggi in zone peep, ha prenotato, iniziato a pagare e si è accollata un mutuo, essendo tenuta quasi completamente all'oscuro, da parte degli uffici vendite, delle leggi e dei conseguenti vincoli che regolano l'edilizia convenzionata, per infine leggere un fugace richiamo legislativo alla legge X nell'atto di assegnazione e nel rogito, in pratica a buoi praticamente scappati. Rogiti a cui, tra l'altro, dovevano anche essere allegate le tabelle dei prezzi massimi di cessione ma che quasi nessuno ha mai visto.
- che non mancano i casi in cui i prezzi di cui sopra sono stati integrati con procedure "poco trasparenti".
- che il comune, negli anni, ha infranto le leggi nazionali permettendo, con nulla osta timbrati e firmati, la successiva alienazione a prezzi di libero mercato. Collateralmente, ma negli intenti forse non solo, questo ha fatto in modo di continuare ad allontanare l'attenzione intorno ai requisiti di permanenza di tale vincolo nell'edilizia convenzionata, già ben nascosti dagli uffici vendite a suo tempo, e quindi anche favorire le vendite da parte della lobby dei costruttori che hanno operato in aree peep, evitando comunque di fatto che tali immobili potessero essere considerati meno appetibili.
- che, seppur volendo dare come attenuante l'interpretazione ondivaga della legge da parte della magistratura su questo specifico aspetto, leggasi sentenze di cassazione contrastanti, persino dopo l'integrazione dell'art. 31 legge 448/98 col comma 49bis, ad opera dell'art.5 comma5 legge 106/2011, che regolamentava la possibilità di affrancare il vincolo al prezzo massimo di cessione in cambio di un corrispettivo, e quindi di riflesso rendeva palese, se ce ne fosse stato bisogno, l'esistenza dello stesso e l'illegittimità del loro operato pregresso, gli uffici dell'amministrazione, e di conseguenza i notai, non si sono adeguati alla nuova disposizione di legge, lasciandola lettera morta.
- che in base a tale comportamento molti acquirenti/venditori hanno acquistato/venduto alloggi peep a libero mercato, ignari che sui tali pendeva il vincolo di cui sopra o, ancor peggio, rassicurati che tale vincolo non consisteva. Col risultato che, in caso di rivendita, i primi, pur non godendo del prezzo calmierato all'acquisto, si ritrovano con immobile dal valore quasi dimezzato se non versano la gabella per rimuovere il prezzo massimo di cessione o intentano una casua col venditore, i secondi che, in base alle indicazioni degli uffici dell'amministrazione e dei notai, hanno alienato l'immobile per investire il ricavato in un altro immobile consono alle proprie intervenute esigenze abitative o di residenza e ora si ritrovano a rischiare una causa da parte dell'acquirente, che è legittimato a chiedere indietro la parte eccedente il prezzo calmierato, senza avere la possibilità economica di dare seguito all'eventuale sentenza.
- che dopo la sentenza n.18135, che in sostanza dichiara illegittime le procedure fino ad allora adottate, l'amministrazione, dopo mesi e mesi di stallo, che hanno comportato gravi danni economici e logistici a chi aveva avviato una procedura di compravendita, ha partorito una delibera che avrebbe dovuto riportare nell'alveo della legge le transazioni di immobili ricadenti nell'edilizia convenzionata ma che, a parere molti singoli e associazioni, oltre a complicare ulteriormente le cose, contiene dei profili contra leggem e una abnorme rivalutazione del valore venale delle aree, valore determinante nel calcolo del corrispettivo da versare per rimuovere il vincolo o per la trasformazione di diritto di superficie in diritto di proprietà, senza però rispettare in alcuni casi i limiti consentiti e comunque degli abbattimenti riconosciuti in altri comuni e regioni a seguito di pareri richiesti a competenti organi istituzionali.
- che, in relazione ad uno degli aspetti contra leggem, la stessa sentenza, nelle sue conclusioni, contiene considerazioni di carattere generale interpretabili e non contestualizzate al caso processuale preso in esame.
In base a questa generalizzazione, i funzionari del dipartimento ritengono di poter pretendere il contributo per la rimozione del vincolo anche in caso di diritto superficiario già trasformato in diritto di proprietà, tramite apposita convenzione ventennale decorrente dall'atto di stipula della convenzione originale, anche quando i termini della nuova convenzione sono già scaduti, convenzione che allo stesso tempo deve invece ricalcare lo schema, approvato con delibera del 2003, che dichiara l'immobile libero da qualsiasi vincolo alla scadenza della convenzione stessa.
Le convenzioni di di trasformazione, forse proprio per questo motivo, al momento sembrano essere congelate, col risultato che intanto, chi ha necessità impellente, per impegni presi, di dover alienare l'immobile a anche con convenzione ultraventennale, deve pagare la rimozione del vincolo e può vendere il solo diritto superficiario, con conseguente danno economico.
Un domani sarà l'acquirente a poter richiedere il riscatto della piena proprietà senza che ad oggi sia stata prevista, nella formula che determina il corrispettivo per la trasformazione, un parametro che scomputi gli oneri già sostenuti per l'affrancazione del solo vincolo al prezzo massimo di cessione.
In pratica, in base alla singolare interpretazione della legge, a nostro parere errata e paradossale, si chiede di pagare due volte la rimozione del vincolo.
Riteneniamo che al di là delle singole controversie, che stanno seguendo e seguiranno la via legale, e considerato il carattere generale del tema, solo a Roma pare interessi circa 200.000 immobili, un'associazione come la vostra, che fa della propria ragione sociale la tutela dei consumatori, potrebbe/dovrebbe intervenire e far valere il suo autorevole parere.
Per ulteriori approfondimenti sui temi accennati vi rimando:
alla discussione sul forum citato:
Sentenza n. 18135 del 16/09/2015
Al gruppo Facebook:
https://www.facebook.com/groups/302585170104375/
Al sito dell'associazione:
Area167 | La mancanza o la perdita dell’abitazione rende impossibile l’uguaglianza e la pari dignità sociale