I contratti preliminari di compravendita
Il tema è molto importante ed è stato
affrontato compiutamente dall’Agenzia delle Entrate solo in epoca abbastanza recente, dapprima con la risoluzione n. 197/E/2007 e, ancor più di recente, nell’ambito della maxi circolare n. 18/E/2013, al paragrafo 3.1. L’articolo 10 della Tariffa Parte prima del D.P.R. n. 131/1986 è specificamente dedicato ai contratti preliminari di ogni specie, per la cui registrazione prevede l’obbligo di registrazione nel termine fisso di 20 giorni dalla sottoscrizione delle parti che ne determini il perfezionamento con applicazione, in via generale, dell’imposta di registro nella misura fissa di euro 168,00.1. Caparra confirmatoria e acconti di prezzo
La nota all’articolo 10 del T.U.R. precisa ulteriormente che se il contratto preliminare prevede
- la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria (art. 1385 cod. civ.) si applica l’articolo 6 della medesima Tariffa parte prima, ai sensi del quale è dovuta l’imposta di registro proporzionale dello 0,50 per cento.
Il patto di caparra costituisce, infatti, un contratto con propria causa, ossia con una propria funzione economico-sociale, distinta da quella del contratto da essa confermato, a forma libera e di natura reale, posto che la sua esistenza è subordinata alla consegna del danaro o della cosa fungibile (ris. n. 197/E/2007);
- il pagamento di acconti di prezzo non soggetti a IVA, ai sensi degli articoli 5, 2° comma, e 40 del T.U.R. si applica l’articolo 9 della medesima Tariffa parte prima, per effetto del quale l’imposta è dovuta con aliquota proporzionale (3 per cento) se sono previsti acconti di prezzo non soggetti a IVA (nell’ipotesi contraria, infatti, si deve applicare quest’ultimo tributo).
In entrambi i casi, la nota all’articolo 10 precisa che “l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo”.
Su tale aspetto la circolare del Ministero delle Finanze n. 37/1986 precisa che l’ultima parte della nota all’articolo 10 è stata dettata dall’esigenza di evitare, quando al contratto preliminare segua la relativa compravendita, una duplicazione di imposta, essendo stato previsto che dall’ammontare dell’imposta principale dovuta per la registrazione dell’atto definitivo dovrà essere detratta l’imposta pagata al momento della registrazione del contratto preliminare.
Peraltro, la circolare sottolinea poi che, nel caso in cui il contratto definitivo non venga posto in essere, le somme riscosse in sede di registrazione di quello preliminare rimarranno definitivamente acquisite all’Erario.
Al riguardo, la circolare n. 18/E/2013 sottolinea che se l’imposta di registro proporzionale corrisposta per la caparra confirmatoria o per gli acconti di prezzo risulta superiore all’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo, spetta il rimborso della maggiore imposta proporzionale versata alla registrazione del preliminare e precisa che detto rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, “entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione” (articolo 77 del T.U.R.). Poiché è in sede di registrazione del contratto definitivo che può essere scomputata l’imposta versata per il preliminare, il termine triennale di rimborso, di fatto, decorre dalla data di registrazione del contratto definitivo.
Come risulterà ancora più evidente da quanto si dirà in prosieguo, la posizione “a credito” può verificarsi, tipicamente, nei casi in cui nel preliminare sia prevista la
caparra confirmatoria, soggetta a imposta di registro (0,50%), mentre l’atto definitivo è soggetto a IVA. Peraltro, tale situazione potrebbe altresì verificarsi qualora entrambi i contratti – preliminare e definitivo – siano soggetti a imposta di registro e nel primo siano previsti ingenti
acconti di prezzo (soggetti a registro con aliquota del 3 per cento), mentre i beni o i diritti oggetto del contratto definitivo siano soggetti ad aliquota inferiore, come accade in varie fattispecie di trasferimenti immobiliari a carattere agevolato.
Per esempio,
il trasferimento di immobili abitativi posti in essere in esenzione di IVA da un soggetto passivo di tale tributo a imprese aventi per oggetto principale o esclusivo dell’attività la rivendita di tali fabbricati sconta l’imposta di registro con aliquota ridotta all’1 per cento; i trasferimenti di fabbricati oggetto di piani di recupero scontano l’imposta di registro in misura fissa; gli stessi trasferimenti di immobili abitativi con le agevolazioni “prima casa” – oggi soggetti a imposta di registro con aliquota del 3 per cento – dal 1° gennaio 2014 è previsto che vedano scendere la propria aliquota al 2 per cento.
Lo stesso fenomeno può verificarsi per i
trasferimenti di immobili abitativi a favore di persone fisiche in relazione ai quali l’acquirente può chiedere di corrispondere l’imposta di registro sul valore catastale, anziché sul prezzo pattuito, in applicazione del comma 497 dell’articolo 1 della legge n. 266/2005 (cosiddetto meccanismo del “prezzo valore”): anche in casi come questo l’applicazione dell’imposta di registro su una base imponibile ridotta può determinare l’impossibilità di assorbire per intero l’imposta di registro già versata sugli acconti, soprattutto se questi siano di ammontare elevato e, ancor più, se la tassazione degli stessi sarà praticata anche sulle somme previste nel preliminare a titolo di acconto, ma il cui versamento non sia contestuale alla sottoscrizione del preliminare medesimo, così come affermato nella recente circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/E/2013.
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