art. 8 preliminare
Cassazione Sentenza n. 15424/2012
Elementi essenziali e rimandabili del preliminare di vendita
La Suprema Corte di Cassazione ha recentemente argomentato, in varie occasioni, su quelli che devono essere gli elementi i dispensabili (e quelli rimandabili) relativi al contratto preliminare.
Ai fini della validità del contratto stesso, la Corte ha ritenuto necessario che vi sia l’accordo sulle parti essenziali considerando gli altri elementi distintivi come rimandabili.
I giudici di legittimità ritengono infatti che l’oggetto del contratto preliminare sia soltanto l’obbligazione a concludere successivamente un contratto definitivo e, pertanto, in questa fase, non rilevano alcune situazioni tipiche della compravendita che possono essere trattate separatamente.
Cassazione Civile, sez. II, 16 febbraio 2007, n. 3645. In tema di contratto preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto. Tale termine può ritenersi essenziale, ai sensi dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto (e, quindi, insindacabile in sede di legittimità se logicamente ed adeguatamente motivata in relazione a siffatti criteri), risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di considerare ormai perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine.
art. 1456 c.c. clausola risolutiva espressa:
i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola.
La clausola risolutiva espressa, costituisce, dal punto di vista generale, una deroga alle regole in tema di risoluzione per inadempimento, consentendo di superare il limite dell’inadempimento qualificato tale di particolare gravità e di non scarsa rilevanza avuto riguardo all’interesse della parte non inadempiente, la cui operatività consente di porre termine al rapporto con effetto immediato in caso di inadempimento anche di una sola delle obbligazioni ivi indicate, prescindendo dalla gravità dell’inadempimento, la quale si presume per il solo fatto dell’inserimento della obbligazione nella clausola.
Tale prescrizione, pertanto, non rientra tra le clausole vessatorie e, conseguentemente, non necessita di essere posta in doppia sottoscrizione al fine di garantirne la validità, anche perché l’elenco delle clausole vessatorie di cui all’art.
1341c.c. ha carattere tassativo e, di conseguenza, la norma non é suscettibile di applicazione analogica, ma solo di interpretazione estensiva all’interno dei tipi di clausole dalla stessa già indicate.
La clausola risolutiva espressa, pertanto, attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per l’inadempimento di controparte senza doverne provare l’importanza, sicché la risoluzione del contratto per il verificarsi del fatto considerato non può essere pronunziata d’ufficio, ma solo se la parte nel cui interesse la clausola è stata inserita nel contratto dichiara di volersene avvalere (Cass. 1-8-2007 n. 16993; Cass. 5-1-2005 n. 167, Cass. 2-10-2014 n.20854)
Le parti devono specificare quale o quali sono le obbligazioni che devono essere adempiute, pena la risoluzione.
Se l’indicazione invece é generica o addirittura il riferimento é al complesso delle pattuizioni, la clausola non avrà alcun valore in quanto di mero stile.
Infatti, per la S.C. é priva di efficacia in quanto «di stile» la clausola risolutiva espressa redatta in termini generici, ossia non già con riferimento a specifiche inadempienze ma alla violazione di uno qualsiasi dei patti contrattuali, poiché simile clausola nulla aggiunge alle norme degli artt. 1453 e 1455 c.c., onde, per pronunciare la risoluzione, il giudice deve accertare la non scarsa importanza dell’inadempimento.
La risoluzione inoltre non é automatica, non consegue cioé de iure al mancato adempimento, ma é necessario che la parte interessata dichiari all’altra che intende avvalersi della clausola.