Buona giornata a tutti! Sono ben a conoscenza che non è obbligatorio stipulare il preliminare dal notaio, è stata una mia scelta, per sentirmi più garantita, più tutelata, in quanto la caparra versata era elevata e i tempi per il rogito non erano brevi. Il notaio non mi ha fornito una minuta, il notaio ha stipulato il preliminare vero e proprio, infatti l'atto è stato firmato in sua presenza. La minuta era stata inviata alle parti preventivamente solo per metterci al corrente dei contenuti, e nella minuta non era inserita ovviamente la dicitura che le parti manifestano la volontà di non registrare. Io mi sono affidata ai consigli del notaio, per questo motivo il contratto non è stato registrato, perchè mi aveva garantito, sbagliando, che non vi era alcuna differenza fra quello registrato e quello non registrato, che la differenza era solo fiscale. Mentre la differenza è notevole, è fondamentale in termini di tutela, ma purtroppo ho appreso queste informazioni tardivamente. Io avevo inteso che non vi era l'obbligatorietà per il notaio di registrare, mentre ora so pr certo che non è così. Il notaio comunque avrebbe dovuto registrare l'atto, anche nel caso in cui le parti avessero manifestato la loro contrarietà. Se avessi voluto risparmiare non mi sarei recata da un notaio, perchè i costi sono elevati, avrei stampato un modulo da internet e l'avrei compilato, e sarebbe stato meglio, perchè l'avrei anche registrato, perchè le mie intenzioni erano di registrare. La diffida ad adempiere il contratto mi è stata consigliata da altro notaio, al quale mi sono rivolta, quando è venuta meno la fiducia per il notaio P.D. di Venezia che ha stipulato per me il preliminare nel 2014 e per l'altro acquirente l'atto di compravendita nel 2015.
Infatti il contratto preliminare stipulato con la venditrice non è risolto di diritto, ma è a tutt'oggi giuridicamente vincolante, in quanto privo sia della clausola risolutiva espressa, ai sensi dell'art. 1456 c.c., che del termine "essenziale", il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto, ai sensi dell’art.1457 c.c.
Sulla definizione della natura del termine la giurisprudenza sostiene che la mera locuzione “entro e non oltre” non sia di per sé sufficiente ad individuare un termine essenziale. La Cassazione a tal riguardo ha recentemente affermato che: “il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo; tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’'espressione “entro e non oltre”, quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (cfr. in tal senso Cass. 17.3.2005, n. 5797; nella specie questa Corte ha confermato la sentenza con la quale i giudici di merito avevano ritenuto non essenziale il termine che nel contratto preliminare le parti, adoperando l’espressione “entro e non oltre”, avevano fissato per il rogito; altresì Cass. 6.12.2007, n. 25549; Cass. 26.4.1983, n. 2870)”.
L’essenzialità del termine, infatti, è connessa alla causa del contratto ed è correlata alle ragioni che hanno indotto le parti alla fissazione di quel termine, che, perché si attivi il meccanismo risolutivo, devono essere esplicitate nel preliminare.
In presenza di un termine essenziale, quindi, ove questo sia decorso senza che l’obbligazione sia stata adempiuta, il contratto preliminare sarà risolto di diritto, anche se il contraente adempiente non abbia intimato una diffida ad adempiere.
Ove, invece, il termine indicato nel preliminare non sia essenziale e questo sia scaduto senza il relativo adempimento, la parte adempiente potrà diffidare l’adempimento, realizzando gli effetti risolutivi collegati al mancato rispetto del termine individuato nella diffida, quest’ultimo avente natura essenziale.
Infatti: “in tema di contratti a prestazioni corrispettive, la diffida ad adempiere ha lo scopo di realizzare, pur in mancanza di una clausola risolutiva espressa, gli effetti che a detta clausola si ricollegano e, cioè, la rapida risoluzione del rapporto mediante la fissazione di un termine essenziale nell’interesse della parte adempiente, cui è rimessa la valutazione di farne valere la decorrenza (Cass.Sentenza n. 23315 del 8/11/2007)".
Per cui la diffida ad adempiere era un atto dovuto, considerato il perdurare del silenzio, della inerzia della venditrice. Il notaio che ora mi sta seguendo, mi aveva informata che se la venditrice diffidata non mi alienava il bene (all'epoca non si sapeva che il bene non fosse più disponibile) entro i termini indicati nella diffida stessa, era tenuta per legge a corrispondermi il doppio della caparra.
Io ritengo che il notaio abbia una grande responsabilità su quanto è accaduto, al punto che ho intenzione di presentare un esposto all'Ordine. Il notaio a cui ora mi sono affidata, non comprende le ragioni per cui il notaio P.D. abbia agito in questo modo. Però un dubbio mi resta, ed è il motivo per cui mi sono rivolta a questo forum. Non mi è chiaro se in questo caso il preliminare prevale sull'atto di compravendita, cioè vorrei meglio comprendere se il giudice ha potere di annullare l'atto di compravendita trasferendomi la proprietà del bene, considerato che il notaio che ha rogitato era a conoscenza dell'esistenza di un preliminare tuttora giuridicamente vincolante, anche se non registrato, nè trascritto.
Se qualcuno potesse documentarmi sulle normative a riguardo ne sarei grata, grazie, Cristina