3. PRIVILEGIO E DEPOSITO SOMME PRESSO IL NOTAIO
Il verificarsi di una delle cause di decadenza dalle agevolazioni prima casa fa sì che l’amministrazione finanziaria abbia il potere di richiedere al contribuente l’imposta in misura ordinaria, la sanzione amministrativa e gli interessi di mora. L’imposta dovuta, data dalla differenza tra quella versata e quella che avrebbe dovuto pagare se non avesse beneficiato di alcun trattamento di favore, è di natura complementare in quanto, ai sensi dell’art. 42 del d.p.r. 131/1986, è applicata in un momento successivo alla registrazione dell’atto. Trattandosi di imposta complementare sono escluse la responsabilità del notaio, il quale è responsabile unicamente per l’imposta principale e la solidarietà tra il soggetto che aliena nei cinque anni la prima casa senza riacquistarne un’altra entro l’anno successivo ed il soggetto che acquista dallo stesso nei cinque anni. In particolare, l’art. 57 comma 4 D.P.R. 131/1986 stabilisce che l’imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto a una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di quest’ultima.
I crediti dello Stato per le imposte indirette gravanti sui beni immobili sono, ai sensi dell’articolo 2272 C.C., assistiti da privilegi, previsti al fine di garantire il pagamento delle somme dovute a titolo di tributo. Anche l’imposta di cui parliamo è indiretta e pertanto è assistita da un privilegio speciale, da farsi valere sull’immobile a cui il tributo si riferisce, ai sensi dell’art. 2772 C.C.. Buona parte della dottrina, tuttavia, ritiene in questo caso direttamente operante il quarto comma dello stesso articolo, dove statuisce che “il privilegio non può esercitarsi in pregiudizio dei diritti che i terzi hanno
15
anteriormente acquistato sugli immobili”. Grazie a questa norma l’acquirente del bene nulla avrebbe da temere dall’esistenza del privilegio. Una non uniforme prassi notarile, prudenzialmente elaborata nell’eventualità che la pubblica amministrazione pretenda di far valere il privilegio, si è sviluppata nel senso di richiedere al venditore il deposito di una somma a garanzia. Tale somma, normalmente, viene restituita al venditore quando questi dimostra di avere effettivamente riacquistato una casa nel corso dell’anno, oppure quando esibisce prova dell’avvenuto pagamento della sanzione all’Ufficio del Registro, o ancora viene utilizzata per pagare la sanzione stessa, su richiesta del venditore; o infine, viene messa a disposizione dell’acquirente qualora, trascorso l’anno senza riacquisto del venditore, l’ufficio abbia proceduto infruttuosamente all’escussione di quest’ultimo e si sia mosso, attraverso il privilegio, per far valere le sue ragioni sull’immobile compravenduto. Alcuni notai, peraltro, ragionando dall’insussistenza del privilegio, ritengono inutile, se non addirittura illegittimo, farsi lasciare la somma in deposito. Va anche aggiunto che pure chi ritiene possibile il privilegio ha da confrontarsi con un ulteriore problema: quando si può dire verificata la decadenza? Se ciò che la determina è la combinazione di entrambe le condotte del venditore, l’alienazione infraquinquennale e il mancato riacquisto, al momento del trasferimento del bene mancherebbe il presupposto della decadenza stessa, o meglio sarebbe verificato per metà13. Dunque, anche ammesso che la richiesta di deposito di somma da parte del notaio sia astrattamente fondata, il venditore ben potrebbe esimersi dall’assecondarla, eccependo che per il momento egli non ha maturato alcun debito nei confronti della Agenzia delle Entrate, e il notaio non potrebbe far altro che confidare nel suo spirito di collaborazione. Per la stessa ragione, l’acquirente (a meno che l’ipotesi non fosse stata regolamentata nel contratto preliminare) non potrebbe recedere dal contratto per giusta causa, poiché al momento della sottoscrizione il venditore non si è reso inadempiente, né può diventarlo solo perché in futuro potrebbe risultare debitore di un’imposta in quel momento non dovuta. Tutto a posto, dunque? Non proprio, e per capirlo dobbiamo partire dal fondo, ossia dal pagamento della sanzione. Come sappiamo, il venditore, oltre alla differenza tra l’imposta ordinaria e quella agevolata, e il trenta per cento di sopratassa, deve versare gli interessi moratori. Ma da quando decorrono questi interessi? Pacificamente, essi vengono conteggiati a partire dalla data dell’atto. A questo punto, però, non si può certo pensare di impedire al venditore che per una qualsiasi ragione ha già deciso di non procedere al riacquisto, di interrompere la decorrenza degli interessi, presentandosi, al limite anche il giorno dopo l’atto, a pagare quanto deve (alcuni uffici, per un certo periodo, hanno anche ricollegato alla presentazione spontanea entro l’anno l’effetto di evitare il pagamento della sopratassa). Il termine dell’anno è disposto a suo favore, non certo per offrire allo Stato un bonus o un’occasione di lucro. Ma come potrebbe il venditore pretendere di pagare subito se la decadenza non fosse ancora maturata? Mancherebbe il presupposto stesso dell’imposizione. L’Ufficio dovrebbe rispedire a casa il venditore, dicendogli: “ci spiace, a suo carico non risulta nulla, rivediamoci tra un annetto!”. Bisogna dunque concludere che la decadenza si verifica in realtà immediatamente, con la semplice rivendita dell’immobile agevolato nel quinquennio. Lo Stato, tuttavia, concede al contribuente il potere di sospendere la decadenza per un anno e poi di rimuoverla con il nuovo acquisto. Si tratta, se vogliamo muoverci per analogie, di una situazione non dissimile (ancorché fuori dall’ambito della decadenza) da quella del socio di società di persone che, venuta meno la pluralità, ha la facoltà di ricostituirla nel termine di sei mesi. La causa di scioglimento, in realtà, opera immediatamente, tant’è vero che il socio può immediatamente rinunciare alla ricostituzione della pluralità, e tecnicamente, in questo caso, la causa dello scioglimento non è la ricostituzione consensuale bensì il venir meno della pluralità dei soci14.
Se ammettiamo che la decadenza, ancorché sospensivamente condizionata, è contestuale alla rivendita dell’immobile, tutto l’edificio precedentemente descritto vacilla. Per invocare la tutela del compratore ai sensi dell’articolo 2772 C.C. la dottrina prevalente teorizza che la decadenza segua l’acquisto di un anno: in realtà, come appena dimostrato, la decadenza è contestuale alla vendita. Contestuale, beninteso, alla stessa atipica maniera in cui sono contestuali il trasferimento originario e l’imposta principale. A rigore, per la verità, l’imposta sui trasferimenti dovrebbe nascere solo quando i trasferimenti si sono perfezionati: ma siccome in questo modo il privilegio non potrebbe mai nascere (perché tutti gli acquisti sarebbero anteriori ad esso) si ricorre alla finzione per la quale l’imposta nasce insieme al trasferimento. Così, per esempio, dall’Invim scaturiva il privilegio che poteva anche andare a danno dell’acquirente. Egualmente, insieme al trasferimento infraquinquennale dell’immobile si verifica il sorgere dell’imposta complementare, e nasce a favore dello Stato il privilegio che l’accompagna. L’acquirente in buona fede, attraverso il filtro e la consulenza del notaio, è in grado di venire a conoscenza, usando l’ordinaria diligenza, dell’esistenza del privilegio.
Il quadro prima prospettato va dunque ribaltato: l’acquirente può legittimamente esigere dal venditore la prestazione di idonea tutela a garanzia del pagamento dell’imposta complementare, già sorta a carico del venditore di bene infraquinquennale, ancorché il potere effettivo di riscossione dell’Ufficio sia ancora paralizzato, e il venditore che si rifiutasse di prestarla sarebbe inadempiente, con tutte le conseguenze di ciò; il notaio è tenuto non solo ad informare l’acquirente e opportunamente consigliarlo, ma anche ad accettare il deposito, e in qualche modo a sollecitarlo; qualora lo Stato agisca sull’immobile mediante il privilegio, l’assenza di deposito, in mancanza di prova contraria, genera una responsabilità professionale del notaio, il quale dovrà avere quindi cura di farsi rilasciare una liberatoria dall’acquirente, essendo ovviamente quest’ultimo libero di fidarsi personalmente del venditore o comunque di non volere subordinare al deposito della somma la stipula dell’atto notarile. Va da sé che sarebbe quanto mai consigliabile regolamentare tali situazioni già al momento del contratto preliminare. A noi sembra che quando l’ordinamento offra margini per utilizzare il notaio nella sua funzione qualificata di garanzia, ineguagliabile punto di equilibrio tra l’interesse dello Stato alla riscossione dei tributi e quello dei privati di poter contare sulla certezza e intangibilità dei diritti acquistati, non esista alcuna ragione per assumere, nel dubbio, una posizione che di quei due interessi ne sacrifichi uno.
L’interesse pratico di questa disputa, comunque, si attenua per effetto dell’ultimo comma dell’articolo 56 del D.P.R., che prevede l’estinzione del privilegio decorsi cinque anni dalla data di registrazione, e non pare dubbio che la registrazione in questione sia quella del primo atto, nel quale trova fonte l’imposta complementare. A questo punto, la rivendita dopo il quarto anno e un giorno non avrà nessuna possibilità di essere colpita dal privilegio, e il deposito notarile avrà ragion d’essere solamente per le rivendite effettuate più a breve scadenza dall’acquisto15.