Cassazione, 17/5/02 n. 7253
Nella mediazione, anche la semplice attività consistente nella segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione, quando tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, successivamente valorizzata dalle parti.
Cassazione, 13/8/97 n. 7554
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'opera dallo stesso svolta senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative fino all'accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nell'indicazione dell'altro contraente, o nella segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione, semprechè tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti.
Deve esserci un rapporto casuale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare
Cassazione, 6/9/01 n. 11467
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che — anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell’affare — la “messa in relazione” da parte del mediatore costituisca pur sempre l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare (nella specie la suprema corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell’affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente, per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate). L’affare, la cui conclusione per effetto dell’intervento del mediatore genera il diritto di quest’ultimo alla provvigione, deve intendersi in senso generico ed empirico, come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti; condizione perché sorga il diritto alla provvigione è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione conclusiva, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale (nella specie, il mediatore aveva messo in contatto due società per la vendita di un immobile, successivamente detto bene era stato venduto ad una terza società, che lo aveva poi concesso in leasing alla prima aspirante compratrice; il giudice del merito ha ritenuto insussistente il diritto del mediatore alla provvigione, non ravvisando identità tra l’affare intermediato e quello concluso, essendo irrilevante che la prima società avesse la disponibilità dell’immobile, traendo questa origine da locazione finanziaria; la suprema corte, in applicazione del suesposto principio ha confermato detta decisione).
Cassazione, 2/8/01 n. 10606
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che — anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell’affare — la messa in relazione da parte del mediatore costituisca pur sempre l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare (nella specie la suprema corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell’affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente, per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate).
Cassazione, 21/11/00 n. 15014
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dello stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente, e con l’intervento di altro mediatore, non essendo un unico elemento di parziale differenziazione, da solo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo aveva messo le parti in relazione tra loro e l’affare tra le stesse concluso (nella specie, in applicazione di tale principio, la suprema corte ha cassato la sentenza di appello che, in difformità della decisione di primo grado, aveva escluso la sussistenza del diritto alla provvigione in capo al mediatore che aveva messo in relazione, per la compravendita di un appartamento, due soggetti, i quali, per iniziale disaccordo sul prezzo, avevano concluso l’affare solo in un momento successivo, e dopo aver affidato al trattativa ad altro mediatore, a seguito di una modesta riduzione, da centotrenta a centoventitrè milioni, del prezzo dell’immobile). Né l’intervallo di tempo tra la conclusione del contratto e le prime trattative, né il successivo interessamento anche di altri soggetti, sono, in sé, circostanze idonee ad escludere che l’attività iniziale, espletata da colui che pretende la provvigione, costituisca l’antecedente necessario della conclusione dell’affare, e perciò non interrompono il nesso di causalità tra quella e questa. Gli usi normativi, contemplanti dall’art. 1 n. 4 disp. prel. c.c. sono norme giuridiche che il giudice ha l’obbligo si applicare se le conosce, ma non ha l’onere di indagare personalmente per accertarne l’esistenza disponendo ex officio attività istruttorie per sopperire all’inerzia delle parti.
Cassazione, 15/5/00 n. 6220
In tema di mediazione, non possono essere considerati obbligati al pagamento della provvigione ex art. 1754 e 1755 c.c., i soggetti che non hanno partecipato alla conclusione dell’affare.
Cassazione, 25/2/00 n. 2136
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente, e con l’intervento di altro mediatore, non essendo un unico elemento di parziale differenziazione, da solo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo aveva messo le parti in relazione tra loro e l’affare tra le stesse concluso (nella specie, in applicazione di tale principio, la suprema corte ha cassato la sentenza di appello che, in difformità della decisione di primo grado, aveva escluso la sussistenza del diritto alla provvigione in capo al mediatore che aveva messo in relazione, per la compravendita di un appartamento, due soggetti, i quali, per iniziale disaccordo sul prezzo, avevano concluso l’affare solo in un momento successivo, e dopo aver affidato la trattativa ad altro mediatore, a seguito di una modesta riduzione, da centotrenta a centoventitrè milioni, del prezzo dell’immobile).