Io in queste situazioni mi sono sempre fatto pagare. Se uno non fa rispettare un contratto quale senso ha siglarlo?
Fai lo stesso errore, dell'
@Umberto Granducato.
Nella convinzione, che un contratto ad effetti obbligatori, sia posto sullo stesso piano, di uno a titolo oneroso.
Posto che in entrambe le contrattazioni, esiste anche il diritto di recesso;
Puoi notare, dal documento postato sotto, di come la sottoscrizione e l'accettazione di di un contratto a titolo oneroso, da parte di un mandante, non conferisce al mandatario, alcun leggittimo diritto:
Nell’ambito della mediazione atipica, qualora il cliente che conferisce l’incarico di mediazione rivesta la qualifica di consumatore, è vessatoria ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 33, comma 1, del Codice del consumo, perché implica un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, la clausola che prevede un corrispettivo per recesso anticipato a carico del cliente di valore prossimo alla provvigione.
Il caso
Veniva conferito dalla proprietaria di un immobile, ad un’agenzia immobiliare, incarico dimediazione al fine di promuovere la compravendita del bene, al prezzo di € 2.500.000,00, impegnandosi a riconoscere e versare all’esponente una provvigione pari all’1% oltre IVA sul prezzo della vendita; il predetto incarico veniva conferito dalla Signora in esclusiva fino al 30 maggio 2011 compreso, con previsione di tacito rinnovo per un pari periodo di tempo, salvo disdetta; nell’incarico era prevista per entrambe le parti la facoltà di recedere dall’incarico di mediazione, dandone comunicazione a mezzo lettera raccomandata A/R con preavviso di 10 giorni, alle seguenti condizioni: “a) qualora il recesso avvenga entro il 30° giorno dalla sottoscrizione, è stabilito un corrispettivo a carico del recedente ed a favore dell’altra parte pari all’80%, oltre IVA, della provvigione di cui all’art. 5.a) calcolato sul prezzo di cui all’art. 2.a); b) qualora il recesso avvenga successivamente al 30° giorno dalla sottoscrizione, è stabilito un corrispettivo a carico del recedente ed a favore dell’altra parte pari al 90%, oltre IVA, della provvigione di cui all’art. 5.a) calcolato sul prezzo di cui all’art. 2.a)”; era stata raccolta, in data 27 dicembre 2010, dalla Signora una proposta di acquisto, irrevocabile fino al 13 gennaio 2011, relativamente all’immobile di proprietà della Signora al prezzo di € 2.200.000,00, che veniva immediatamente comunicata via telefono alla proprietaria; il 3 gennaio 2011 la Signora assistita dal proprio legale, comunicava alla agenzia la propria volontà di recedere dall’incarico di mediazione, riferendo, altresì, che in assenza di una proposta d’acquisto accettata nulla era dovuto al mediatore.
Tanto premesso l’attrice agenzia immobiliare chiedeva che la convenuta fosse condannata al pagamento in proprio favore, in via principale, dell’importo di € 20.000,00, oltre IVA, pattuito a titolo di corrispettivo del diritto di recesso anticipato dall’incarico di mediazione sottoscritto il 9 dicembre 2010, in via subordinata, dell’importo ritenuto di giustizia a titolo di rimborso spese
ex art. 1756 c.c.
La convenuta si costituiva in giudizio deducendo la vessatorietà della clausola dell’incarico di mediazione contenente la disciplina del recesso.
In subordine deduceva che la medesima doveva qualificarsi come clausola penale il cui importo, in virtù della previsione contenuta nell’art. 1384 c.c., dovrebbe essere ridotto ad equità.
Venivano assunti gli interrogatori formali del legale rappresentante della società attrice e della convenuta ed erano escussi i testi.
La soluzione
Il Tribunale Roma, 19 maggio 2016, n. 10118, Est. dott. Perinelli, ha ritenuto la nullità di detta clausola in quanto vessatoria.
Ciò in quanto seppure nello schema tipico della mediazione il diritto alla provvigione consegue al verificarsi della
condicio iuris della conclusione dell'affare per effetto dell'intervento del mediatore, è tuttavia consentito alle parti - nell'ambito dei poteri di autonomia ad esse spettanti - di rendere atipica la mediazione stessa dando al rapporto una regolamentazione diversa, come con la previsione del pagamento del compenso al mediatore per l'attività esaurientemente compiuta, anche nel caso di recesso dalla conclusione dell'affare.
Deve tuttavia valutarsi se detta clausola, per come congegnata nel caso in esame, sia rispettosa delle norme poste a tutela del consumatore dal codice del consumo (
D.Lgs. n. 206 del 2005).
Ritiene il Tribunale detta clausola implichi un "significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto" prevedendo un medesimo compenso per il mediatore sia nel caso che il contratto fosse concluso che in caso di recesso anticipato.
In materia di mediazione, ai fini della configurabilità del diritto del mediatore alla provvigione indipendentemente dalla conclusione dell'affare è insufficiente il mero ricevimento dell'incarico ma è necessario che sussista un patto ulteriore che valga a collegare tale diritto ad un fatto diverso, quale l'avere il mediatore svolto per un certo tempo una concreta attività di ricerca di un terzo interessato all'affare ed essere pervenuto al risultato entro un certo termine, o anche il non esservi pervenuto, nel caso che la parte ritiri l'incarico al mediatore prima della scadenza del termine; ipotesi, queste, in cui la provvigione costituisce il compenso per avere il mediatore assunto ed adempiuto l'obbligo di impegnare la propria organizzazione nella ricerca del terzo interessato all'affare.
Tale compenso equivalente sostanzialmente aldanno emergente non può essere equiparato alla positiva conclusione dell’affare.
Deve in proposito rilevarsi come la parte non ha l'obbligo di concludere il contratto, neppure alle condizioni previste nell'incarico conferito al mediatore.
Se, dunque, il conferente l'incarico receda (anche se ingiustificatamente) dall’incarico la previsione dell'obbligo di corrispondere comunque un compenso all'intermediario può avere causa nella remunerazione dell'attività da quello posta in essere nella ricerca di un interessato.
Ma se il compenso sia previsto in misura identica(o vicina) a quella stabilita per l'ipotesi di conclusione dell'affare si verifica uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti (
art. 1469 bis c.c., comma 1; ora art. 33, comma 1, del codice del consumo), giacché solo con la conclusione dell'affare il preponente realizza il suo interesse e poiché il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento.
L'art. 1469
ter c.c., comma 3, (ora, art. 34, comma 3, del citato codice del consumo) esclude che la valutazione della vessatorietà possa concernere l'oggetto del contratto e l'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tuttavia "tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile": nel patto intercorso tra preponente e mediatore deve dunque essere chiarito che, in caso di mancata conclusione dell'affare per recesso anticipato del preponente, il compenso al mediatore sarà dovuto per l'attività sino a quel momento esplicata.
Ciò non è avvenuto in quanto il corrispettivo per l'ipotesi di recesso è stato commisurato ad una misura prossima all’intera provvigione.
In conclusione lo squilibrio delle prestazioni è collegato al fatto che il diritto al compenso per il caso di recesso anticipato sia fissato in misura indipendente dal tempo per il quale l'attività del mediatore s'è protratta prima del rifiuto del preponente.
Né vi è prova che la clausola in questione sia stata, ai sensi dell'art. 34 dello stesso d.lgs., oggetto di specifica trattativa (quale presupposto che rileva, per l'appunto, ai fini della applicazione o meno della disciplina di tutela in questione e non già dell'accertamento della vessatorietà o abusività della clausola), caratterizzata dagli indefettibili requisiti della individualità, serietà ed effettività.
Tale prova non può desumersi dalla mera compilazione a mano degli spazi bianchi lasciati nel formulario predisposto dalla convenuta.