Oppure aver gia' rogitato, quindi compreresti semplicemente come da privato.
Oppure, da impresa se trattasi di soggetto IVA (le permute in genere si danno ai fornitori, idarulici, elettricisti, ecc.).
Con tutto il rispetto per la professione di AI, che ritengo difficile e faticosa, stento a capire questa "regola" (che poi, è regola non scritta, regola scritta, legge,....?).
Ti trascrivo una parte tratta da un importante articolo della Rivista Diritto & Diritti, in merito alla questione:
[FONT=Trebuchet MS, Arial, Helvetica] Il diritto dell’agente alla provvigione, alla luce delle più rilevanti novità legislative e giurisprudenziali.
di W.Ignazitto e S.Levanti.
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Codice:
Il contratto di agenzia, tradizionalmente inserito dalla manualistica nel novero dei "contratti per la prestazione di servizi" (insieme all’appalto, al trasporto, al mandato, etc.), è stato di recente oggetto di interventi legislativi di derivazione comunitaria, che, modificando sensibilmente la disciplina dettata in materia dal codice civile (artt. 1742-1753), hanno ridisegnato rilevanti aspetti della figura contrattuale in esame.
In particolare l’art. 3 del d.lgs. 65/99 ha novellato l’art. 1748 c.c., a cominciare dalla rubrica che comprende ora solo i "diritti dell’agente" e non più anche gli obblighi del preponente, cui fa riferimento il nuovo art. 1749 c.c.. In sostanza l’originario art.1748 (quello cioè risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. 303/91) è stato scisso in due parti, distribuendo le diverse disposizioni ora nel nuovo art. 1748, ora nell’art. 1749, a seconda che si riferiscano ai diritti dell’agente o agli obblighi del preponente (così tripodi).
Il principale diritto dell’agente resta, ovviamente, quello relativo al compenso per l’attività svolta, cioè il diritto alla provvigione. L’agente, infatti, coerentemente col carattere di autonomia che caratterizza il rapporto, non è remunerato con un salario, ma con una "provvigione"che può essere determinata a percentuale sull’importo lordo degli affari promossi oppure in base ad importo fisso su ogni affare (gazzoni).
Prima della novella del d.lgs. 65/99 l’agente aveva diritto alla provvigione esclusivamente per gli affari che avevano avuto regolare esecuzione (art. 17481) e per gli affari che non avevano avuto esecuzione per causa imputabile al preponente (art. 1749). Se l'affare aveva avuto esecuzione parziale, la provvigione spettava all'agente in misura proporzionale alla parte eseguita (art.17481).
Giurisprudenza e dottrina, alla luce di tale normativa, avevano riconosciuto in capo all’agente il diritto alla provvigione non nel momento in cui risultava espletata l'attività di promozione del contratto, ma solo quando questo era stato accettato dalle parti e aveva avuto regolare esecuzione, ovvero, mutuando la terminologia utilizzata dalla normativa collettiva, era andato "a buon fine".
Come ha di recente ricordato la Cassazione (sez.lav. 2 maggio 2000, n.5467), il diritto alla provvigione era – prima dell’intervento riformatore - geneticamente riconducibile a tre fatti giuridici costitutivi: promozione, conclusione ed esecuzione del contratto. Inoltre, nella fase anteriore all’esecuzione del contratto l'agente non era titolare di alcun diritto, ma soltanto di un’aspettativa: ne conseguiva che l'agente, prima del verificarsi del buon fine dell’affare, poteva disporre della provvigione solo come cessione di un credito futuro e, nel caso di fallimento del preponente, non poteva insinuare il suo credito nel passivo del fallimento. Il descritto sistema normativo si rivelava, tra l’altro, deficitario anche sotto il profilo probatorio. L'onus probandi dell'agente circa la conclusione e il buon fine degli affari risultava, infatti, particolarmente gravoso, sopratutto nell’ipotesi in cui il preponente avesse stipulato affari diretti nella zona dell'agente, ovvero non avesse comunicato all'agente il buon fine degli affari da lui promossi. In simili circostanze all'agente, per accertare la conclusione e il buon fine degli affari, non restava che richiedere l'esibizione delle scritture contabili del preponente e una consulenza tecnica sulle stesse: ma alcune decisioni giurisprudenziali avevano ritenuto di dover precludere anche tali possibilità, non avendo il preponente alcun obbligo di esibizione e non costituendo la consulenza tecnica mezzo di prova.
In attuazione della Direttiva europea in materia di agenzia, il d.lgs. 15 febbraio 1999 n.65 ha innovato la disciplina codicistica, stabilendo che "per tutti gli affari conclusi durante il contratto l'agente ha diritto alla provvigione quando l'operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento" (nuovo art.17481 c.c.). Inoltre "salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all'agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all'agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico" (nuovo art.17484).
La novità - di grande rilievo - consiste, dunque, nello sganciamento del diritto alla provvigione dal "buon fine" dell’affare. Presupposto necessario e sufficiente per il sorgere del diritto dell’agente alla provvigione è, ora, la mera conclusione dell’operazione o affare per effetto del suo intervento.
Più precisamente la novella del ‘99 - come rileva nella citata sentenza 5467/2000 la Sezione lavoro della S.C. - "sulla falsariga del modello tedesco, ha distinto tra il momento di acquisizione della provvigione e il momento di esigibilità della provvigione già acquisita. Il momento di acquisizione è quello in cui l'operazione promossa dall'agente è stata conclusa tra le parti; il momento di esigibilità è quello in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione.
Nella nuova disciplina giuridica, dunque, il fatto costitutivo della provvigione è la conclusione del contratto. Questa genera non una semplice aspettativa, come nella disciplina precedente, ma un diritto di credito vero e proprio, anche se non esigibile: un diritto che può essere ceduto e permette l'insinuazione nel passivo del fallimento del preponente. Condizione di esigibilità è invece l'esecuzione del contratto da parte del preponente: la provvigione è esigibile nel momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione. Non è quindi necessaria la prova del buon fine dell’affare e cioè, in sostanza, dal pagamento del prezzo da parte del cliente".
Una novità di rilievo va segnalata anche relativamente alla prova della conclusione e del buon fine degli affari: è fatto preciso obbligo al preponente (novellato art. 1749 c.c.) di informare l'agente, entro un termine ragionevole, dell'accettazione o del rifiuto e della mancata esecuzione di un affare e di consegnargli un estratto conto delle provvigioni dovute non oltre l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate. L'agente, inoltre, può esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l'importo delle provvigioni liquidate e, in particolare, un estratto dei libri contabili.
E’ evidente che la nuova disciplina codicistica si fonda su una ratio di maggior tutela del diritto dell’agente alla provvigione, sia per quanto riguarda il momento genetico, sia in merito all'onere probatorio. Tuttavia – prosegue la S.C. - "anche nella nuova disciplina l'agente ha l'onere di provare, se non l’esecuzione del contratto da parte del terzo, la conclusione del contratto e di specificare, nel caso di una pluralità di contratti promossi, quali siano stati i contratti conclusi e per quale ammontare. La nuova disciplina, in sostanza non solleva l'agente dall'onere di precisare i fatti e di provare i fatti costitutivi del suo diritto alla provvigione, la conclusione tra le parti dei contratti da lui promossi. Come ha già affermato questa Corte, la domanda di pagamento della provvigione è inammissibile qualora non siano indicate le generalità del soggetto con il quale è stato concluso l'affare, la data, il luogo e l'oggetto del contratto, nonché il relativo importo e il corrispettivo di fatto versato; e la carenza non può dirsi superata per effetto della richiesta da parte dell'attore di generica prova testimoniale".
I fatti che tu poni sono diversi: nel caso in oggetto, se non c'è stata connivenza tra proprietario e agenzia (cosa che non credo e non voglio credere) l'agenzia ha fatto tutto quello che doveva fare.
Se il proprietario si è reso indempiente, l'agenzia il suo lavoro l'ha svolto: è ovvio che la spesa iniziale dell'adempiente dovrebbe essere poi compensata dalla parte inadempiente, anche per quanto riguarda la provvigione (non a caso, il proprietario indempiente deve versare il doppio della caparra...).
Purtroppo si tratta di normative molto complesse,, anche perchè NON essendo gli agenti immobiliari tutelati in alcun modo tranne che dal codice civile, questo crea spesso problematiche di vario genere, innescate da parti non oneste che finiscono per condizionare anche la vita di quelle oneste...
Silvana