"I quartieri nuovi, soprattutto Prati di Castello. Vasti terreni su cui sono stati creati di botto progetti di quartieri. Vie a scacchiera, piazze. Grandi case quadrate, simili a caserme. Cinque piani. Alcune piatte come le facciate, ma in certi quartieri molto ornate, con colonnine, balconi, sculture. Altre, rientrate, più semplici, per la gente più povera. Si vede di tutto: terreni in cui sono state scavate fondamenta poi abbandonate, terreni su cui è ricresciuta l'erba, fino alle case finite, abitate. Case la cui costruzione è stata abbandonata al secondo piano, i pavimenti allo scoperto, le finestre sul vuoto, le pietre senza rivestimento. Case con il tetto ma simili a gabbie vuote, con pavimenti e finestre non rifiniti. Case terminate ma dalle persiane chiuse, completamente disabitate. Case abitate solo da una parte, il resto chiuso. Case infine completamente abitate, case superbe ma abitate dal popolino, la sporcizia che deborda dalle finestre, stracci che pendono dai balconcini scolpiti, puzza e miseria, donne spettinate, a malapena ricoperte da uno scialletto sporco, alle finestre. Tutta questa gente paga appena l'affitto. Mi dicono che alcuni si sono perfino installati in queste case come per diritto di conquista. Sono entrati e ce li hanno lasciati. E questi quartieri si trovano ovunque a Roma, ai Prati di Castello, sotto il Gianicolo, sui terreni di villa Ludovisi, fuori porta Pia, a San Lorenzo, vicino al Campo Verano, lungo la stazione, sul Viminale e l'Esquilino e anche altrove, vicino al monte Testaccio, credo (tutto da verificare).
Ecco, grosso modo, la storia. Gli italiani padroni di Roma hanno voluto costruire la terza Roma, la grande capitale moderna dell'Italia. L'hanno annunciato, dichiarando il proprio orgoglio e il sangue d'Augusto. Si sarebbe dimostrato al papa quello che l'Italia unita poteva fare della capitale. Il tutto sarebbe stato realizzato in una ventina d'anni, dopo il 1875.
Ma ad attivare ogni cosa c'era un'idea lucrosa, la speculazione sulla vendita dei terreni. Quello che si acquistava a cento soldi al metro si rivendeva a cento franchi. Un terreno era come un valore che passava di mano in mano: il tutto infiammato dall'orgoglio nazionale e dal lucro. La storia del principe Ludovisi, cui vennero offerti sei milioni per la sua villa. La vende. Poi, vedendo il valore salire e sperando che salirà ancora, riacquista i suoi terreni a 50 franchi per rivenderli a 100. Con questo giochetto ha perso i sei milioni della vendita e altri dodici di tasca propria. Cose simili sono accadute ovunque. Grandi signori clericali hanno speculato. Il papa stesso avrebbe perso 23 milioni, gran parte del tesoro lasciato da Pio IX. l crollo è avvenuto perché si è costruito senza misura e senza chiedersi chi avrebbe alloggiato nelle nuove case. Da una parte, la popolazione locale è soltanto raddoppiata, le folle attese non sono arrivate. Dall'altra, si ha avuto il torto di costruire case troppo belle, di cui il popolino non avrebbe potuto pagare l'affitto.
Quindi niente affitti, e le case sono rimaste a consumarsi, vuote. Per salvare la situazione, per riportarla a galla, occorrono gli abitanti, ma abitanti abbastanza ricchi da far sì che le case rendano ai proprietari. Ma tutto dice che un evento del genere non si realizzerà molto presto. Le somme finora rischiate, inghiottite dalle costruzioni a Roma, si calcolano in un miliardo. È stato fatto tutto troppo bello e troppo in fretta.
L'immenso ministero delle Finanze, in via XX Settembre, è vuoto. La Banca d'Italia, in via Nazionale, è un'ironia. Bisogna che approfondisca tutto questo lato finanziario. Ma che profonda ironia questo orgoglio nazionale che va in rovina e questo papa che perde i milioni nella capitale che maledice!"
Sembra oggi.
Invece questi sono gli appunti che prese Zola nel suo viaggio a Roma dal 31 ottobre al 4 dicembre del 1894 per conoscere l'ambiente dove dovrà muoversi il protagonista di "Rome" un romanzo che fà parte di un ciclo iniziato con "Lourdes" e finito con "Paris" .