Ricorrono gli estremi della truffa contrattuale tutte le volte che uno dei contraenti ponga in essere artifizi o raggiri diretti a tacere o a dissimulare fatti o circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l’altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto.
Gli artifizi o i raggiri richiesti per la sussistenza del reato di truffa contrattuale possono consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere di farle conoscere, indipendentemente dal fatto che dette circostanze siano conoscibili dalla controparte con ordinaria diligenza. In particolare dunque il silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere giuridico di farle conoscere integra l’elemento oggettivo ai fini della configurabilità del reato di truffa, trattandosi di un raggiro idoneo a determinare il soggetto passivo a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe dato. E in applicazione di questo principio è stato ritenuto correttamente configurato il reato di truffa, essendo il reato in esame configurabile, non soltanto nella fase di conclusione del contratto, ma anche in quella della esecuzione allorquando una delle parti, nel contesto di un rapporto lecito, induca in errore l’altra parte con artifizi e raggiri, conseguendo un ingiusto profitto con altrui danno.
Deve ritenersi integrato il reato di falso ideologico in atto pubblico e non quello di falso in atto pubblico per induzione, nell’ipotesi della condotta del venditore, parte di un contratto di compravendita immobiliare, che dichiari falsamente al notaio rogante la conformità urbanistica dell’immobile tacendo che lo stesso era stato oggetto di abusi edilizi. Il reato di falso ideologico commesso dal venditore in atto pubblico sussiste dunque in quanto a carico del medesimo vi è l’obbligo giuridico di dire la verità in ordine alla condizione giuridica dell’immobile oggetto d’alienazione e alla corrispondenza dello stesso agli estremi della concessione, trattandosi d’obbligo preordinato alla tutela d’interessi pubblici, connessi all’ordinata trasformazione del territorio, prevalenti rispetto agli interessi della proprietà; mentre nessun obbligo di verificare la corrispondenza di tali dichiarazioni al vero incombe sul notaio rogante, tenuto solo a recepire le dichiarazioni del venditore in ordine all’esistenza e agli estremi della concessione.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 19 marzo – 4 luglio 2013, n. 28703