Scusa ma il tuo ragionamento è sbagliato in alcuni punti essenziali:
ne si puo raccontare al venditore che le condizioni per cui ha accettato la vendita sono cambiate a posteriori
Non è cambiato nulla a posteriori: la vendita è sempre stata irregolare, solo che ci è voluta la sentenza della Cassazione per far entrare il concetto nella zucca dura dei funzionari del comune e dei notai di Roma.
La nullità di una sola parte o più parti di un qualsiasi contratto, quindi non solo rogito, è automatica se viola norme imperative: in tal caso la clausola si intende automaticamente sostituita da quella legalmente valida. E' la legge, e non ci vedo niente di folle, anzi buon senso (più unico che raro!).
E' una tutela, infatti sapendo ciò nessuno dovrebbe pensare ad inserire clausole contra legem (per esempio clausole vessatorie, e quella del prezzo superiore a quello di convenzione lo è).
Non c'è stata nessuna giurisprudenza variabile, ma solo un'interpretazine sbagliata di essa da parte di funzionari incapaci (se non peggio) e notai che per comodità si sono adagiati su una prassi che lo stesso consiglio nazionale del notariato ha considerato errata in uno studio del 2007:
A pagina 6 dello Studio n. 187-2007 del Centro Studi del Consiglio Nazionale del Notariato (approvato dalla Commissione Studi Civilistici in data 13.04.2007) è testualmente scritto quanto segue: "Volendo sintetizzare il pensiero della Cassazione, occorre affermare che per la Suprema Corte un conto è la convenzione disciplinata dall’art. 35 della legge n. 865 del 1971, altro conto la convenzione disciplinata dagli artt. 7 ed 8 della legge n. 10 del 1977: vere e proprie convenzioni urbanistiche le prime, convenzioni pattizie di diritto privato le seconde. In effetti, mentre le convenzioni disciplinate dall’art. 35 della legge 865 del 1971 si posizionano in un assetto prettamente urbanistico (tanto è vero che esse servono a dismettere, da parte del Comune, aree che hanno come programma costruttivo un piano prestabilito dal Comune stesso, aree che vengono dal Comune espropriate, aree quindi che servono a destinare, a soggetti utilizzatori particolarmente bisognosi, abitazioni rivestenti natura di patrimonio indisponibile, la cui caratteristica è quella di non poter essere negoziati se non rispettando le norme per essi espressamente previste, come dispone l’art. 828,secondo comma c.c.); invece le convenzioni previste dalla legge Bucalossi sono
convenzioni destinate tutte a disciplinare con particolari limitazioni un vantaggio che
ha acquisito un soggetto che intende costruire (e quindi si tratta di convenzioni
propriamente non urbanistiche, bensì più propriamente edilizie, proiettate come
sono a disciplinar la concreta realizzazione di una singola costruzione in qualunque
parte del territorio comunale).
Si comprende pertanto come le prime (convenzioni urbanistiche) producano
effetti che si ripercuotono anche nei diritti dei terzi (per la valenza erga omnes che
viene riconosciuta alle convenzioni urbanistiche); mentre le seconde non hanno
questa caratteristica, ancorché assoggettate a pubblicità immobiliare."
Più chiaro di così!!!
Quello che riporti tu è una interpretazione del pensiero della cassazione, non è una legge scritta, ma visto che, a sostegno della tua tesi, mi riporti uno studio del notariato, sullo stesso sito è pubblicato lo studio 521 del 2011, che ho già linkato in un post precedente nella versione aggiornata, pubblicata da uno studio associato dello stesso redattore, e riassume la storia dell'edilizia convenzionata dalla 167 al decreto sviluppo 2011:
"...La nuova disposizione di legge, pertanto, finisce con il contraddire e travolgere la
giurisprudenza (24) che si era formata sul tema, giurisprudenza che aveva circoscritto la nullità (dei
patti sui prezzi o canoni di locazione in eccedenza) ai soli trasferimenti posti in essere dal
costruttore, escludendo una sua estensione anche ai successivi suoi aventi causa, liberi, secondo il
su richiamato indirizzo giurisprudenziale, a praticare prezzi di cessione e/o canoni di locazione
“svincolati” dai parametri fissati nella convenzione stipulata dal costruttore (o nell’atto unilaterale
d’obbligo)...
"...24) Cass. 2 ottobre 2000 n. 13006 (in Diritto e giurisprudenza, 2000, 317): “il socio di una cooperativa, costruttrice
di alloggi su concessione edilizia rilasciata a contributo ridotto, che vende l'alloggio assegnatogli, non è
obbligato a non superare il prezzo stabilito dalla convenzione-tipo, approvata dalla regione, ai sensi dell'art. 7
legge 28 gennaio 1977 n. 10, perché destinatario dell'obbligo di contenere i prezzi di cessione e i canoni di
locazione nei limiti fissati da detta convenzione, trasfusa in quella con il comune - o nell'equivalente atto
d'obbligo - e per la durata di validità di quest'ultima, è soltanto il costruttore titolare della concessione o colui
che è in questa subentrato"..."
Questa ed altre sentenze hanno creato il precedente che poi ha ooriginato il caos, ed è la ragione per cui la colpa non è da addossare ai soli funzionari del comune.