Io eviterei sempre di acquistare immobili provenienti da donazione. Tranne nei seguenti casi:
1- E' trascorso il termine ultimo (ventennale o decennale) dall'avvenuta donazione. In questo caso, infatti, sarebbe decorso il termine ultimo entro cui gli eredi possano opporsi all'atto e, conseguentemente, esercitare il loro diritto di sequela sul bene in oggetto.
2- L'immobile oggetto di donazione rientra nella quota di disponibile del donante. Per fare un esempio, se una persona possiede, nel suo patrimonio, otto appartamenti del valore complessivo di 1.000.000 di €, ha una quota di disponibile che ammonta a 300.000 € e aliena con donazione un immobile del valore di 200.000€, si putrà procedere tranquillissimamente all'acquisto del suddetto bene ( non so cosa dicano gli istituti di credito in merito, ma non dovrebbero far problemi a concedere un mutuo in questo caso).
Qualcuno, poi, ha suggerito di coinvolgere eredi e donante affinchè concedano garanzia fideiussoria. Secondo me è la soluzione migliore, piuttosto che un atto di revoca. Quest'ultimo, infatti, può essere a sua volta impugnato da un altro eventuale erede che si vedrebbe (con tale atto e conseguente vendita) spogliato della sua quota di eredità. Va, infatti, ricordato che, al momento dell'apertura della successione, debbono essere "rimessi" nel conteggio dell'eredità da dividere anche tutti i beni donati in vita dal de cuius (oppure cose di pari valore). Vale a dire che, quando muore il donante, o il donatario "restituisce" l'immobile ai fini della spartizione dell'eredità, oppure rende il valore economico del bene. Ne consegue che, anche con un atto di mutuo dissenzo, un erede potrebbe livemente inalberarsi, dicendo che ciò viene fatto proprio per vendere un bene una cui quota, altrimenti, gli spetterebbe di diritto. (e, purtroppo, alcuni eredi possono saltar fuori anche dopo 19 anni senza che prima nessuno ne avesse conoscenza).