Appello Roma, Sezione 2 Civile, Sentenza n. 70 del 08/01/2009
L'agente immobiliare svolge un'attività di mediazione tra persone che intendono, rispettivamente, acquistare e vendere un immobile e matura il diritto alla provvigione solo se le parti concludono l'affare per effetto del suo intervento.
Nella pratica seguita nelle agenzie, al potenziale acquirente, che si dichiara interessato ad acquistare un certo immobile, viene fatta firmare una proposta irrevocabile d'acquisto, che poi l'agente sottopone al venditore, il quale, a sua volta, si impegna a vendere.
La Corte d'Appello di Roma ha precisato che le operazioni appena descritte non fanno di per sé nascere il diritto dell'agenzia alla provvigione, se non sono accompagnate dalla conclusione di un vero e proprio accordo, giuridicamente vincolante tra le parti, che assuma inequivocabilmente la forma di un contratto, quanto meno di un preliminare.
Più nel dettaglio ... la Corte d'Appello di Roma mette in evidenza che la nozione di "conclusione dell'affare", dalla quale discende il diritto alla provvigione del mediatore, postula l'esistenza di un accordo giuridicamente rilevante tra le parti e, pertanto, tra loro vincolante.
A tal fine, non è sufficiente che le parti abbiano sottoscritto, rispettivamente, una proposta ed un'accettazione, ma è necessario altresì che i documenti contenenti tali dichiarazioni siano pervenute a conoscenza della controparte contrattuale, considerata la loro natura recettizia.
La proposta irrevocabile, che l'agenzia fa firmare all'ipotetico acquirente, non ha tanto la funzione di esprimere al venditore una inequivocabile volontà di acquistare l'immobile, quanto quella di manifesta al mediatore un serio interesse ed impegno di trattare l'affare in vista della conclusione del contratto. Tale dichiarazione scritta, infatti, non è rivolta direttamente al venditore, ma è rilasciata nelle mani del mediatore.
Ne deriva che, in mancanza della stipula di un vero e proprio contratto, preliminare o definitivo, concluso tra alienante e acquirente presenti, all'agenzia non basta allegare la proposta irrevocabile sottoscritta dal potenziale compratore ed un’accettazione firmata dal venditore al fine di ottenere la provvigione, ma è necessaria, altresì, la prova che proposta e accettazione siano pervenute a conoscenza dei rispettivi destinatari, così da potersi reputare effettivamente esistente un accordo contrattuale vincolante tra le parti.
Nota dell'Avv. Raffaele Plenteda
omissis)
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 18024 pubblicata l'8/06/2004 il Tribunale di Roma, accogliendo l'opposizione proposta da V.L. e M.O., ha revocato il D.I. n. 10669/2001 emesso dal Presidente a favore di D.B., titolare dell'agenzia E. di Roma, respingendo la di lei domanda volta ad ottenere dagli ingiunti il pagamento della somma di Lire 12.000.000 oltre IVA quale provvigione spettantele per la mediazione svolta per l'acquisto dell'appartamento sito in Roma alla Via (omissis), posto in vendita da P. e L.M., in virtù della clausola della scrittura 25/01/2001, contenente proposta irrevocabile di acquisto, con la quale i proponenti compratori si obbligavano a pagare il compenso mediatorio anche "in caso di revoca della presente proposta ovvero di mancata sottoscrizione del contratto preliminare per mio fatto o colpa".
Il primo Giudice infatti, premesso che la B. non si era presentata a rendere l'interrogatorio formale deferitole, ha ritenuto che gli opponenti non si fossero sottratti colpevolmente alla sottoscrizione del preliminare, poiché non avevano ricevuto tempestivo invito alla conclusione del preliminare, e che quindi la B. non avesse diritto alla provvigione, perché la stessa mediatrice non aveva loro comunicato "le circostanze ..... che avrebbero indotto le parti a concludere il contratto con diverse condizioni e clausole", in particolar modo in ordine alla diversa titolarità dell'immobile quale risultante dai pubblici registri; infine che la sottoscrizione della proposta e l'invio dell'accettazione dei venditori non rappresentava un accordo giuridicamente vincolante e costituiva una mera fase preparatoria del preliminare medesimo.
Avverso detta pronuncia ha proposto appello D.B., con citazione notificata il 19/11/2004, con il quale ne censura tutti i cardini argomentativi, concludendo per il rigetto dell'opposizione e vittoria delle spese di entrambi i gradi. Si sono costituiti gli appellati, i quali rilevano l'infondatezza del gravame, ribadiscono di aver dimostrato nel precedente grado di non aver potuto esaminare alcun documento di provenienza della proprietà dell'immobile in capo ai venditori, e chiedono la conferma della sentenza impugnata. I procuratori delle parti hanno quindi rassegnato le conclusioni definitive all'udienza collegiale dell'11/04/2008; alla scadenza dei termini di cui all'art. 190 co. 1 c.p.c. la Corte ha ritenuto la causa in decisione.
Motivi della decisione.
Con la prima doglianza la B. deduce l'irrilevanza della circostanza, ritenuta invece decisiva dal primo Giudice, della mancata convocazione dei promittenti acquirenti alla sottoscrizione del preliminare: perché il mediatore non aveva alcuna facoltà di invitare le parti a contrarre, perché le parti si erano già impegnate all'acquisto e, rispettivamente, alla vendita, perché gli acquirenti avrebbero potuto essi stessi provvedere all'invito; e con l'ultima censura, alla prima strettamente connessa, contesta l'affermazione del Tribunale che le parti non avessero ancora assunto reciprocamente gli obblighi ed i diritti scaturenti da un vero accordo preliminare.
In effetti se è vero che il mediatore nel corso della trattativa non ha il potere di obbligare le parti ad addivenire ad incontri, è pur vero che rientra tra i suoi obblighi contrattuali di comunicare alle parti le circostanze note che possano influire sulla sicurezza dell'affare (art. 1759 c.c.), ed a tal fine la B. avrebbe dovuto assumere una qualche iniziativa idonea a chiarire gli aspetti rimasti non definiti circa la titolarità dell'immobile. Sotto il secondo profilo, non risponde al vero che le parti avessero già assunto un impegno vincolante, che altrimenti non vi sarebbe stata necessità di invocare la clausola che prevedeva il pagamento anche in ipotesi di revoca della proposta o mancata conclusione colposa del contratto. Invero la dichiarazione di accettazione della proposta dei M., inviata ai coniugi O. - L. a mezzo di telegramma non sottoscritto, consente di ritenere che l'attività negoziale posta in essere dalle parti non avesse superato lo stadio dei "meri rapporti giuridici preparatori".
Va invero ricordato che, trattandosi di atti traslativi relativi a beni immobili, la proposta e l'accettazione, per pervenire ad un risultato contrattuale perfetto, non solo debbono essere sottoscritti dai contraenti (nella specie mancherebbe la sottoscrizione degli accettanti), ma quegli atti, in ragione della loro natura recettizia, debbono essere diretti all'altra parte e da questa ricevuti, mentre la proposta rilasciata nelle mani del mediatore non ha un inequivoco significato di impegno vincolante espresso alla controparte (che nella specie neppure emerge dal contesto del documento); essi infatti hanno generalmente mera funzione di manifestazione di impegno verso il mediatore (a garanzia del quale vengono rilasciati) di serietà della volontà di trattare per concludere l'affare; sicché in mancanza della prova della ricezione, da parte degli ipotetici destinatari, dei documenti contenenti rispettivamente la proposta e l'accettazione non può predicarsi l'esistenza di un accordo negoziale di carattere vincolante per entrambe le parti. Infine, per quanto concerne l'ultimo rilievo dell'appellante, i proponenti avevano spiegato le ragioni delle loro perplessità e, non avendo ottenuto alcuna tempestiva e soddisfacente risposta da parte del mediatore, non avevano alcun obbligo di provocare l'incontro per la conclusione del preliminare, dalla quale anzi intendevano astenersi in mancanza dei richiesti chiarimenti e garanzie.
Con la seconda censura l'appellante lamenta che il Tribunale avrebbe stravolto arbitrariamente i fatti provati, ignorando che ella aveva dato immediata comunicazione ai promittenti acquirenti del fatto che i venditori avevano ricevuto la proprietà dell'immobile per successione dal padre, e che proprio in virtù di tali assicurazioni i sigg.ri O. - L. avevano sottoscritto la proposta irrevocabile, negando poi, a mezzo del proprio legale, di aver ricevuto informazioni sulla provenienza del bene.
In verità la B. ha sempre affermato, ma in alcun modo dimostrato, di aver immediatamente informato i proponenti del fatto che l'appartamento era pervenuto ai M. per successione dal defunto padre: ciò nonostante che ancora con lettera 14/02/2001 (prodotta dall'opposta) il legale dei proponenti avesse contestato all'E. la mancata giustificazione del titolo dei venditori a disporre dell'immobile ed il 19/02/2001 avesse ribadito che la visura immobiliare avesse dato esito negativo per la voltura della denuncia di successione, pur risalente a circa due anni prima. Anzi è sintomatico che, dopo la prima richiesta di chiarimenti da parte dei proponenti, abbia - immediatamente reagito con il telegramma 8/02/2001 con il quale dichiarava che "si ritiene libera, come ritiene liberi anche i promittenti venditori, di concludere un contratto di vendita con terzi ....", così di fatto le parti; ammettendo poi, tramite il dott. E.C. (lettera 16/02/2001), probabilmente suo consulente legale, che "copia dei documenti è ora in mio possesso", e lasciando intendere che tali documenti non erano già stati consegnati ai proponenti acquirenti; mentre appare una tardiva correzione di posizione, in carenza di idonea prova, la successiva affermazione, contenuta nella lettera del medesimo dott. C., che i proponenti aveva già ricevuto la stessa documentazione.
Al rigetto dell'appello segue la condanna dell'appellante alla rifusione delle ulteriori spese del presente grado, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da D.B. avverso la sentenza n. 18024 del emessa dal Tribunale di Roma nel giudizio pendente tra essa appellante e V.L. e M.O., così decide:
a) rigetta l'appello e per l'effetto conferma la sentenza impugnata;
b) condanna D.B. a rifondere agli appellati le spese del presente grado (…)
Depositata in Cancelleria l'8 gennaio 2009.