No, se il notaio l’ha scritto, vuol dire solo che ha recepito la dichiarazione del venditore (cioè ha preso atto di quanto dichiarato, e lo ha scritto nel rogito, come è suo compito fare).
Allora faccio un po' di riepilogo e aggiornamento.
L'unità immobiliare fa parte di un piccolo condominio costruito nel centro storico, decisamente prima del 1967 (probabilmente prima del 900').
Era in passato una cantinola con wc.
Con il primo condono (47/1985) è stato sanato un cambio abusivo di destinazione d'uso appunto da cantina a "camera con wc" (concessione avvenuta nel 1993) e accatastato successivamente come A3 dal proprietario dell'epoca.
L'unità immobiliare così sanata, non possiede i requisiti minimi previsti dalla normativa igienico-sanitaria (DM del 1975), ovvero ha una superficie molto inferiore a 28 mq., un'altezza interna di 2,50 metri, carenze di rapporti aeroilluminanti e vi è mancanza del vespaio.
Da accesso agli atti effettuato, incaricando un tecnico, presso il comune, è emerso che non è stato mai richiesto il certificato di abitabilità dopo il condono e neanche mai è stato rilasciato (neanche per silenzio assenso).
Ho sentito il notaio che mi aveva fatto l'atto. Lui ha detto che, in merito all'agibilità, non scrive ciò che gli dice il venditore, ma ciò che è riportato sulla relazione tecnica fatto dal professionista da lui incaricato.
Allora ho chiesto una copia del referto dell'epoca custodito nel fascicolo e nulla si diceva in ordine all'agibilità.
Fatta questa necessaria premessa, volevo quindi chiedere come mi devo comportare, fin dall'inizio delle trattative (con il tramite di una agenzia imobiliare), per gestire serenamente questa vendita riguardante un immobile con queste caratteristiche in merito soprattutto all'obbligo o meno di consegnare al potenziale acquirente il certificato di agibilità. L'obbligo so che è in vigore a partire dal 2003 (D.P.R. 380/2001).
In pratica credo che si possa dichiarare nel rogito che l'immobile è stato costruito prima del 1967, è stato oggetto di condono (come sopra specificato, con indicazione degli estremi) e che da quel momento in poi non ci sono stati ineterventi per cui fossero stati necessari ulteriori titoli abilitativi.
Quindi si tratta di una unità immobiliare sostanzialmente regolare dal pundo di vista edilizio, urbanistico, catastale e di fatto.
Il nocciolo della questione è cosa devo dichiarare, adesso, in ordine all'agibilità?
Io acquistai quache anno fa con la frase appunto in atto del venditore che garantiva oltre alla regolarità edilizia e urbanistica, anche l'agibilità (ma ora credo che non avrebbe avuto nessun appiglio per dimostrarmi che ciò era vero) ma che veniva dispensato da me da dovermi consegnare il relativo certificato (ho notato solo ora questo particolare rileggendo l'atto).
Essendo ora io che vendo, avrei pensato di far scrivere, sia nella proposta di acquisto che nel futuro rogito, che
vendo l'immobile "sprovvisto" del certificato di agibilità (non ce l'ho!) e che la parte rinuncia a tale requisito per gli usi che ne deve fare (o frasi simili, in quanto l'importante è che lo accetti così come è, magari concedendo uno sconto, al fine di evitare risoluzioni del contratto e/o risarcimento danni).
Ho pensato così, perchè non mi sento di dichiarare la stessa cosa che dichiarò chi mi ha venduto, perchè penso possa risultare un falso ideologico in atto pubblico, essendo la mia una dichiarazione giurata, ma non ne sono sicuro, per questo chiedo info.
In pratica chiedo se è' stato corretto chi mi ha venduto dichiarando l'agibilità non dimostrandolo e credo non avendo neanche la possibilità di farlo.
E' vero che io avevo esonerato il venditore di dovermi consegnare il certificato, però me ne aveva garantito (ed è falso) l'esistenza. Non sono passati ancora 10 anni dall'acquisto.
Cosa ne pensate?